Morte Belmaan Oussama a Palazzo San Gervasio, La Basilicata Possibile: “Nei centri di permanenza per i rimpatri si muore, chiudiamoli subito”. Di seguito la nota integrale.
Osama veniva dalla Nigeria, aveva sicuramente un cognome che nessuno riporta e aveva 19 anni. Era nel CPR di Palazzo San Gervasio dal 24 maggio scorso e alcuni giorni fa aveva tentato di suicidarsi ingerendo alcuni pezzi di vetro. Ricoverato e dimesso dall’Ospedale San Carlo, non ha potuto essere adeguatamente controllato (un solo infermiere, deputato al controllo di 104 ospiti, e nessun medico) ed è morto per arresto cardiaco.
Questa ennesima morte assurda all’interno di un CPR deve spingere la società civile, la politica e la magistratura a un profondo esame di coscienza, e le istituzioni locali a prendere contromisure serie.
I CPR sono a tutti gli effetti strutture detentive, appaltate a cooperative private, pressoché inaccessibili: possono entravi solo i parlamentari in missione, previo preavviso, e comunque ciò non ha impedito che venissero filmate condizioni di vita umilianti e degradanti. C’è di più: gli ospiti dei CPR sono persone che non hanno commesso reati, semplicemente vi vengono parcheggiati in attesa di essere rispediti nel proprio paese di origine. La loro unica colpa è non essere in possesso del permesso di soggiorno. Le espulsioni avvengono in meno della metà dei casi, quelli per i quali esiste un accordo bilaterale tra l’Italia e il Paese in questione; inoltre, le nuove leggi del governo Meloni prolungano la permanenza nei Centri di Permanenza per i Rimpatri fino a 18 mesi, in un contesto di umiliazioni, restrizione e violenza.
In questa situazione durissima, e con lo spettro del rimpatrio, sono almeno 50, secondo la rete No Ai CPR, i migranti suicidi all’interno di un centro dal 1998, l’anno di istituzione della legge Turco-Napolitano sull’immigrazione.
Non possiamo permettere che questi episodi diventino abituali. É necessaria una attenta sorveglianza istituzionale per garantire condizioni di vita umane e sicure.
Ma, soprattutto, La Basilicata Possibile si unisce a quanti gridano forte il NO ai CPR e ne pretendono la chiusura definitiva.