Francesco Cannizzaro (presidente del Consiglio comunale di Potenza) ha inviato una lettera aperta al Governatore Bardi dopo la morte di Donato Sabia, ultima vittima lucana da Coronavirus. Di seguito la nota integrale.
Oggi è una giornata triste. L’ennesima. Ancora una volta lacrime, disperazione e messaggi di cordoglio – anche questo mio scritto a suo modo lo è- , di una intera comunità sempre più disorientata.
Il pensiero non può che andare a Donato, ma anche a suo padre, a Palmiro, ad Antonio e a tutti gli altri nostri concittadini che questo virus ha portato via ai loro cari e a tutti noi.
Hanno combattuto la battaglia con tutte le loro forze e purtroppo non ce l’hanno fatta; tuttavia, oltre al cordoglio e alla vicinanza alle famiglie colpite da questa immane tragedia, abbiamo il dovere di dare risposte certe ai cittadini che, come noi, vivono ore di smarrimento e angoscia.
Questa consapevolezza mi ha convinto a scrivere e consegnare queste mie riflessioni a chiunque avrà la pazienza e la voglia di leggerle. Preciso che a scrivere è innanzitutto un cittadino come gli altri, prima ancora che il Presidente del Consiglio Comunale di Potenza. Eppure, proprio per il rispetto istituzionale che devo alla carica che rivesto, non posso non notare che qualcosa non sta funzionando.
I numeri: questi, forse, sono l’unico dato incoraggiante. Ma anche i numeri hanno a che fare con un metodo. La Basilicata è la regione con il numero più basso di contagi. Ma è altresì opportuno leggere questi numeri. La riflessione è d’obbligo se ogni giorno ad ognuno di noi, rappresentanti dei cittadini, arrivano telefonate di potentini che rimangono per giorni in attesa dell’effettuazione del tampone. Sia chiaro, solo dell’effettuazione, non del risultato, per il quale, ahimè!, ci vuole ancora più tempo. Per questo mi rivolgo al Presidente Bardi, con tutto il rispetto che si deve alla più alta carica della nostra regione e con l’umiltà che spero sia sempre consuetudine del mio agire.
Presidente, la Basilicata non è la Campania e Potenza non è Napoli. Qui da noi siamo pochi (in questo caso verrebbe da dire per fortuna) e ci conosciamo tutti; le notizie corrono veloci, più veloci dei comunicati stampa, e non ci sono segreti. Insomma Presidente, con tutto il rispetto, Lei davvero pensa che i cittadini non siano in grado di sapere cosa realmente succede negli ospedali, nelle aziende sanitarie, nella stanze (sempre più chiuse) della regione, e persino nelle case di ciascuno di noi?
Lei davvero pensa che un comunicato al giorno di qualche riga, ripreso dalla stampa e rilanciato sui social, in cui si danno i numeri basti a tranquillizzare la comunità che rappresenta, di certo molto più degnamente e meritatamente di quanto non faccia io?
Presidente, questo è un appello che faccio a nome di moltissimi cittadini. Siamo tutti terrorizzati, disperati, non basta più il solo comunicato giornaliero della task force a fotografare un situazione, che è spesso differente da come viene raccontata. Ce lo dicono i numeri troppo bassi dei tamponi effettuati, lo dimostrano le tante denunce dei cittadini che chiedono assistenza domiciliare e risposte più certe e veloci. Perché vede, in una città come Potenza, basta vedere il personale del 118, al quale va tutto il nostro sostegno, entrare nella casa a fianco alla nostra e uscirne con un paziente diretto all’ospedale, perché se ne ricostruisca immediatamente tutta la storia.
La nostra è da sempre una comunità coesa, che vive collegialmente gioie e dolori. E allora, quando la nostra comunità viene colpita dalla morte di un concittadino, si piange non solo per il dolore che deriva dalla perdita di un amico ma anche perché i timori aumentano e, nel caos comunicativo, nessuno trova le giuste rassicurazioni. Ma questo caos certo non si può gestire evitando le comunicazioni che la libera informazione e le istituzioni sono tenuti a fare.
Lei mi dirà che rivestire un ruolo di responsabilità significa anche decidere per gli altri, e, sa cosa le dico? Sono d’accordo. E allora è giusto anche occuparsi di coloro che sono davvero in prima linea in questa pandemia. I medici ed il personale sanitario. Le ricordo che, secondo il Suo assessore alla sanità, i medici di famiglia “hanno deposto le armi”, ed infatti quando vengono denunciati ritardi nella presa in carico dei pazienti Covid la colpa viene data sistematicamente a loro. Ma non è sempre così. Poi ci sono quelli che lavorano negli ospedali, che certamente non operano nelle condizioni ideali. Anche da loro sono giunti accorati appelli per denunciare importanti carenze organizzative e di dotazione dei DPI. Ma di questo lei dovrebbe esserne a conoscenza, essendo a capo della massima istituzione che sta gestendo l’emergenza sanitaria. Forse non chiamano Lei e neanche i componenti della Sua Task Force, ma questo è uno degli svantaggi di non essere radicati nel territorio, non certo colpa sua; gliel’ho detto prima, noi qui siamo provinciali, ahimè, ci conosciamo tutti.
E poi ci sono i Sindaci. Il primo terminale delle esigenze della gente. Per loro i compiti sarebbero semplici: fare propri i provvedimenti nazionali e regionali. Ad onor del vero qualcuno ha provato a rivendicare le proprie competenze, ma Lei ha immediatamente intimato il silenzio. Creavano confusione e allarmismo nelle loro comunità, ma l’obbligo del silenzio non ha prodotto nulla se non altra confusone e paure.
Insomma Presidente Lei ha fatto quello che doveva, come poteva. Ha preso in mano la situazione con l’attitudine di un generale che comanda un esercito, ma tutti noi, soldati del suo esercito, non ci sentiamo per nulla rassicurati. E lei lo sa meglio di chiunque altro, se un generale non ha la fiducia del Suo esercito la guerra non può vincerla. E lasci perdere i “teatrini della politica”, le strumentalizzazioni, tanto si sa: per citare un antico proverbio arabo “sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto, ma i leoni restano leoni e i cani restano cani”. La storia si incaricherà, spero presto, di smascherare chi ha provato a utilizzare questo momento drammatico per accaparrarsi un po’ di potere, avere visibilità o semplicemente per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Tuttavia la storia si incaricherà anche di individuare le eventuali responsabilità per ciò che sta succedendo.
Credo però di poterle dire di cosa abbiamo bisogno: un po’ meno di un generale, un po’ di più di un leader. Perché dove il generale ordina e si impone, il leader parla, convince e rassicura. Abbia più fiducia di quello che le viene chiesto dai lucani, dai medici, dai dirigenti, dagli amministratori e, soprattutto, dai cittadini. Ci dia la possibilità di dare un contributo alla causa. I suoi uomini, alacremente a lavoro da settimane, che non si arrocchino nelle loro stanze, ma escano a parlare ai lucani con più trasparenza, dicendo semplicemente la verità: come stanno le cose, cosa succede e perché. Insomma ci consenta di esserci, gli uni per gli altri, davvero, e vedrà che la paura lascerà spazio alla fiducia e alla speranza. I lucani gliene saranno grati.
Hanno avuto fiducia in Lei. In fondo glielo deve.
Mi viene il forte dubbio che sia meglio chiudere questa regione. Mantenere l’apparato burocratico con tutto quello che costa per un regione di appena 500.000 abitanti e’ solo uno spreco di denaro pubblico tra le altre cose non giustificato dai pessimi risultati ottenuti. Con le risorse risparmiate potremmo investire molto meglio nel nostro martoriato sistema sanitario e non solo.