Rocco Pappalardo, Vice Presidente della Provincia di Potenza: “Cancellare il superbonus è il vero danno per le famiglie, l’unica fake è quella di chi sostiene il contrario”. Di seguito la nota integrale.
Le dichiarazioni del Senatore Gianni Rosa a difesa della cancellazione del Superbonus da parte del Governo Meloni offendono l’intelligenza dei lucani.
Affermare che “il Superbonus continuerà ad esistere. È stata solo eliminata la possibilità di cedere il credito: il cittadino potrà portare in deduzione diretta le somme” è la classica scoperta dell’acqua calda per coloro che hanno redditi tali da poter portare in detrazione somme così cospicue, ma rappresentano una doccia freddissima per imprese, lavoratori, fornitori e soprattutto famiglie, con redditi bassi, che solo grazie al Superbonus hanno potuto efficientare energeticamente e/o mettere in sicurezza le loro abitazioni.
Giova infatti ricordare che le agevolazioni a cui fa riferimento il Senatore Rosa non rappresentano una gentile concessione dell’attuale Governo di destra, ma erano già preesistenti all’introduzione del Superbonus 110% (istituito con il decreto “Rilancio” a luglio 2020); quest’ultima, misura introdotta con l’obiettivo di incentivare la ristrutturazione energetica e sismica degli edifici, favorire una indispensabile transizione energetica oltre a rilanciare il comparto edilizio, tra quelli che più di altri hanno subito gli effetti della pandemia.
Secondo i dati Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), al 31 dicembre 2022, il totale degli investimenti ammessi a detrazione ammontava complessivamente a poco più di 63 miliardi di euro, di cui quasi 30 miliardi che hanno interessato i condomini per un valore medio di investimento di ca 600 mila euro.
Il totale delle asseverazioni, sempre alla fine del 2022, sono state 359.440 per un totale di investimenti a detrazione pari a 46 miliardi di euro, con la Basilicata che fa registrare 3970 detrazioni per oltre 1 miliardo di euro di investimenti. Un dato altissimo se rapportato al numero di famiglie.
Dunque è innegabile che i bonus edilizi al 110% per l’efficientamento energetico (ecobonus) e la messa in sicurezza sismica (sismabonus) hanno generato, in un momento di crisi profonda del lavoro, aggravata dalla pandemia, una forte scossa al Paese e un grande impulso alla sua economia puntando su un settore fortemente trainante come quello edilizio.
Laddove tutto sembrava fermo e perduto, in momento di generale rassegnazione all’urlo “io resto a casa”, questi incentivi hanno innescato una rapida inversione di tendenza, iniettando nuova ed incoraggiante linfa ed energia in tutto il sistema produttivo, oltre a dare una spinta importante per la transizione energetica del Paese rendendo gli edifici più efficienti e meno dispendiosi di energia e CO2, e sicure sotto il profilo sismico.
Specie in un Paese come il nostro, dove oltre il 65% del patrimonio edilizio è stato realizzato prima del 1976, ovvero anteriormente all’emanazione della prima norma nazionale sul risparmio energetico (Legge 373/76).
Inoltre, sul piano sociale, l’impatto del Superbonus ha fatto registrare circa di 1 milioni di nuovi posti di lavoro, dando inoltre l’opportunità a circa 500 mila famiglie con reddito medio-basso (sotto i 1.800 euro) di effettuare lavori di riqualificazione energetica profonda alla propria abitazione a costo zero.
Tutti benefici che erano ben chiari anche alla Meloni, dato che, a solo una settimana dal voto, affermava via social: “Pronti a tutelare i diritti del Superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie. Sempre dalla parte delle imprese e dei cittadini onesti che si danno da fare per far crescere e migliorare l’Italia”.
Promessa evidentemente non mantenuta e che rischia di far fallire oltre 40 mila tra piccole e medie imprese con tutto ciò che ne seguirebbe in termini occupazionali ed economici.
Una destra sociale, quella di Fratelli d’Italia e della sua “patriota” Giorgia Meloni, che dall’opposizione parlava alla pancia delle periferie (dalle quali ha raccolto comunque tanto consenso), e che non appena agguantato il potere sembra quasi volersi accanire proprio contro i disagi di chi quelle periferie le vive quotidianamente: abolizione dello sconto sulle accise, precarietà e voucher per famiglie e imprese, taglio del Reddito di Cittadinanza per oltre 600mila fragili; taglio alla rivalutazione delle pensioni (con forte impatto proprio su quelle medie e medio-basse), taglio a spesa sanitaria, taglio alle scuole, specie nelle aree interne e, dulcis in fundo, la svendita a Salvini dell’unità d’Italia attraverso un’Autonomia Differenziata che, così come concepita, rischia di diventare una secessione dei ricchi.