Questa mattina nell’area del Presidio della Biblioteca “Tommaso Stigliani” in piazza Vittorio Veneto a Matera in occasione della Giornata mondiale della biodiversità e della Settimana Europea dei Parchi e delle aree protette, Legambiente Matera ha organizzato na conferenza stampa sul Parco della Murgia Materana.
Sono intervenuti Antonio Lanorte per Legambiente Basilicata; Giovanni Moliterni per Legambiente Matera e l’avvocato Vincenzo Santochirico per conto dello Studio legale Santochirico & Associati.
Legambiente è impegnata affinché si raggiunga l’obiettivo del 30% di territorio tutelato da aree protette, secondo la direttiva europea dell’Agenda 2030. Durante l’incontro si è discusso di parchi e riserve da istituire e ampliare anche in Basilicata e della questione del Parco delle Murgia materana, delle sue pessime condizioni e del rischio di essere ridimensionato. Nell’occasione è stata commentata anche la sentenza del Tar di Basilicata sul ricorso per la nomina del nuovo Presidente dell’Ente Parco della Murgia Materana, Giovanni Mianulli, ricorso che ha visto soccombere Legambiente.
Antonio Lanorte ha dichiarato: “Oggi è la Giornata mondiale della biodiversità. La tutela della biodiversità ha acquisito rilievo giuridico e costituzionale nel nostro Paese l’11 febbraio 2022 data in cui il Parlamento italiano ha introdotto la tutela dell’ambiente della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali della Costituzione. Legambiente è impegnata affinché si raggiunga l’obiettivo del 30% di territorio tutelato da aree protette, secondo la direttiva europea dell’Agenda 2030. In Basilicata abbiamo circa 200.000 ettari di aree protette, il 20% del territorio (999.500 ettari). Più biodiversità contro la crisi climatica è un obiettivo raggiungibile a condizione che si vada oltre le enunciazioni di principio e si proceda in maniera concreta e con la convinzione necessaria.E’ importante tanto individuare nuove aree da proteggere quanto ampliare la superficie di quelli esistenti”.
Giovanni Moliterni ha dichiarato: “Il Parco della Murgia materana si estende per 8.056 ettari, e si potrebbe ampliare inglobando le aree di interesse archeologico limitrofe come Tirlecchia, Serra d’alto, Torre spagnola, Timmari e Trasanello.
Oltre alla possibilità di ampliarne la superficie è fondamentale che ci sia una buona gestione del Parco, con amministratori competenti e un organico in grado di garantirne la corretta conduzione.
Attualmente il Parco è sotto organico, molte strutture sono fatiscenti, gli accessi al Parco sono a malapena controllati nei giorni festivi, le Chiese rupestri sono chiuse, i centri visita pure, le zone archeologiche abbandonate.
Tante sono le domande che rinnoviamo continuamente a cui non è mai data risposta. Perché non viene applicato il Piano di carico turistico redatto in occasione della consegna del Parco della storia dell’uomo? Perché non è stato ancora pubblicato il bando per l’affidamento dei centri visita Jazzo Gattini, Parco dei Monaci e Pianelle? Quando sarà aperto il Convento di Santa Lucia? Quali convenzioni sono state stipulate con Università e Centri di ricerca? Il Consiglio direttivo si avvale di un comitato tecnico scientifico (art. 23 dello Statuto del Parco)? Da chi è composto?
Queste domande al momento sono senza risposta, ci auguriamo che prima o poi qualcuno se ne faccia carico.
Giornata mondiale biodiversità, il report di Legambiente
In Italia la biodiversità è sempre più rischio, minacciata soprattutto da crisi climatica, inquinamento, catture accidentali e azioni antropiche. A preoccupare, in particolare, è lo stato di salute di avifauna e anfibi, a cui Legambiente, dedica quest’anno uno speciale all’interno del suo report Biodiversità a rischio 2024.
A pesare su questa fotografia, scattata dal report di Legambiente, sono anche i ritardi dell’Italia sia nell’istituire nuove aree protette e zone di tutela integrale al 2030 sia nel frenare le varie minacce a partire dal bycacth, ossia la cattura accidentale delle specie durante l’attività di pesca.
Per questo Legambiente torna a chiedere oggi una maggiore tutela della biodiversità, a partire da avifauna e anfibi preziosi termometri dello stato di salute di mare e zone umide, l’istituzione di più aree protette e più interventi in Italia e in Europa. Temi che rilancerà anche con il Natura Day-30% di territorio protetto entro il 2030 con una serie di iniziative dal 22 al 26 maggio lungo la Penisola per far riscoprire le bellezze naturalistiche e la biodiversità e chiedere più aree protette.
Il declino della biodiversità a livello mondiale galoppa a un ritmo senza precedenti nella storia dell’uomo ed è uno dei maggiori problemi ambientali che l’umanità si trova ad affrontare anche se la gravità delle conseguenze di questo declino non sono ancora percepiti dal grande pubblico e dalla gran parte dei decisori politici. L’impatto antropico ha trasformato il 75% degli ambienti delle terre emerse e il 66% degli ecosistemi marini, messo a rischio almeno un milione di specie animali e vegetali, dopo averne cancellato per sempre un numero imprecisato. Questa perdita di biodiversità minaccia la stessa capacità degli ecosistemi planetari di fornire i servizi da cui l’umanità dipende. La salute e il benessere umano sono strettamente legati alla vitalità e alla resilienza dei sistemi naturali.
“Siamo il Paese più ricco di biodiversità nel continente europeo (conserviamo la metà delle specie vegetali e un terzo di tutte le specie animali) – dichiara Antonio Nicoletti responsabile nazionale Parchi e Aree Protette di Legambiente -ma questo patrimonio è messo seriamente a rischio. Per difenderlo dobbiamo seguire le indicazioni dell’Unione Europea che fin dall’approvazione nel 2020 della Strategia della UE per la biodiversità al 2030, ha definito gli obiettivi che ogni Paese dell’Unione deve raggiungere: creare nuove zone protette e tutelare il 30% della superficie terrestre e marina; prevedere una protezione più rigorosa degli ecosistemi garantendo il 10% del territorio a protezione integrale; ripristinare il 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030 e aumentare i terreni agricoli utilizzati a biologico per migliorare la loro biodiversità; ridurre del 50% l’uso e la nocività dei pesticidi e ripristinare almeno 25.000 Km di fiumi a scorrimento libero; arrestare e invertire il declino degli impollinatori e piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030”
La Basilicata ancora conserva un vantaggio competitivo rispetto a molte regioni italiane in termini di elevata dotazione di capitale naturale. Per proteggere e valorizzare questo capitale, i Parchi e le aree protette sono lo strumento più importante, anzi essi dovrebbero essere il contesto progettuale ed istituzionale in grado di promuovere una nuova stagione di pianificazione dello sviluppo locale.
Tuttavia, le aree protette in Basilicata non fanno sistema e vivono una condizione di marginalità ed abbandono istituzionale. L’azione di depotenziamento politico ed economico, a livello nazionale come a livello locale, è in atto da anni e continua oggi intensamente. Oggi in Basilicata alla parola Parco, nel linguaggio comune come in quello istituzionale, si associa o il tema degli assetti organizzativi in crisi o quello dei danni cinghiali. Parlare sempre e solo di questo incrina sempre più il rapporto di fiducia tra popolazioni e parchi. L’eterno dibattito sugli assetti organizzativi dei Parchi è il segnale della loro marginalità politica. Come abbiamo potuto verificare anche recentemente, al Parco della Murgia Materana, dove la Regione Basilicata ha nominato un Presidente privo dei requisiti richiesti dallo stesso bando regionale di selezione. Un Parco questo che, come ha spiegato oggi Legambiente in una conferenza stampa, è sottorganico, pieno di strutture fatiscenti, con accessi a malapena controllati nei giorni festivi, centri visita e Chiese rupestri chiuse, aree archeologiche abbandonate. Una situazione quindi, che richiederebbe competenze molte elevate per invertire la rotta.
Ma anche ciò che sta succedendo al Parco Nazionale dell’Appennino Lucano è molto significativo. La nomina di un commissario straordinario è un segno di una pericolosa deriva nella gestione degli Enti Parchi e a cui guardiamo con molta preoccupazione. L’Ente Parco Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese veniva da presedenti gestioni che potremmo definire con un eufemismo disastrose, e sulle quali come associazione ci siamo più volte espressi denunciandone più volte anche le illegalità. A partire dalla nomina dell’ultimo Consiglio Direttivo, nel quale la Legambiente era rappresentata, era stato messo in campo un duro lavoro (ostacolato tra l’altro da una nomina tardiva di un Direttore a pieno titolo) per far sì che l’Ente potesse ricominciare a funzionare e per ricucire una profonda frattura con le istituzioni locali, il territorio e le comunità che lo abitano dovuta ad una totale mancanza di ascolto e condivisione. Con la designazione d’imperio (oltre che viziata da procedure non corrette) del commissario si interrompe bruscamente questo complesso lavoro di ricucitura per dinamiche istituzionali che facciamo fatica a comprendere e si rischia di ritornare alla percezione che esso sia solo un vincolo e non un’opportunità come dovrebbe essere invece per le aree protette.
Precarietà che purtroppo riguarda anche il Parco Nazionale del Pollino che da circa un anno attende la nomina di un presidente effettivo determinando instabilità nella gestione dell’Ente, instabilità che il Parco Nazionale più grande d’Italia non può permettersi.
Un vero peccato per una Regione come la Basilicata in cui le Aree protette rappresentano una risorsa immensa sul piano culturale ed economico per combattere lo spopolamento e creare sviluppo. “I parchi non sono solo enti pubblici- dichiara Antonio Lanorte Presidente di Legambiente Basilicata – ma rappresentano il migliore strumento per proiettare e promuovere la forza e l’identità dei territori, una delle poche carte da giocare per la sopravvivenza di tante piccole comunità. Ma devono essere Parchi attivi, funzionanti, efficaci, propositivi, in grado di agire all’interno di una logica di sistema e di rete”. Ci vuole quindi una strategia e una visione per le aree protette ispirata a una logica moderna di conservazione, sviluppo e valorizzazione delle risorse naturali. Siamo ben lontani da ciò.
“C’è bisogno di recuperare un protagonismo degli Enti Parco attraverso il rafforzamento delle strutture organizzative e della dotazione di strutture tecniche e scientifiche- continua Lanorte-ma serve anche un nuovo protagonismo dei Comuni che si trovano nei Parchi e nelle aree protette e delle comunità: cittadini che partecipino alla vita dei Parchi e in generale alla governance della biodiversità e siano agenti di cambiamento rispetto a tutte le opportunità che i Parchi possono rappresentare nell’ottica della transizione ecologica”
In Basilicata il 70% dei comuni al di sotto dei 5000 abitanti ha il proprio territorio, in tutto in parte, dentro Parchi o aree protette. Occuparsi di Parchi e aree protette significa, quindi, occuparsi di aree interne. Tuttavia la percentuale di aree protette interessa meno del 20% del territorio regionale. Pertanto, la Regione Basilicata, come indica l’Unione Europea, deve avere l’obiettivo di tutelare il 30% del suo territorio entro 2030 istituendo nuove aree protette marine e terrestri. A partire dall’Area Marina Protetta “Costa di Maratea” che è ancora in attesa che la Regione completi l’iter istitutivo e definisca con il Ministero dell’Ambiente la procedura aperta dal 2019. E Venerdì 24 maggio Legambiente nell’ambito di Natura Day farà un’iniziativa per ribadire la necessità dell’istituzione dell’AMP Costa di Maratea. Che è solo uno dei cantieri della transizione ecologica per la tutela della biodiversità, tra i quali possono essere inseriti il Parco della costa Ionica, che potrebbe comprendere il sistema dunale e l’area dei calanchi lucani, così come il Parco del fiume Ofanto. Riteniamo infine necessario che la Regione Basilicata organizzi una Conferenza regionale per le aree protette per fare il punto sullo stato dell’arte, condividere un percorso democratico e partecipato con gli amministratori, i territori e le comunità.