Pasquale Doria (Matera Civica): “Lo stop del Miulli mortifica la Costituzione”. Di seguito la nota integrale.
L’Ospedale Miulli di Acquaviva chiude le porte alla Basilicata, con tanti saluti al diritto costituzionale alla salute. Il Consiglio comunale di Matera non sbaglierà nel far sentire con fermezza e decisione la sua voce, farà altrettanto bene a non rimanere indifferente rispetto alla gravità di un documento riguardante la salute delle nostre comunità che ormai circola dalle scorse ore soprattutto nel mondo della medicina lucana.
In sintesi, l’Ospedale Miulli annuncia l'”interruzione delle prestazioni sanitarie a residenti della Basilicata (in assenza della stipula “Accordi di Confine”) a partire dal prossimo 1 luglio”. Nello specifico la sospensione riguarda: ricoveri programmati, day surgery, day hospital, day service e ambulatoriali. Il documento, opportunamente diffuso anche tramite la Simg (Società italiana di Medicina Generale) prosegue precisando che viene inoltre disposta l’interruzione di prenotazioni di prestazioni, (incluse visite oncologiche e di radioterapia) esami strumentali diagnostici (Tac, Rm, endoscopie, ecc.) fino al 31 dicembre dell’anno in corso, 2024. Sarà possibile effettuare solo visite follow-up/controllo, al fine di evitare interruzioni nel processo terapeutico.
Prevista la possibilità di prime visite a pagamento: “In considerazione della domanda di salute dell’utenza, in particolare dalla Basilicata – prosegue il documento – al fine di offrire la possibilità di cure presso il nostro nosocomio, si dispone esclusivamente per le sole prime visite specialistiche la possibilità di accedere presso gli ambulatori istituzionali con remunerazione a carico dell’utente pari ad un costo di 60 euro, riferibili all’ammontare della prestazione e del ticket.”
La nostra Costituzione attribuisce alla Repubblica la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività. Ma non è il primo caso di diritto alla salute negato, privatizzato, mercificato. Una regressione che le comunità lucane stanno vivendo in un crescendo i cui esiti involutivi colpiscono soprattutto le fasce sociali meno abbienti. Sono progressivamente espulse dal servizio sanitario nazionale introdotto nel 1978 allo scopo di garantire a tutta la popolazione l’accesso universale alle prestazioni sanitarie. Se consideriamo che solamente congrue forme assicurative potranno consentire cure senza chissà quali affanni economici, è fin troppo evidente quanto ci sta costando in termini di sacrifici sempre meno sostenibili la riduzione dei letti negli ospedali pubblici e del personale sanitario.
I danni di scelte sbagliate si stanno dimostrando già evidenti, ma non è detto che non possa peggiorare ancora con l’autonomia differenziata che incombe in mancanza di ogni garanzia sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep), insomma siamo ormai prossimi alla cancellazione per quanto riguarda i diritti sociali individuali e collettivi delle nostre già provate comunità, amaramente incanalate su una strada assolutamente da evitare se questa finirà per aggravare le disparità territoriali del Paese a discapito delle realtà più deboli.