Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue i soldi per il funzionamento delle istituzioni europee aumentano, mentre i fondi destinati agli Stati membri in difficoltà diminuiscono. Un paradosso quello che ha proposto la Commissione europea durante la presentazione del prossimo quadro finanziario pluriennale 2020-2027. Una proposta a cui l’Italia deve reagire in modo deciso. I tagli alla cosiddetta politica di coesione del 7% sono inaccettabili perché colpiranno i territori più poveri d’Europa e d’Italia: Basilicata, Puglia, Sicilia, Campania, Lazio e via dicendo. Si tratterebbe di circa 5 miliardi di euro di minori risorse investite, un’accetta usata fuori dalle logiche di solidarietà e cooperazione comunitarie. Il prezzo della Brexit non possono pagarlo le regioni più povere e generalmente meno industrializzate. Anche se nel Sud i fondi europei troppo spesso vengono spesi male e attraverso l’escamotage dell’urgenza, non possono essere tagliati in modo così indiscriminato e grossolano.
La sola Regione Basilicata rischierebbe di perdere circa 77 milioni di euro rispetto ai 289 milioni di euro che dovrebbe ricevere per il Fse (Fondo Sociale Europeo) e agli 826 di euro previsti per il Fesr (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale). Non è ancora chiaro a quanto ammonterebbero i tagli per il Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) e il Feamp (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca).
Ricordiamo che l’Italia ha una dotazione complessiva di 76,1 miliardi di euro derivanti dai quattro fondi Strutturali e d’investimento (Fesr, Fse, Feasr, Feamp).
Sarebbe il colpo di grazia per la Basilicata che vive già drammatiche situazioni occupazionali e sociali, oltre che di errori e gestioni sbagliate sul piano finanziario del governatore Pittella che ha portato la Regione a non approvare il bilancio di previsione 2018 e ad attivare la gestione provvisoria. La Ue non può calare la mannaia dall’alto; siamo fortemente preoccupati per gli effetti di una impostazione meramente contabile. Serve una reazione forte dell’Italia contro le ipotesi della Commissione europea. Una prima proposta, del capo delegazione del M5S Europa Laura Agea e di Rosa D’Amato, componente della commissione dello sviluppo regionale del parlamento Ue, prevede l’inserimento del livello di disoccupazione giovanile, oltre al Pil, come indicatore principale per quantificare l’assegnazione dei fondi europei alle singole regioni italiane. Durante la discussione al Parlamento europeo il M5S presenterà emendamenti per rimediare agli errori della Commissione e chiederà che vengano rimodulate le spese effettuando i tagli tra i troppi sprechi europei e non sulle spalle delle Regioni povere. I tagli lineari sono una follia a cui ci siamo sempre opposti e, per quanto invece riguarda la Pac (Politica Agricola Comune), chiederemo di privilegiare nell’assegnazione dei fondi i piccoli agricoltori e di eliminare tutte le inefficienze. Vogliamo capire meglio, infine, come verranno utilizzati i 25 miliardi stanziati a sostegno delle riforme strutturali. Se per riforme strutturali la Commissione europea intende Jobs Act e riforma Fornero allora si troverà di fronte un muro rappresentato da 11 milioni di cittadini italiani, gli stessi che hanno dato fiducia al M5S alle elezioni del 4 marzo.