Gianni Perrino, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, in una nota ripercorre “l’inquietante saga del Salumificio Lucano di Tricarico, quarant’anni di soldi pubblici sprecati. E la Regione continua a pagare”. Di seguito la nota integrale.
Oggi vogliamo raccontarvi l’ennesima storia di spreco e vergogna di cui si è resa protagonista la classe politica lucana: il Salumificio Lucano S.p.A di Tricarico (Mt).
Nel 1998 la Regione Basilicata subentra, per effetto della L.R. n. 38/1996, a tutti i tanti rapporti passivi (quindi ai debiti ed anche ai contenziosi) e ai pochi attivi dell’Ente di Sviluppo Agricolo in Basilicata (ESAB); un’altra L.R. (la 56/2000) proroga la data di subentro al 1/11/2000: la Regione si accolla anche la massa debitoria delle società pubblico-private di cui l’ESAB era socio di maggioranza!
Tra queste società vi era anche il Salumificio Lucano, confluito nel 1977 nell’ESAB ma costruito circa dieci anni prima, nel 1968, con oltre 3 miliardi e 600 milioni di lire della Cassa del Mezzogiorno (CASMEZ): il Salumificio ha prodotto solo per pochi anni e dichiarato definitivamente fallimento nel 1993.
Solo a febbraio 1998, trent’anni dopo, la Regione si accorgeva dell’esistenza del Salumificio Lucano, ormai fallito, e autorizzava l’ESAB a insinuarsi (tardivamente) al passivo dello stesso salumificio. A marzo dello stesso anno la Regione chiedeva al Tribunale di Matera il rilascio e lo sgombero degli immobili costruiti con i fondi pubblici CASMEZ e occupati dal Salumificio. Nel 1999 lo chiedeva anche l’ESAB.
Nel 2002 la Giunta regionale formalizzava l’acquisizione al patrimonio regionale degli immobili occupati dal Salumificio. Tuttavia, siccome nell’immobile vi erano ancora arredi, macchinari e attrezzature (molte vetuste e arrugginite) ancora di proprietà del Salumificio, prima di rilasciare l’immobile, la Curatela fallimentare esigeva dalla Regione ben 190 mila euro quale “prezzo di acquisto” dei macchinari. Nel 2004, non ottenendo risposte dalla Regione, il Tribunale autorizzava la vendita di macchinari, attrezzature e mobili: vendita che non si è però mai realizzata.
Nel 2011, 7 anni più tardi, l’Ufficio Patrimonio della Regione tornava a reclamare il rilascio dell’immobile. Il Giudice Delegato (Tribunale Fallimentare di Matera) reiterava alla Regione la richiesta di pagamento delle somme previste per lo sgombero e lo smaltimento delle (famose) attrezzature ivi presenti, risalenti al 1977. La Regione con una D.G.R. del 2011 ratificava la richiesta del Tribunale, ma la delibera rimaneva lettera morta.
La vicenda si riattivava, dopo altri 4 anni letargici, all’inizio dell’anno scorso: un nuovo Curatore fallimentare inviava alla Regione l’ennesimo sollecito di pagamento per al somma complessiva di € 190 mila euro. La Regione replicava offrendone 25 mila, “a chiusura e stralcio”.
Il Curatore fallimentare cosa fa a giugno 2015? Rilancia! Per chiudere tutto con una transazione e restituire l’immobile alla Regione (ferraglie incluse), stavolta chiede 57mila €.
La Giunta regionale, stavolta, ha prontamente accettato e si prepara a sborsare ben 57 mila euro di soldi pubblici da buttare nel cratere senza fondo del Salumificio Lucano, stabilimento entrato in produzione per pochi anni, da trent’anni almeno “archologia industriale” degli insaccati.
Sullo strano caso del Salumificio Lucano, nel corso delle audizioni in prima commissione, sono intervenuti alcuni ex lavoratori che rivendicavano i loro diritti. Stando alle loro dichiarazioni, il custode del Salumificio avrebbe fatto razzia di tutto quanto c’era all’interno (fili elettrici compresi!).
Ancora una volta, ci ritroviamo a fare i conti con i disastri del passato: una cattedrale nel deserto che ha drenato miliardi di lire (e milioni di euro), producendo solo qualche anno e poi chiudendo subito i battenti. Un insediamento produttivo che ha abdicato da subito al ruolo di volano di sviluppo nell’area di Tricarico e che ora è ridotto in degrado, in mezzo a cumuli di rifiuti e prosciutti mummificati.
Chi sono i pochi privilegiati ad averne tratto beneficio? Perchè non si è fatto nulla in questi anni? Che ne sarà di quella struttura?
Gianni Perrino, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle