Vanno tutelate le aziende agricole danneggiate dalla crisi determinata dalla forte riduzione dei prezzi all’origine dei prodotti ortofrutticoli e, contestualmente, bisogna porre al riparo i produttori agricoli dalle pratiche speculative che interessano i prezzi all’origine dei prodotti ortofrutticoli. Pratiche che danneggiano il consumatore, che paga la frutta a prezzi esosi, e le aziende agricole, alle quali, di quei prezzi esosi al dettaglio, toccano solo pochi centesimi di compenso per chilo di ortaggi e frutta faticosamente prodotti.
È evidente che siamo di fronte a una distorsione del sistema di vendita dei prodotti agricoli, con un forte danno al settore dell’agricoltura, che occupa circa un milione di persone (un terzo di tutti i lavoratori agricoli in Europa – dati Istat), vanta 6 miliardi di euro di fatturato nel 2016, produce ricchezza ridistribuita (il 62% delle imprese ha meno di 8000 euro di programmi di sostegno e solo i 5% ha dimensioni rilevanti – dati Ismea) ed è oramai anche elemento di sviluppo locale e rurale, sempre più legato ad attività turistiche di accoglienza, di buona tavola e di tutela del territorio.
Per queste ragioni e per la sconcertante considerazione che un terzo delle imprese e dei lavoratori in agricoltura di tutta Europa è italiano, a ulteriore dimostrazione di quanto conti questo settore per la nostra economia, a mia prima firma, il M5S al Senato ha presentato un ordine del giorno che impegna il governo a individuare urgentemente azioni concrete, sia in ambito comunitario che extracomunitario a difesa del comparto agroalimentare italiano e contro le pratiche di concorrenza sleale.
Abbiamo scelto la strada dell’Odg perché è in esame in questi giorni al Senato il ddl sulla crescita economica del Mezzogiorno e questa coincidenza consentirebbe al governo una via rapida di intervento a favore dell’agricoltura del Meridione, ammesso che ne abbia la volontà: ricordo, infatti, che sono state proprio le fallimentari politiche agrarie dei governi degli ultimi decenni ad aver messo gli agricoltori sotto il ricatto commerciale delle cooperative di distribuzione e della Gdo. Tra l’altro, il decreto in esame parla proprio di misure di sostegno alla nascita e alla crescita delle imprese nel Mezzogiorno, compreso interventi finanziari a favore dell’imprenditoria giovanile in agricoltura e di promozione delle filiere del Mezzogiorno.
Se il governo ha voglia di un atto concreto e rapido, non c’è momento normativo e attuativo migliore, anche perché, sempre secondo i dati forniti da Ismea, nel 2017, rispetto al 2016, al 2 giugno, si è registrato un calo del 41% della vendita delle albicocche, 69 delle pesche, 44 per le ciliege e per le nettarine, 42 per le patate novelle, 57 per i fagiolini sotto serra e del 21% per le melanzane sotto serra.
Se poi consideriamo che gli agricoltori sono sotto lo schiaffo anche di una gestione clientelare del Consorzi di bonifica, che erogano consulenze e incarichi più che acqua per irrigare, ecco che abbiamo un quadro preoccupante del nostro settore primario, sempre più interessato da un latifondo di ritorno che cerca di annullare l’economia di territorio prodotta dalla Riforma agraria degli anni ’50, che interessò varie parti d’Italia, ma soprattutto il Mezzogiorno, e che è stato uno dei punti fermi dello sviluppo economico dal dopoguerra in poi.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emendc&leg=17&id=01035552&idoggetto=01040186&stampa=si&toc=no