Il Piano strategico regionale approda in Consiglio regionale con una relazione in aula del presidente della Giunta regionale, Vito Bardi. Il documento rappresenta uno strumento di pianificazione a lungo termine utilizzato dalle Regioni per definire obiettivi, priorità e azioni da intraprendere per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Il piano è fondamentale per guidare le politiche pubbliche e gli investimenti, assicurando che le risorse siano allocate in modo efficiente e che le iniziative siano coerenti con le esigenze e le potenzialità del territorio.
“Il piano strategico (2021-2030) – ha detto Bardi – analizza i fattori di ritardo nello sviluppo regionale, con macro-temi: tenuta demografica, coesione territoriale, valorizzazione del potenziale delle risorse endogene, declinati nei diversi ambiti della società e dell’economia, gli obiettivi da perseguire nel decennio. “Quando varammo il nostro Piano strategico – ha ricordato il presidente – uscivamo dalla emergenza Covid e vi era una viva attesa di un recupero veloce dell’economia con un clima di moderata fiducia nella ripresa economica e sociale proprio grazie al Pnrr. I dati tra il 2021 ed il 2023 di crescita del Pil e dell’occupazione, hanno effettivamente dato ragione sulla capacità di ripresa della Basilicata. Al di là di una narrazione catastrofica – ha sottolineato Bardi – gli indicatori fondamentali, davano ragione circa il miglioramento complessivo dello stato di salute della nostra economia”.
Nella relazione il presidente ha toccato alcuni temi “caldi” del momento, a cominciare dalla crisi idrica e dalla vertenza Stellantis. Sull’emergenza idrica, in particolare, Bardi ha ribadito che ha assunto i caratteri di una priorità indifferibile. “Come le altre emergenze, quella idrica mette a nudo problematiche di sistema – ha detto – che per molti anni non sono state affrontate in modo sistematico come la tenuta degli invasi, infrastrutture mai collaudate, e sempre utilizzate parzialmente in aderenza ad una normativa precauzionale contro i rischi ma prive delle risorse finanziarie sufficienti per garantirne il ripristino e un ottimale funzionamento. Il caso dell’emergenza idrica ci fa assumere maggiore consapevolezza su un tema spesso affiorato nel dibattito pubblico nazionale, la questione manutentiva, di infrastrutture realizzate negli anni 60 e 70. Reti idriche che in Basilicata significano 13 mila km di condotte che spero – per chi lo ignorasse – danno il senso della difficoltà negli interventi. Purtroppo è capitato a me, ma poteva capitare a chiunque si fosse trovato al mio posto di affrontare la crisi della diga della Camastra, nel combinato disposto con la crisi climatica e con le criticità connesse alle altre fonti di approvvigionamento”.
Di seguito la relazione integrale del presidente Vito Bardi.
VERSO AGGIORNAMENTO PSR 2021-2027
1.L’avvio del confronto sul Piano strategico regionale, che da operatività all’art. 45 comma 8, che ne prevede l’aggiornamento almeno ogni tre anni, è finalizzato a definire i grandi indirizzi di sviluppo economico, sociale ed ambientale del territorio regionale. Per arrivare a questo obiettivo si aprono una serie di interlocuzioni a partire da quelle previste dallo Statuto con il Consiglio delle autonomie locali (che a breve verrà ricostituito) e la Conferenza per la programmazione, che abbiamo appena ridefinito, acquisendo i riferimenti delle diverse organizzazioni, in parte cambiati.
2.La presente relazione offre prime considerazioni ed indirizzi per aggiornare il Piano. Richiamerò in parte punti già esposti nella relazione programmatica di avvio legislatura che valorizzando gli apporti della coalizione di governo già arricchivano la visione esposta nel Piano strategico regionale. E proporrò un metodo di lavoro, un percorso di elaborazione anche andando oltre gli adempimenti previsti dalla legge.
3.Il Piano vigente (2021-2030) redatto a fine gennaio 2021 era fortemente permeato dal clima post-pandemia e dalla forte volontà di delineare un tracciato di ripresa. In esso sono stati analizzati e riepilogati i fattori di ritardo nello sviluppo regionale, a partire dal tema dello spopolamento, delle infrastrutture fisiche viarie ed idriche, dei diversi divari esistenti con il resto del Paese, soprattutto in tema di sanità e di servizi essenziali per la popolazione, oltre che all’interno delle diverse realtà territoriali regionali. Analisi che suggerivano di adottare una coerente griglia programmatica volta ad affrontare i nodi irrisolti dello sviluppo.
In definitiva si individuava in macro-temi gli obiettivi da perseguire nel decennio come la tenuta demografica, la coesione territoriale, la valorizzazione del potenziale delle risorse endogene, declinati nei diversi ambiti della società e dell’economia. Una prospettiva questa integrata da azioni trasversali come la digitalizzazione, la formazione, la ricerca, l’inclusione sociale. Il tratto che ha caratterizzato il Piano nella versione a tutti nota è stato quello di armonizzare queste esigenze con l’impianto del Pnrr, con la sua peculiare griglia di priorità tradotte nelle sei Missioni a tutti note e fondamentalmente gravitanti sulla transizione ecologica e digitale.
4.Nella prima legislatura, il governo è stato impegnato:
-a porre rimedio alle difficoltà delle imprese e delle famiglie lucane prodotte dagli eventi epidemiologici e dall’inflazione
-a ripristinare il metodo della programmazione, in coerenza con le disposizioni dello Statuto Regionale;
-a predisporre la bozza del Piano Strategico Regionale, approvata dal Consiglio regionale il 20 gennaio 2022, dove sono stati ordinati: visione. strategie e azioni finalizzate al cambiamento e sono stati definiti i tempi per invertire le tendenze al declino della Basilicata;
-a mettere a punto gli strumenti finanziari di attuazione del percorso strategico tracciato nel PSR 21-30, mediante l’attivazione del PO FESR FSE+ 2021-2027; del Complemento di Programmazione Regionale 23-27; e la sottoscrizione dell’Accordo di Coesione con il Governo Nazionale (25 Marzo 2024)
Quando varammo il nostro Piano strategico uscivamo dalla emergenza Covid e vi era una viva attesa di un recupero veloce dell’economia e della società lucana, un clima di moderata fiducia nella ripresa economica e sociale della nostra regione proprio grazie al PNRR ed agli altri strumenti programmatici e finanziari, (dalla nuova programmazione comunitaria 21-27 ai fondi di sviluppo e coesione, e ad altri strumenti correlati). Di più intravedevamo non solo il superamento della crisi ma anche una fase di opportunità per avviare una strategia finalizzata alla fuoriuscita dagli endemici fattori di ritardo nello sviluppo regionale.
I dati tra il 2021 ed il 2023 di crescita del PIL e dell’occupazione, dati incontrovertibili, hanno effettivamente dato ragione circa la capacità di ripresa della nostra regione, a ritmi più intensi delle altre regioni meridionali. Insomma, al di là di una narrazione sempre catastrofica che ormai accompagna in modo stantio il dibattito politico e l’amplificazione che di esso fanno molti media, i dati economici negli anni della prima legislatura nei suoi indicatori fondamentali, ricchezza prodotta, reddito delle famiglie, occupazione, tasso di inflazione davano ragione di un miglioramento complessivo dello stato di salute della nostra economia.
Il PIL, (a prezzi costanti 2015) è cresciuto nel periodo 2019-2022 (dati Istat), del 2.9%, variazione che pone – nonostante la caduta del 2020 – la Basilicata al 2° posto tra le regioni meridionali dopo la Puglia, per poi rallentare con segno positivo nel 2023 (+0,7%) e con il segno negativo (-0,1%) nei primi mesi del 2024 (stime Banca d’Italia)
– Il PIL pro capite della Basilicata è stabilmente al secondo posto tra i valori rilevati dall’Istat nelle regioni meridionali;
– il tasso di disoccupazione è allineato a quello nazionale e risulta tra i più bassi rispetto alle regioni meridionali (6,7%)
– per il 2024, in relazione al rallentamento del PIL e del ridimensionamento delle attività produttive nel settore automotive, sono attese di segno negativo molte delle variabili del sistema economico e sociale regionale, della cui entità, al momento in cui si disporrà dei relativi dati quantitativi, occorre tener conto nella scelta delle priorità delle azioni che l’aggiornamento del PSR deciderà di assumere.
5.Le analisi e le riflessioni proposte nel Piano hanno stimolato nella legislatura passata l’adozione di politiche più avanzate in materia di energia, un impegno più intenso per il risanamento dell’AQL, importanti provvedimenti a sostegno delle imprese, un impianto programmatico coerente nell’Accordo di coesione firmato con il governo, sino al varo delle “strategie territoriali” che superano la vecchia strategia sulle aree interne delineano un nuovo modello di governance che tenesse conto delle interazioni tra aree interne e centri urbani e delle diversità territoriali infra regionali. Una prospettiva che attende in questa legislatura la sua implementazione operativa e che certamente costituirà un fattore di continuità tra il precedente Piano e quello che andremo a definire con il suo aggiornamento.
Il Piano strategico regionale ha costituito dunque la piattaforma del nostro programma elettorale, una piattaforma arricchita dal contributo anche delle altre forze di coalizione, che nell’aggiornamento troveranno più concreta declinazione, e che nella verifica elettorale ha trovato – nel suo impianto fondamentale – largo consenso, dando così continuità alla nostra azione di governo.
6.La legislatura 2024-2029 si apre, tuttavia, entro un quadro di riferimento profondamente modificato e un altrettanto profondo riadeguamento dei contenuti:
a.sia verso l’adozione di nuove azioni, per far fronte alle criticità emerse nella legislatura 2019-2024, delle quali alcune non erano prevedibili, altre invece corrispondenti all’aggravamento di patologie non ancora sanate e/o a rischio di irreversibilità.
b.sia verso il rafforzamento delle azioni già tracciate nel PSR.
La congiuntura attuale vede dispiegarsi più concretamente gli effetti delle diverse crisi che nel frattempo si andavano configurando. Ombre fosche, infatti, irrompevano nella vita sociale ed economica europea e nazionale. Poche settimane dopo il varo del Piano strategico, il 24 febbraio del 2022, la Russia invadeva l’Ucraina, con molteplici conseguenze in tutta Europa. La guerra in Ucraina ha avuto un forte impatto sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dell’Italia, costringendo il governo a rivedere le priorità e gli obiettivi. La dipendenza dal gas russo ha spinto ad un urgente sforzo per diversificare le fonti di energia, con un’accelerazione verso le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Gli shock economici derivanti dalla guerra, come l’aumento dei costi delle materie prime e delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento, hanno causato ritardi nei progetti previsti dal PNRR e aumentato i costi di costruzione. La sicurezza energetica e la difesa sono diventate priorità centrali, mentre la transizione verde e la digitalizzazione sono state adattate alle nuove esigenze legate alla crisi. Inoltre, la guerra ha rallentato la crescita economica e reso più incerta la realizzazione degli obiettivi iniziali del PNRR, obbligando l’Italia a rivedere le sue previsioni economiche.
7.Il 7 ottobre del 2023 i fattori di instabilità nel Mediterraneo si acuiscono: l’attacco dei palestinesi di Hamas ad Israele determina il sorgere di nuovo e doloroso conflitto con enormi costi umani, tragicamente ancora in corso, con impatti rilevanti sull’economia, sui traffici commerciali e sui mercati globali.
Quindi nuovi rischi e di nuove esigenze, a partire da crescenti investimenti sulla difesa dopo quelli già operati per definire nuove fonti di approvvigionamento energetico.
Politiche economiche che devono fare i conti con bilanci sempre più ingessati e oberati da un deficit crescente che limita le possibilità espansive. Difficoltà che hanno riverberi in tutte le regioni ed in molteplici settori, con il conseguente scontro politico su finanziarie che fanno fatica a sostenere con vigore il rilancio di molteplici settori già messi a dura prova da shock finanziari e instabilità geo-politiche.
8Incremento dei costi dell’energia e liberalizzazione del mercato dell’energia in ottemperanza alle politiche europee, l’improvvida accelerazione delle politiche di transizione energetica con la messa a punto di un programma temporalmente irrealistico di passaggio ai motori elettrici hanno finito con il determinare la crisi del principale settore manifatturiero europeo ed italiano, quello dell’automotive, senza fare i conti con l’impatto sociale, occupazionale, ed economico di tale indirizzo.
9 Se il covid ha messo in luce la fragilità del nostro sistema sanitario e le carenze della medicina territoriale, la guerra in Europa ha evidenziato la pericolosità della non autosufficienza energetica, così come la crisi dell’automotive ha evidenziato i limiti di una trasformazione radicale degli assetti industriali senza prima aver valutato tutte le condizioni che lo potevano consentire.
10.Il rimbalzo di questa situazione nel nostro contesto conosce riscontri negativi a vari livelli. La liberalizzazione del mercato dell’energia ha ridimensionato, nell’immediato, i benefici derivanti dal bonus gas, costringendoci a modificare il nostro piano per l’erogazione gratuita del gas, rallentandone lo slancio, senza tuttavia rinunciarvi in virtù di un nuovo accordo che metterà da gennaio tutti i lucani nelle condizioni di veder ridurre ulteriormente gli oneri accessori oggi applicati dalle Compagnie di vendita. Il secondo effetto determinato dalla necessità di aumentare la produzione da fonti di energia alternativa ci ha posto nelle condizioni da un lato di assecondare questo sviluppo in una regione che certo non era indietro su questo terreno, anzi, dall’altro di cercare il più possibile di armonizzare l’interesse pubblico e gli interessi privati: penso alla normativa approvata per impedire che le aree produttive divenissero grandi parchi fotovoltaici assorbendo tutti i lotti disponibili con la conseguenza di vanificare ogni politica di attrazione di investimenti; ma al contempo penso anche all’impulso dato allo sviluppo di fonti di energie rinnovabili e all’autoproduzione di energia con i bandi per i non metanizzati, per poi incoraggiare in tal senso anche quanti oggi beneficiano del metano.
Una strategia che non potrà non essere confermata a mio avviso nell’Aggiornamento del Piano.
11.L’emergenza Stellantis, ha mostrato come la presenza di fatto monoculturale di un solo gruppo industriale possa determinare crisi acute, non risolvibili peraltro su scala regionale. Consapevolezza che ci ha spinti ad assumere un ruolo di protagonismo di un’azione concertata tra governo e regioni interessate per meglio fronteggiare le problematiche che via via si andavano ponendo e ribadire la centralità produttiva dello stabilimento di Melfi. Non solo, ma per parte nostra, abbiamo fatto e faremo tutto il possibile per determinare quelle condizioni di contesto che non offrano alibi: lo abbiamo sul fronte dell’abbattimento dei costi energetici e nella solerzia con cui siamo intervenuti per il riconoscimento di area di crisi complessa.
Vogliamo guardare con fiducia al cambio di direzione della multinazionale che, nell’incontro di ieri, 17 dicembre, si è impegnata nel triplicare i volumi di produzione a Melfi realizzando la versione non solo elettrica ma anche ibrida di tutte le autovetture previste nel piano industriale e segnatamente della nuova Jeep Compass, della nuova Lancia Gamma, e delle nuove DS e DS7. A questo proposito non si può non salutare con soddisfazione l’impegno del Ministro Urso nel mettere a disposizione del settore automotive e della sua filiera oltre 1 miliardo di euro con il “Piano Italia” che peraltro prevede verifiche periodiche sugli impegni produttivi e sugli stabilimenti di Stellantis, azienda che da parte sua annuncia investimenti per 2 miliardi solo nel 2025 senza accedere ad incentivi pubblici.
Ma il nostro impegno non finisce qui, siamo impegnati, anche in comunità d’intenti con il sindacato, a sollecitare interventi governativi per lenire le conseguenze del blocco dell’indotto, il più penalizzato dal processo di ristrutturazione industriale. La vera urgenza infatti riguarda infatti i lavoratori dell’indotto: non possiamo infatti restare passivi e non farci carico della sofferenza di centinaia di famiglie coinvolte nella crisi occupazionale.
Una caduta dell’occupazione in questo ambito determinerebbe un calo del reddito disponibile delle famiglie che vede territori come il Vulture melfese particolarmente esposti.
Il PSR da aggiornare dovrà dare orientamenti su un nuovo disegno di politica industriale, finalizzato a connettere le politiche di riqualificazione delle aree industriali, avviate in questi mesi, alle politiche di attrazione di nuove imprese praticabili in Basilicata per effetto della saturazione delle aree industriali nelle regioni contigue; al rilancio delle aree PIP; al potenziamento di quelle artigianali, alle dinamiche delle industrie emergenti – penso al comparto sicurezza e a quello della mobilità verticale (in forte sviluppo nei prossimi anni come segnala il Rapporto di luglio dell’Enav), ed alle opportunità derivanti dalla ZES, laddove riusciamo a rinegoziare con la Commissione europea la percentuale di aiuti per investimenti che oggi ci vede penalizzati. In questo orizzonte una ulteriore opportunità potrebbe derivare dalla ZES cultura e dallo sviluppo dell’industria culturale e creativa, su cui stiamo alacramente lavorando. Infine, e non da ultimo, andrà considerato centrale il tema del credito e alla messa a punto di modelli avanzati di finanza che aiutino le nostre piccole e medie imprese a procurarsi liquidità a basso costo.
12.In ordine all’emergenza idrica la crisi che stiamo vivendo e che speriamo di superare al più presto ha assunto i caratteri di una priorità indifferibile. Come le altre emergenze, quella idrica mette a nudo problematiche di sistema, che per molti anni non sono state affrontate in modo sistematico. E’ tornato cosi alla ribalta il tema della tenuta degli invasi, delle criticità ad esso correlate, delle debolezze di queste infrastrutture mai collaudate, e sempre utilizzate parzialmente in aderenza ad una normativa giustamente precauzionale contro i rischi ma prive delle risorse finanziarie sufficienti per garantirne il ripristino e un ottimale funzionamento. Ha messo in luce le troppe competenze che insistono sulla risorsa idrica, le difficoltà di armonizzare gli interessi tra Regioni confinanti che ancora fanno riferimento ad accordi varati in tutt’altro contesto e momento storico, senza consapevolezza dei cambiamenti climatici in corso. Ma il caso dell’emergenza idrica ci fa assumere maggiore consapevolezza su un tema spesso affiorato nel dibattito pubblico nazionale, la questione manutentiva, ma mai potuta affrontare con efficacia per evidenti limiti di finanza pubblica. Il sottostante alla crisi idrica è quello della crisi delle infrastrutture fisiche realizzate negli anni 60 e 70, quella della scarsa longevità di una tecnologia quella del cemento armato, che ha dimostrato di durare meno della vita media di un uomo (noi che eravamo abituati a considerare le opere millenarie di antiche civiltà) se non manutenute adeguatamente. Il caso dei viadotti, con le conseguenti interruzioni stradali, i limiti di careggiate, diventate all’improvviso oggetto di straordinaria attenzione dopo la caduta del ponte Morandi, che registriamo con pena tutte le volte che prendiamo la Basentana, è anche il caso dei tanti invasi di cui si è dovuto ridurre la portata, o di reti di condotte vetuste. Reti idriche che in Basilicata significano 13 mila km, ripeto 13 mila Km di condotte, che spero – per chi lo ignorasse – danno il senso della difficoltà negli interventi.
13Purtroppo è capitato a me, ma poteva capitare a chiunque si fosse trovato al mio posto di affrontare la crisi della diga della Camastra, nel combinato disposto con la crisi climatica (vi invito sul punto a leggere le dichiarazioni degli analisti dell’ISPRA a proposito di chi nega l’impatto dei cambiamenti climatici come concausa e non come pretesto, destinata peraltro ad aggravarsi) e con le criticità connesse alle altre fonti di approvvigionamento in buona parte esauste, per mettere in evidenza i ritardi storici in interventi manutentivi e di efficientamento delle grandi infrastrutture. Che la questione non avesse caratteri di urgenza nella coscienza collettiva lo dimostra la scarsa attenzione riservata nei programmi elettorali di partiti (campagna elettorale svoltasi pochi mesi fa) con vaghi cenni e con qualche richiamo alla questione irrigua. Questa si una questione importante su cui occorrerà tornare.
Non altrettanto può dirsi nei nostri confronti visto che il Piano strategico 2021-20230 dedicava un’ampia riflessione sul tema sollecitando una iniziativa di ripresa strutturale del tema manutentivo avviata da AQL con le risorse disponibili sul React Eu… Immagino già le possibili obiezioni in merito: potremmo pure discutere di eventuali ritardi o di una limitata efficienza operativa, ma chi ne parla ha idea della condizione in cui era, ed in una certa parte è la struttura organizzativa ed operativa di AQL? Pensate che basti un amministratore per modificare un assetto costruito in vent’anni e molti di voi sanno bene con quali logiche? Davvero qualcuno in questa aula è convinta che cambi il vertice e che in tre anni, quando ne sono passati, si ristruttura un ente di quel tipo? Forse, in questo momento almeno, dovremmo considerare come nonostante tante criticità stia reggendo più che bene di fronte all’emergenza. Scusatemi la vis un tantino polemica, ma davvero sul tema della risorsa idrica in questi giorni si è straparlato pur nella consapevolezza che in tanti anni la politica regionale quando se ne è occupata non ha certo elaborato o fornito una strategia adeguata per anticipare i fattori di crisi, forse perché comunque beneficiava di stagioni piovose (lo dico senza ironia). Occorrerà fare un processo alla storia per capire come la questione manutentiva nel nostro paese, lo ribadisco, pur di tanto in tanto evocata, abbia sempre fatto a pugni con ristrettezze di bilancio e con continui ripensamenti sugli enti di governo dell’acqua, il riferimento è all’Ente irrigazione tenuto a bagnomaria per decenni non è affatto casuale, potendo contare anche sulla debolezza dei poteri regionali.
14.Forse credo di essere un illuso, perché porto con me una certa idea dei lucani e della lucanità, ma è davvero irragionevole pensare che nei momenti di emergenza vi sia una maggiore solidarietà o almeno senso della misura? Spero non all’interno di questa aula ma certamente fuori più di qualcuno mi segnalava un qualche compiacimento in alcuni per le difficoltà in cui siamo incorsi. E si è avuta più di un’impressione che alcuni, si auguravano che le nostre analisi sulla potabilità fossero negative, così da non poter considerare come fonte di approvvigionamento le acque superficiale del fiume, per cadere in una crisi ancora più acuta, pur di prendersi una qualche soddisfazione politica, o che non fossero adeguate pur di avere la meglio su di noi. Si è determinato un clima di irragionevole psicosi, mi raccontano di madri spaventate che non volevano far bere l’acqua ai propri figli raccomando nelle scuole di avere attenzione, mi hanno segnalato atteggiamenti di panico. Per non parlare delle frasi offensive sui social alimentate da irresponsabili, o titoli di giornali che invece di evidenziare la parola fine sul falso problema della potabilità sembrano auspicare che si sia sbagliato in qualche procedura, sottolineando che il tutto è attenzionato dalla magistratura. Mi chiedo e vi chiedo ma che società è questa? Davvero pensate che vi siano irresponsabili tra questi banchi, che qualcuno di noi possa giocare con la salute dei cittadini? Ma qualcuno sa riconoscere che se non avessimo preso la decisione di utilizzare le acque superficiali del fiume con tutte le cautele del caso, a quest’ora sulle nostre strade ci sarebbero fila davanti ad autobotti come nelle peggiori situazioni di disastro? Vi immaginate uno scenario il danno sanitario che ne sarebbe potuto derivare?
15Scusatemi questa lunga parentesi ma vedo davvero lontani i tempi in cui nelle fasi di acuta emergenza di questo paese storici antagonisti politici si incontravano, persino segretamente, per fare fronte comune per superare le difficoltà, e non mi sembra si chiedevano a chi spettasse fare il primo passo. E che in queste settimane una parte del territorio, della nostra comunità regionale stia vivendo un momento delicato, emergenziale, è fuori discussione. Ma il ripristino di un rapporto di fiducia tra le persone e le istituzioni non giova forse a tutti? Non è il sale delle istituzioni democratiche?
16.Alla luce di queste considerazioni è evidente che la questione idrica costituirà accanto alla sanità e al tema dell’occupazione la questione centrale di questa legislatura e che a questo punto non può non diventare una priorità per tutti i livelli di governo, regionale, interregionale, nazionale. Chi vi parla ha già determinato le condizioni perché il tema sia affrontato su tavoli nazionali e ai massimi livelli. Il completamento dello schema Basento Bradano, l’integrazione della Camastra con gli altri invasi, nuovi studi e approfondimenti sullo stato del nostro sistema idrico, un rinnovato confronto con la Regione Puglia sono tutti temi di cui dovremo farci carico. Ma la progettualità sulla risorsa idrica è tutt’altro che limitata al superamento delle emergenze. In questo orizzonte la questione irrigua, fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura lucana, costituisce uno degli obiettivi di breve periodo. Un altro punto qualificante del nostro programma individua come priorità parallela l’utilizzo dei nostri bacini idrici anche per finalità idroelettrica che consentirà la migliore manutenzione dei bacini per fini potabili oltre che il notevole incremento del valore economico ed ecologico dell’energia nuovamente prodotta. L’emergenza idrica va dunque considerata uno stimolo ad accelerare i nostri programmi sulla valorizzazione della risorsa. Valorizzazione della risorsa idrica che aveva visto nel bonus acqua per le famiglie a basso reddito una risposta dovuta alla comunità lucana su cui insistono tanti bacini, beneficio non occasionale ma strutturale.
17Il tempo o i tempi incalzano, ne siamo consapevoli, su tante questioni. Ma i problemi si affrontano tenendo conto delle strutture che abbiamo, con i loro punti di forza ma anche di debolezza. La struttura pubblica non ha certo la flessibilità o la rapidità di reazione che hanno le strutture private. Chiunque abbia esperienze di amministrazione della cosa pubblica sa bene i vincoli e i limiti in cui si opera. Nella pianificazione e programmazione delle cose da fare occorre tenerne conto. Il problema non sta tanto nell’acquisire risorse ma nella capacità di dipendere e spendere bene. Non è un caso che è sull’attuazione che si mostrano i principali limiti. Il tema della riqualificazione della pubblica amministrazione, già posto nel PRS meriterà un apposito momento di confronto in questa sede.
18.Nello scollamento tra mezzi e fini si intravede infatti una delle principali criticità del nostro sistema pubblico. Nela sanità ancor di più, Tutte le regioni del Sud e non solo sono alle prese con il tema del contenimento della spesa sanitaria, dell’emigrazione sanitaria e al contempo dell’implementazione della medicina territoriale e dunque con una profonda riorganizzazione del sistema. Ci confronteremo ancora su questi temi nell’ambito del Piano sanitario e nel confronto sul Piano strategico regionale. Qui mi limito a dire che si sta lavorando alacremente sul tema e che saranno molteplici i momenti di confronto.
19.Sulla strategia infrastrutturale rinvio alle considerazioni fatte in sede di Accordo di coesione in cui è stato ben chiarito come tutte le infrastrutture di interconnessione con quelle di rilievo strategico nazionali, viarie, ferroviarie, aeroportuali siano considerate prioritarie così come di interconnessione longitudinale tra le diverse aree della Basilicata. Nel merito entreremo in fase di discussione delle nuove linee del Piano che aggiornano su quanto si è fatto e si sta facendo e su cosa occorrerà fare.
20.In questa fase e per i prossimi due anni le significative risorse a disposizione dei comuni derivanti dal complesso degli investimenti in corso da varie fonti finanziarie reggeranno l’economia. Considerate che gli investimenti pubblici che vede i soli comuni soggetti attuatori ammontano, in questo periodo ad oltre 1 miliardo e 200 milioni di euro. A cui si aggiungono gli investimenti complessivi nella Regione Basilicata che ammontano a 1.216 milioni di euro per 3.248 progetti. La vera sfida resta l’attuazione veloce di queste opere pubbliche, tema che rinvia alla problematica del rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali; una questione cruciale che speriamo di poter affrontare anche grazie ai modelli di governance proposti nelle strategie territoriali. Una riflessione approfondita meriterà il contributo che questa rilevante spesa pubblica va apportando ai territori… ossia occorrerà valutare di quanto lo stock di beni e servizi essenziali per le comunità verrà soddisfatto e cosa resterà da fare… insomma è tempo di valutare la qualità della spesa pubblica.
21.Ma più in generale, quello che sto cercando di illustrare, è come in pochi anni lo scenario sia drasticamente cambiato. Occorre accrescere la consapevolezza che siamo in una fase di ristrutturazione di interi ambiti economici e tecnologici e in presenza di innovazioni che occorrerà considerare più adeguatamente, penso ad esempio all’irrompere dell’intelligenza artificiale con cui abbiamo preso confidenza probabilmente a partire dal 30 novembre 2022, data di rilascio di chat gpt nella versione che conosciamo oggi, sempre più diffusa e che ha reso più familiare questo mondo, il cui impatto era già noto nel mondo industriale e la cui pervasività avrà un andamento esponenziale generando un nuovo salto di qualità tecnologico.
22. Emerge dunque anche un tema di competenze, di acquisizione del portato delle innovazioni e delle traiettorie possibili dello sviluppo che impone un nuovo sguardo sui termini della questione Basilicata. Partecipo anche io della difficoltà di adattarsi in velocità alla comprensione dei cambiamenti in corso. Nei diversi confronti che ho, spesso mi chiedo se il tema delle competenze e della mobilitazione delle competenze per capire meglio il mondo che cambia più velocemente sia al centro di una politica che vuol essere in grado di interpretare il tempo presente. In molti discorsi, richiami, avverto l’utilizzo di categorie e di letture che sembrano ormai stantie poco attente a nuove ipotesi di soluzione, ad incrociare i fattori di innovazione e di cambiamento. La marginalità è anche un fatto culturale. Il Piano deve affrontare con vigore questo tema. Nei tavoli di lavoro che lo precederanno occorrerà coinvolgere anche sguardi dal di fuori, esperti, innovatori e la mobilitazione di tutti i centri di ricerca e competenza presenti sul territorio. Se non vogliamo fare del Piano un fatto protocollare penso sia utile ripiegarci in un confronto a più voci soprattutto considerando le ombre che si addensano sul nostro cammino.
23.Le prospettive per i prossimi anni vedono un rallentamento dell’economia nazionale, e le regioni meridionali rischiano di pagare un ulteriore prezzo. Molte delle aspettative del PNRR si sono ridimensionate. Certamente il PNRR sta dando un contributo al rafforzamento della dotazione dello stock di servizi essenziali per il benessere delle comunità ma è altrettanto un fatto che non costituisce quel fattore risolutivo di antichi problemi.
24.L’indebolimento delle realtà territoriali e dei centri urbani sta proponendo effetti centrifughi di attrazione verso realtà extra regionali, di cui è spia il malessere che soprattutto da Matera, paradossalmente, considerate le rilevanti ricadute che ha avuto con la designazione a capitale europea, in certi ambienti si manifestano. E come spesso accade invece di ricercare le ragioni di difficoltà al proprio interno si cercano responsabilità altrove, anche rialimentando antiche rivalità in un momento in cui tutte le città sono in difficoltà. Anche in questo caso la questione urbana, una vecchia questione, e la generazione di rapporti virtuosi con il proprio Hinterland non può non tornare al centro di una riflessione e di una azione rinnovata di governo del territorio.
Occorrerà tenere maggiormente in conto criticità e/o opportunità che si manifestano in modo specifico nelle varie parti del territorio regionale che metodologie di analisi della Basilicata per “dati medi” non mettono in evidenza e che invece emergono, anche nella loro rilevanza programmatica, dall’adozione di metodologie di analisi della Basilicata sulla base di dati disaggregati.
Dati che evidenziano la modesta competitività del sistema produttivo e territoriale regionale che viene nascosta dal dato regionale, il cui valore elevato medio – non disaggregato territorialmente – riflette solo o prevalentemente il risultato delle attività produttiva di un solo settore, quello automobilistico, peraltro prevalentemente concentrato nella sola area industriale di San Nicola di Melfi, occultando in qualche modo il contributo degli altri settori e una valutazione più attenta degli stessi.
E’ stato calcolato che lo spopolamento, dal punto di vista localizzativo, ha riguardato essenzialmente i “centri abitati*” e le “case sparse” dei piccoli comuni; e che ne sono state immuni le città di Potenza e di Matera e le molte frazioni e/o nuclei abitati, collocati nei pressi delle principali vie di comunicazione.
Risulta infatti che nell’arco di tempo che va dagli anni del secondo dopoguerra ad oggi la popolazione delle due città è raddoppiata passando da 62.964 nel 1951 a 125.214 nel 2021; e che la popolazione dei nuclei abitati (e/o delle frazioni) è più che quadruplicata, passando da 21.288 abitanti a 89.835.
Quest’ultimi dati segnalano che nella geografia regionale sta assumendo rilevanza un processo di riorganizzazione spontanea del territorio, che si identifica nello spostamento della popolazione dai centri abitati* verso località che nel 1951 erano censite come frazioni e/o nuclei abitati che non erano nemmeno registrate.
In ragione della convenienza offerta dalla posizione geografica lungo le nuove reti stradali, molte frazioni e/o nuclei abitati si sono strutturati e si vanno espandendo secondo modelli di tipo urbano con attività di servizi frequentemente di dimensione comprensoriale.
In altri termini, i dati di lungo periodo delle tendenze localizzative della popolazione lucana dimostrano:
* che a partire dal secondo dopoguerra la Basilicata sta vivendo un processo di transizione, per quanto discontinua, da una fase di dominanza degli ambienti rurali ad una progressiva estensione degli ambienti non rurali e/o a prevalenza urbana
* che alla natura ed alle caratteristiche di questo processo sono correlate l’intensità e la localizzazione dei fenomeni di spopolamento; in altri termini, che all’espansione degli ambienti urbani sono da riferire soluzioni efficaci di contrasto dello spopolamento.
Non tener conto di queste diversità significa non tener conto che le politiche di contrasto allo spopolamento vanno calibrate in funzione della diversa intensità con cui lo spopolamento si manifesta tra le varie parti del territorio regionale puntando alla riorganizzazione degli insediamenti verso il miglioramento delle condizioni urbane. Dai dati di dettaglio territoriale, risulta, infatti che le aree di confine si vanno organizzando in sistemi interregionali, grazie alla maggiore convenienza di intrattenere rapporti con l’esterno, piuttosto che all’interno del territorio regionale; e che sono ormai 50 dei 131 comuni della Basilicata che hanno come destinazioni prevalenti, per l’accesso ai servizi urbani, a città extraregionali. In conclusione, andrà considerato che la formazione di sistemi interregionali di confine costituisce un rischio che coinvolge la stessa unità istituzionale della Regione.
In definitiva l’esperienza in corso evidenzia la necessità di ricucire e valorizzare le economie di relazione tra aree interne e centri urbani considerando l’importanza di tali relazioni per una visione unitaria ed organica dello sviluppo territoriale. Di qui l’esigenza di un approccio integrato tarato sui diversi territori lucani per rilanciare organiche politiche di sviluppo, utilizzando tutti gli strumenti e risorse finanziarie di cui si dispone al fine di intervenire sui principali fattori di debolezza, di qui la rilevanza di una programmazione unitaria ed organica e non meramente spezzettata tra settori.
Questo nuovo disegno punta altresì al riequilibrio territoriale anche attraverso una più attenta ed equilibrata distribuzione delle risorse valorizzando i principali e differenti potenziali di sviluppo disponibili nelle diverse aree. E’ questo il percorso intrapreso con le nuove “Strategie territoriali” che, grazie ad una visione finalmente unitaria della programmazione (PNRR, Accordo di coesione, fondi strutturali, risorse derivanti dalle royalties e compensazioni ambientali), dispiegherà i propri effetti a partire dai prossimi mesi. Con il varo delle Strategie territoriali che prevedono una nuova governance dei territori, attualizzando e valorizzando modelli mutuati dalle vecchie comunità montane, quale aggregazione più efficiente dei governi dei territori, si intende sollecitare un nuovo protagonismo degli enti locali aggregati per aree territoriali e la declinazione su scala locale di un programma pluriennale di misure ed interventi finalizzati a combattere lo spopolamento e le tendenze al declino.
25. Alla luce di tutte le considerazioni finora avanzate:
siamo chiamati a ripartire dalla realtà del 2024,
* dalla constatazione, cioè, che i pur positivi passi compiuti non sono stati sufficienti, né potevano esserlo in breve tempo, a portare a soluzione questioni storiche, messe in evidenza dal PSR 21-30.
* Che sono esplose nuove criticità, prima tra tutte l’imprevisto ridimensionamento del settore automobilistico prodotte dalle misure adottate dalle politiche europee per far fronte alla crisi climatica, l’evidenziarsi di storiche criticità in ordine alle infrastrutture idriche, senza tralasciare il rischio di riconfigurazione dell’economia nel comprensorio petrolifero, che i recenti dati sul diminuito apporto dei giacimenti petroliferi hanno messo in evidenza.
Se per un verso siamo dunque obbligati a rispondere con azioni indubbiamente di tipo “congiunturale” per porre rimedio alle criticità del presente, occorre tuttavia non perdere di vista ciò di cui più abbiamo maggiormente bisogno e cioè le azioni di tipo “strutturale”, quelle destinate a preparare il futuro.
Chi vi parla, a nome della maggioranza del corpo elettorale della Basilicata, è pienamente convinto:
– dell’obbligo che la risposta debba essere all’altezza della natura eccezionale della fase attuale che la Basilicata sta vivendo
– ma anche della necessità che questa risposta sia condivisa, per mobilitare tutte le forze in campo.
Di conseguenza, mai come in questa fase, la Basilicata richiede alla comunità regionale, alle forze politiche e alle istituzioni un salto di qualità per costruire un progetto destinato a dare ai soggetti attuatori il potere e la responsabilità di attuarlo e di controllare che le procedure di attuazione si svolgano nel pieno rispetto degli obiettivi condivisi, limitando i rischi di mancare quegli obiettivi di interesse generale non più differibili.
In materia di programmazione, le disposizioni normative vigenti ne regolano i molti passi da compiere, secondo una successione in fasi, così sintetizzabile: a. predisposizione della Bozza di Aggiornamento del PSR 21-30, b. attivazione della partecipazione; c. discussione e approvazione dell’Aggiornamento del PSR 21-30 da parte del Consiglio Regionale d., riadeguamento della struttura del DEFR triennale e dei bilanci preventivi, per dare seguito all’Aggiornamento del PSR.
Diventa centrale, di conseguenza, l’organizzazione delle attività di aggiornamento e la determinazione dei tempi di conclusione delle fasi, per pervenire rapidamente alla fase attuativa.
La proposta che mi sembra opportuno avanzare è quella:
– di partire dal PSR, nella sua articolazione in obiettivi ed azioni approvata dal Consiglio Regionale il 20 gennaio 2020,
– di affiancare il lavoro di predisposizione da parte della Direzione bilancio e programmazione con diversi apporti e contributi, anche mediante la convocazione di un forum dell’economia, per aggiornare la griglia del PSR secondo gli indirizzi del Consiglio Regionale, oltre ad organizzare, contestualmente la fase di partecipazione e di coinvolgimento delle istituzioni previste nello Statuto Regionale.
– E infine di determinare i tempi della discussione e dell’approvazione della Bozza di aggiornamento da parte del Consiglio regionale e successivamente i tempi per il riadeguamento ai contenuti del Piano strategico aggiornato del Dapef e del bilancio regionale in modo da accelerare le procedure ed i tempi di attuazione
In relazione a quanto contenuto nella presente Relazione, gli indirizzi che propongo di affidare alle attività di elaborazione della Bozza di Aggiornamento sono in sintesi quelli di analizzare dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo lo stato non solo delle situazioni di criticità, ma anche quello delle opportunità da cogliere; di prospettare schemi di soluzioni, da sottoporre alle decisioni dei soggetti responsabili e di valutare il quadro finanziario di riferimento
26.Sono da sottoporre ad aggiornamento l’intera griglia degli obiettivi e delle azioni del PSR, approvato in Consiglio Regionale il 20 gennaio 2022, focalizzando analisi e soluzioni sulle tematiche oggi in discussione:
relativamente all’aggiornamento degli obiettivi,
ritengo di mantenere come una costante delle fasi di predisposizione dell’aggiornamento gli obiettivi della creazione dei posti di lavoro e dello sviluppo delle strutture di produzione di beni e servizi (PIL), cui conformare le finalità delle azioni, Vanno invece riadeguati i tassi di sviluppo per il periodo 2024-2029 relativi alla creazione di posti di lavoro; al PIL.
Recenti valutazioni sulla congiuntura attuale da parte della Banca d’Italia ci avvertono, infatti, di un ristagno dell’economia regionale con un leggero calo del prodotto regionale (-0,1%) rispetto alla moderata crescita del 2023. Un andamento influenzato negativamente dal settore industriale, penalizzato dal forte calo nella produzione di autoveicoli e da una brusca contrazione delle esportazioni, a eccezione del comparto alimentare.
Anche gli investimenti industriali hanno subito un ulteriore riduzione a causa dell’alto costo del credito e dell’incertezza economica. La stessa crescita del settore delle costruzioni si è indebolita, riflettendo la riduzione degli incentivi fiscali, mentre l’edilizia pubblica è rimasta sostenuta dai fondi del PNRR.
Il settore dei servizi registra un rallentamento, dovuto alla debolezza della spesa delle famiglie e alla riduzione della domanda turistica interna.
Ma nonostante il contesto congiunturale sfavorevole, le condizioni reddituali delle imprese sono rimaste stabili, grazie alle significative riserve di liquidità.
Non mancano dati positivi: L’occupazione regionale è cresciuta, sia tra i dipendenti sia tra i lavoratori autonomi, nel mentre persistono difficoltà nel reperire manodopera.
Il credito al consumo delle famiglie lucane è cresciuto, mentre i prestiti per l’acquisto di abitazioni sono rimasti deboli.
Un dato che occorre considerare è che pur rimanendo la qualità del credito bancario stabile un aumento dei ritardi nei pagamenti dei prestiti in bonis potrebbe preannunciare un peggioramento del merito creditizio delle imprese. Una ragione in più per focalizzarci sulle politiche creditizie.
Relativamente alle nuove criticità emerse successivamente all’approvazione del PRS,
la loro gravita porta a ritenere opportuno armonizzare il Programma Mimit con i programmi di interventi PNRR e POR Basilicata 21-27 costituendo presidi territoriale in grado di esercitare il necessario coordinamento degli interventi pubblici nelle diverse aree e di monitorarne tempi e efficacia delle azioni.
➢ Relativamente all’aggravamento delle crisi di settori strategici in Basilicata
Si deve prendere atto che la gravità della crisi epidemica non ha consentito di contrastare sufficientemente le criticità sanitarie, già identificate nel PSR approvato nel 2022:
* è prioritario, di conseguenza, che siano, riprogrammate sin da subito le azioni in materia sanitaria, provvedendo a individuare le soluzioni da attuare nel breve periodo per superare le criticità messe in luce dal Rapporto Agenas 2024 comprese le azioni di valorizzazione della realizzazione in Basilicata della Facoltà di Medicina.
* vanno rimessi al centro dell’aggiornamento del PSR i criteri e le azioni di tutela e di valorizzazione delle risorse ambientali, che la debolezza dei poteri regionali non è riuscito finora a tutelare per garantire un futuro alla Basilicata. In particolare, l’aggiornamento del PSR a partire dalla considerazione che il paesaggio lucano rappresenta un patrimonio inestimabile che riflette identità e storia dovrà assumere il lavoro preliminare del nuovo Piano Paesaggistico, per declinare su questa base l’obiettivo di preservare questi valori. Un disegno che deve includere la tutela ambientale ed una programmazione di interventi mirati contro il dissesto idrogeologico di manutenzione attenta del territorio, anche individuando tra le priorità l’elaborazione di un Piano regionale per contrastare il dissesto idrogeologico con una strategia preventiva anziché emergenziale.
* Fondamentale resta, inoltre, il perseguimento dell’obiettivo di sviluppo delle risorse energetiche per dare benefici alle famiglie ed alle imprese. Questo disegno ancora da completare ci vede chiamati ad implementare le comunità energetiche ed altre iniziative per generare benefici e vantaggi anche per il sistema imprenditoriale rafforzando in tal modo i fattori di attrattività territoriali.
* Vanno riportate nei posti prioritari delle scelte strategiche le imprese artigiane, il cui ridimensionamento è destinato a sterilizzare le fonti di formazione di un tessuto imprenditoriale endogeno.
➢ Per quanto riguarda le analisi e la soluzione da predisporre in ordine al grande tema del potenziale di risorse endogene, finora solo modestamente utilizzate, costituisce un esercizio fondamentale per porre le basi di un rilancio dell’economia. Ritengo, in proposito, che le ombre di crisi sul futuro impongono alla comunità regionale di ripensare al potenziale di risorse endogene come riserva cui è possibile, nella presente fase, ricorrere per contrastare il rischio di irreversibilità del declino.
Il ricorso al potenziale di risorse endogene è oggi un percorso che non viene sollecitato solo dalla necessità di contrastare le crisi emerse, ma anche e soprattutto da una riconsiderazione che è stata avviata negli ultimi anni sull’occupazione e sui valori aggiunti che si ricavano dalla loro utilizzazione, grazie anche alla crescente disponibilità di innovazioni di tipo tecnologico e di tipo organizzativo trasferibili alle imprese regionali, per renderle competitive.
Né sono da sottovalutare le opportunità che la Regione è in grado di offrire alle imprese regionali, che secondo i dati ISTAT 2021, mediante il significativo finanziamento della Strategia S3, nei settori fortemente connessi a scenari di utilizzazione di risorse endogene, nei settori tecnologicamente avanzati, dall’aerospazio, dell’informatica avanzata, e di settori prima considerati figli di un dio minore:
* L’industria culturale, che nella concezione estensiva che viene data, mobilita imprese di piccole dimensioni anche e soprattutto nel campo dell’artigianato e dei servizi professionali, che in assenza di vincoli localizzativi, comprende attività proponibile anche nei piccoli centri, e l’industria dell’audio-visivo, attività che si sono andate consolidando in questi anni e che orientano a rafforzare misure specifiche per il loro sviluppo.
* Il turismo, che ha dimostrato di rafforzare la reputazione territoriale e di essere attrattivo anche per i mercati esteri, al di là delle dinamiche congiunturali modeste del turismo domestico, e di attivare a partire da Matera e oltre Matera segmenti di offerta turistica molto variegati proponendo potenziali di crescita prima non ipotizzati. Il “turismo delle passioni”, la “fiera internazionale del turismo” con epicentro Matera ed altre esperienze positive di questi anni confortano il cammino intrapreso e vanno considerate adeguatamente per il contributo che possono offrire allo sviluppo locale ed all’economia regionale.
* Più in generale l’aggiornamento del PSR dovrà considerare il ruolo della cultura per rilanciare l’intero territorio regionale, migliorando la qualità della vita attraverso l’offerta culturale, artistica, sportiva e del tempo libero, fattori indispensabili per corrispondere alle aspettative di qualità della vita che oggi determinano la scelta localizzativa di molti giovani al pari del lavoro. La comunicazione innovativa dei valori della Basilicata, già evidenziata dai risultati turistici, resta un obiettivo prioritario.
* Il potenziamento delle infrastrutture scientifiche, culturali e di offerta formativa costituisce una ulteriore direttrice delle politiche di sviluppo. La domanda di competenze da quella delle arti e mestieri a quelle più sofisticate è sempre più avvertita nel mondo del lavoro. L’aggiornamento del Piano non può non offrire nuove e più puntuali indicazioni per arricchire la proposta regionale consapevoli anche delle ricadute in termini di vitalità sociale e culturale. E’ tutto un sistema che va riadeguato e mobilitato. Il rapporto tra Università, centri di ricerca e territorio deve trovare attraverso un dialogo più intenso e strutturato e modelli di relazioni più avanzati. Il rapporto con tutte le istituzioni culturali, poli museali, centri scientifici, luoghi della cultura, archivi, biblioteche, attendono di trovare una nuova architettura relazionale, maggiori sinergie territoriali, più efficaci politiche regionali. La Basilicata non può più consentirsi disattenzioni, né permettersi la sottoutilizzazione dei centri di competenza.
* Ma al di là della componente pubblica dell’economia è tutto il mondo dell’economia privata che deve acquisire maggiore centralità. E’ sullo sviluppo ed il consolidamento delle imprese che occorre puntare. C’è un gran lavoro da fare, e per il quale bisogna attrezzarsi, soprattutto per intercettare nuove iniziative in settori in crescita come quello legato alla difesa, alle materie prime strategiche (sostenendo progetti e settori di ricerca), alla logistica avanzata, all’economia circolare, all’energia pulita e all’idrogeno, e più in generale al disegno di transizione ecologica e digitale in pieno svolgimento. Ma il PSR può essere anche l’occasione per revisionare gli strumenti di finanziamento disponibili e le misure oggi destinate alle imprese sul piano della adeguatezza ai fabbisogni concreti delle nostre imprese.
* Al contempo una riconsiderazione non retorica, ma consapevole e attenta, è da destinare al sistema agro alimentare dove vi sono i massimi i margini di utilizzazione del potenziale di risorse basti considerare, tra i tanti, la produttività per ettaro della superficie agricola utilizzata, pari a meno della metà del valore medio nazionale ed a circa il 15-20 % della produttività della Sau delle regioni del Nord. Emblematico in ordine al valore strategico del ricorso all’utilizzazione del potenziale di risorse endogene è quanto rilevato dal Sindacato UIL sulle dinamiche dell’esportazione regionale sottolinenando che “in netta controtendenza con l’automotive l’alimentare lucano nei primi nove mesi dell’anno per l’export registra un incremento del 27,3%”; evidenziando come l’agroalimentare e l’agricoltura, la forestazione possono contribuire notevolmente alla tenuta ed allo sviluppo regionale. Una ragione in più per promuovere nell’ambito del forum sull’economia un focus particolare sull’Alimentare “made in Basilicata” e finalizzare meglio e di più azioni e misure di sostegno e promozione del comparto.
* Ma il nuovo PSR non sarebbe adeguato se non affrontasse le sfide della marginalizzazione sociale e della povertà, aggravate dalla transizione economica e dalla carenza di opportunità. La revisione delle misure per sostenere le categorie più deboli, per combattere le dipendenze, per contrastare il disagio psicologico e sociale, per sostenere le famiglie con disabili, i processi di inclusione sociale, la lotta al razzismo e favorire una cultura dell’accoglienza della vita non possono non essere parte integrante e qualificante di un disegno di sviluppo che faccia proprio l’idea di favorire lo sviluppo integrale di ogni persona a prescindere dalle sue condizioni socio-economiche di partenza.
* L’aggiornamento del Piano può costituire in definitiva l’occasione per acquisire uno sguardo nuovo sulla Basilicata, per revisionare le lenti con cui siamo soliti guardare la nostra realtà regionale, per valutare se non ci siano altri punti di osservazione che possono contribuire ad una lettura più aggiornata ed adeguata ai tempi che viviamo per un possibile cammino di crescita della nostra regione. Mi sono limitato ad alcuni considerazioni di contesto e ad alcuni richiami degli indirizzi già esposti in apertura di legislatura e ad alcune suggestioni che auspico possano delineare direttrici e orientamenti per il prossimo piano, certi che il vostro apporto, arricchirà questo disegno, per poi avvalersi dei tanti contributi che perverranno. Spero di avervi comunque trasferito la consapevolezza che ho maturato in ordine alla sensibilità da avere in tempi di continuo mutamento per tentare di non restare nella retroguardia dei processi ma il più possibile sull’onda, manifestandovi al contempo le difficoltà che pure intravedo. E’ una sfida per tutti e per noi in particolare che abbiamo il dovere di accettare nell’interesse di tutti i lucani.
Dichiarazione dei Consiglieri regionali del Partito Democratico sull’Intervento del Presidente Bardi in merito alla Presentazione del nuovo Piano Strategico Regionale
I Consiglieri regionali del Partito Democratico Piero Marrese, Piero Lacorazza e Roberto Cifarelli prendono atto con favore dell’avvio della procedura per definire il nuovo Piano Strategico Regionale. Prendiamo anche atto dell’approccio del Presidente Bardi rispetto ad un percorso diverso e più partecipativo, che rappresenta una novità significativa rispetto alle modalità seguite in passato.
Questo nuovo approccio, che prevede l’attivazione di tavoli tematici e concertazione con le parti sociali, è certamente un passo in avanti. Tuttavia, va sottolineato che questa novità è anche frutto delle ripetute sollecitazioni del Gruppo PD e degli altri gruppi di minoranza, che hanno più volte chiesto una rapida definizione di un nuovo piano strategico regionale, volto a rispondere alle sfide del territorio e alle necessità della nostra comunità.
In questo contesto, riteniamo fondamentale che le commissioni consiliari permanenti del Consiglio regionale siano coinvolte in modo strutturato nei tavoli tematici. Un coinvolgimento diretto delle commissioni rappresenterebbe un’opportunità per garantire che il processo di definizione del Piano Strategico sia il più inclusivo e trasparente possibile, con il giusto apporto di tutte le forze politiche e istituzionali.
I Consiglieri regionali del Partito Democratico Piero Marrese, Piero Lacorazza e Roberto Cifarelli rimangono a disponibile a collaborare attivamente per una programmazione regionale condivisa, trasparente, partecipata e funzionale che possa realmente rispondere alle esigenze della nostra comunità.