Recentemente la situazione dell’Italia non è stata solamente analizzata sul piano economico, ma anche da quello politico, con inevitabili riferimenti a quanto accade in Europa e nel mondo, a cominciare dagli Usa e Pierluigi Diso, attento cittadino materano, ha dedicato questa sua analisi agli italiani che non credono nell’odio e nella paura, ma credono nell’Italia che lavora sodo, che produce, che è tollerante, l’Italia della brava gente, dei piccoli imprenditori che tirano avanti l’economia nonostante i Governi, nonostante i politici che volta per volta votano, cercando in loro la guida. Di seguito la nota integrale.
Le ferie estive son terminate e dopo il tormentone di agosto gli uomini “liberi e forti” son tornati ad interrogarsi sulla questione morale in politica. Il Conte-bis ha dato la sensazione che fare politica equivalga a fare compromessi, per interessi privati o ambizioni personali, anche se i giudizi negativi devono riguardare le singole azioni del politico di turno, le singole attività, non già la funzione della politica, la cui alta finalità non deve cogliersi dalle degenerazioni, ma dalla sua natura e dal suo significato più profondo. La piattaforma Rousseau ha permesso di fare l’ago della bilancia e trasformato l’avvocato del popolo nell’ancora di salvezza per chi ha ritenuto di dover pensare al Paese, anche questa volta. E’ oggi venuta meno la politica dei grandi partiti nazionali che hanno fondato la Repubblica con i congressi e le correnti, ma che insieme ai sindacati, alle associazioni e alla Chiesa garantiva la partecipazione popolare. Oggi c’è Rousseau: il vecchio sistema è entrato in crisi già da molti anni perché qualcuno pensava di non dover più avere una guida politica e maturava in lui la voglia del cambiamento. Quale? Assistiamo ad una sfiducia ampia che separa e allontana sempre più i cittadini dalle istituzioni, permettendo a chi è lì di conquistare con ogni mezzo uno “strapuntino”, perché è sempre meglio sedersi al tavolo, anche senza una vittoria elettorale. Eppure è il popolo che vota. Il popolo chiede che parta da qui un rinascimento politico e non solo un rinnovamento di facciata, ammettendo le sue responsabilità perché l’eletto èl’espressione di chi lo ha votato e loha delegato a rappresentarlo nelle varie istituzioni pubbliche. Il popolo si sta ancora interrogando su quanto accaduto nell’estate appena trascorsa, con una crisi politica che sarà stata l’effetto di una crisi culturale, anche a livello europeo. Se di cultura a Matera si deve discutere, almeno per qualche altro mese del 2019, e se in questi giorni si è parlato di nuova cultura economica grazie alla presenza di Confindustria, anche di una nuova cultura politica occorre iniziare a parlare. Su Rousseauhanno cliccato circa settantamila elettori, cioè la popolazione di una città poco più grande di Matera ha deciso per l’Italia intera e qualcuno, dall’alto del colle, ha anche atteso tale responso. Un pluriministro ha detto che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, con la benedizione del più indeciso dei segretari che ha portato al governo un partito al minimo storico e governerà fino all’elezione dell’inquilino del colle più alto di Roma. Il sol leone ha dimostrato che tutto è possibile pur di gestire il sistema eabitare il palazzo. Eppure al voto popolare va dato il giusto valore, pur assistendo alla uscita di scena di qualcuno, mentre è rimasto dentro chi si era definito “forza politica fuori dal sistema”. Ebbene sì, la politica non è pura ideologia, né pura tecnica; ma è attività umana che deve scaturire da una coscienza ispirata almeno al fondamentale valore del bene comune. Qualcuno disse che la politica non è fatta per le damine, perché c’è in ballo la gestione del potere; dopo che un altro disse che il potere logora chi non ce l’ha. Fare politica, a tutti i livelli vuol dire non solo osservare, studiare e impegnarsi, ma soprattutto cogliere le varie esigenze della società, calcolare le disponibilità, predisporre i servizi necessari, controllandone il corretto svolgimento. Il buon politico non deve trascinare o essere trascinato dalla piazza tumultuosa, incostante e contraddittoria, ma deve precedere la comunità aprendo e indicando sentieri anche nuovi nelle nuove situazioni. In questo compito di indirizzo si manifesta la funzione educativa della buona politica. Mancando questa base è normale che il popolo si considera depositario di tutte le virtù politiche e sociali e vuole essere difeso dai raggiri machiavellici dei ceti dominanti, avanzando proposte politiche atte a gratificare i desideri di rivalsa del popolo minuto. Sono oggi venuti meno gli ideali, le passioni, le visioni strategiche. Occorre ricercare una nuova leadership, moderna, che sappia gestire il cambiamento e sia responsabile e consapevole di quanto il processo della costruzione del dopo debba e possa dipendere dalla conoscenza, dalla gestione del presente, del processo verso il futuro. La trasformazione dei partiti, il rapporto tra populismo e antipolitica, la personalizzazione della politica e della leadership sono gli input da cui partire e gli “uomini liberi e forti” per fortuna continuano ad alimentare il dibattito. Non si possono attendere ancora cambi di passo, nonostante la rivoluzione parlamentare di agosto, ma è necessario riprendere il dialogo con i cittadini per una nuova cultura politica e sociale più umile sull’esempio del poverello di Assisi.