Giuseppe Potenza, segretario regionale DC-Libertas Basilicata: dove sono finite le componenti cattoliche dentro e fuori il PD?
Dove sono finite le componenti del Pd lucano che si richiamano, da sempre, al pensiero cattolico? E dove sono finiti gli altri – partiti, associazioni, movimenti – che non sono nel Pd ma, dall’esterno, possono dare un contributo per il superamento dell’impasse in cui si trova il Pd, facendo prevalere i valori e i bisogni dei credenti, delle famiglie, dei ceti sociali più deboli? Sono due interrogativi per nulla scontati e ancora più pesanti dopo la conferenza stampa di ieri del Presidente Pittella. Per noi prima di pensare ai “verdiniani in salsa lucana” o a non meglio precisate offerte di soccorso al Governatore da parte di non meglio precisate aree moderate e riformatrici, contraddistinte in pasato da atteggiamenti poco responsabili, sarebbe bene richiamare alle armi e mettere al servizio del “gladiatore” i cattolici. La nostra convinzione non è certamente una scelta maturata di improvviso, come folgorazione sulla via di Damasco, perché da sempre le vicende di profonda lacerazione del Pd ci preoccupano e “allarmano” i cattolici impegnati in politica che guardano con speranza al futuro dell’intera regione e di conseguenza alle nuove opportunità di benessere sociale.
In proposito, mi vengono in mente le parole dell’editoriale della rivista Civiltà cattolica di Padre Occhetta impegnato a misurare il grado di cattolicesimo presente nell’azione politica di Matteo Renzi: “Il baricentro a cui punta Renzi è strettamente intrecciato con la radice cattolica; è dunque una ‘radice che nutre’ e non una presenza organizzata che ispira un’azione del mondo cattolico, nonostante permanga un legame profondo della società con la cultura e la tradizione cattolica. Può bastare?”. Per noi la risposta secca, decisa e convinta è negativa. E dunque come sta accadendo per Pittella è tornato il tempo in cui i cattolici hanno l’obbligo morale di uscire dalle sacrestie e invadere il mondo seminando testimonianze di vita verace. E’ giunto il tempo in cui tutelare gli interessi di tutti e gestire la cosa pubblica con onestà e trasparenza deve essere sinonimo di preghiera. Una preghiera fatta non solo di parole sia pure belle, ma di gesti concreti perchè la politica ritorni servizio delle nostre comunità. Papa Francesco nello “storico intervento” da Strasburgo ha invitato i cattolici all’impegno sociale e politico. Assai confusa, tuttavia, è ancora la situazione esistente, non solo e non tanto nella diversa distribuzione delle presenze cattoliche nei vecchi partiti ormai esausti, espressione di una realtà politica in via di convulsa trasformazione, ma anche nello stesso retroterra cattolico, tanto sul versante del variegato e complesso associazionismo cattolico che su quello della gerarchia ecclesiastica.
Un’ indagine Ipsos rivela come le parole alle quali ci si sente più vicini, che suscitano sentimenti fortemente positivi, sono quelle che richiamano comunità e coesione: famiglia solidarietà, partecipazione, lavoro e bene comune. Da qui si deve ripartire per ridare fiducia ai cattolici. Ma perchè il processo di nuovo protagonismo dei cattolici in politica vada avanti è indispensabile per i cattolici individuare il contenitore della buona politica. Più che un atteggiamento, un cattolico con responsabilità nelle istituzioni deve spendersi per un progetto di vita.
“Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopodomani”. Sono parole di Aldo Moro in una lettera a Zaccagnini durante la sua prigionia. Quasi un monito per la seconda Repubblica alle prese con un passaggio altrettanto cruciale quanto quello del compromesso storico, quello delle larghe intese. E sono proprio le parole di Moro che possono diventare il motivo di impegno dei cattolici in politica, orgogliosamente protagonisti della stagione del compromesso storico, a farsi promotori di un’altra stagione di compromesso tra le anime-correnti-gruppi del Pd e nel centrosinistra, facendo prevalere quella ragione di Stato che ha segnato negli anni settanta la vita della Repubblica e che da noi si chiama Basilicata Bene Comune, che ha ispirato Pittella nei primi due anni di governo regionale e a cui continuiamo a credere.