Il Movimento 5 Stelle ha presentato nel pomeriggio a Matera la ricerca “Lavoro 2025” nel corso di un convegno promosso all’hotel San Domenico.
“Lavoro 2025 – ha spiegato la deputata lucana Mirella Liuzzi – descrive gli scenari futuri dell’economia italiana, stima il numero degli occupati nei prossimi dieci anni, le prospettive lavorative per i giovani, i modelli organizzativi del lavoro, le professioni che vedranno crescere il numero di impiegati e quelle che invece tenderanno a scomparire, il tipo di forma che assumeranno i conflitti di lavoro. Crediamo che il mondo del lavoro sta cambiando ed importante avere un approccio scientifico per capire le politiche da intraprendere per affrontare i cambiamenti della globalizzazione e della tecnologia. Abbiamo affidato a diversi esperti uno studio commissionato dal nostro gruppo parlamentare guidato dal nostro sociologo Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del Lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma e lo abbiamo presentato ad inizio anno a Montecitorio. Claudio Cominardi e gli altri colleghi della commissione Lavoro stanno portando i risultati di questo studio in tutta Italia e anche all’estero. Oggi è arrivato il momento di Matera”.
Perchè Lavoro 2025? “Perchè dieci anni fa quando è cominciato lo studio ci siamo dati una scadenza pari ad un arco temporale di dieci anni. Oggi ci sono cambiamenti importanti legati alle nuove tecnologiche che hanno fatto perdere posti di lavoro ma ci sono anche cambiamenti che offrono nuove possibilità, quindi siamo qui anche per raccontare quello che potrebbe essere il lavoro del futuro facendo riferimento anche alle proposte del Movimento 5 Stelle perchè proprio in vista di questi cambiamenti è giusto che ci sia un reddito di cittadinanza e maggiore investimento in cultura, istruzione e formazione e una diminuzione dell’orario di lavoro. Questo studio conferma questi aspetti che stiamo portando avanti dal 2005”.
La studio “Lavoro 2025” è stato llustrato da Claudio Cominardi, parlamentare della Commissione Lavoro del M5S: “La ricerca ha adottato il metodo Delphi e si è avvalsa dei contributi di undici prestigiosi esperti della materia: Leonardo Becchetti, Federico Butera, Nicola Cacace, Luca De Biase, Donata Francescato, Diego Fusaro, Fabiano Longoni, Walter Passerini, Umberto Romagnoli, Riccardo Staglianò, Michele Tiraboschi”.
Quali sono gli aspetti più importanti emersi grazie a questo studio? “Innanzitutto che ci sono una serie di variabili che intervengono nel mondo del lavoro in maniera pervasiva, innanzitutto la tecnologia. La tecnologia con i software e l’intelligenza artificiale toglie posti di lavoro ma crea anche ulteriori di opportunità. Bisogna gestire e governare questi fenomeni sociali”.
Rispetto al precariato cosa è emerso? “Un aspetto interessante è la differenza tra lavoratore analogico e lavoratore digitale. Il lavoratore analogico è quello che è nel mondo del lavoro da 30-40 anni e che magari vuole uscire perchè è stanco e demotivato. Ha esperienza ma gli mancano determinate competenze. Il lavoratore digitale, molto spesso disoccupato digitale, ha competenze informatiche tecnologiche, è bravo a lavorare in team, sa lavorare in smart working, conosce le lingue straniere. Ora stiamo perdendo queste competenze e perdiamo la possibilità di fare entrare questi giovani nel mondo del lavoro. Un ruolo importante lo gioca l’istruzione, il collegamento con imprese, centri di ricerca e università e la possibilità di fare politiche attive per i giovani che possano favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Siamo tra i Paesi in cui si va più tardi in pensione e al contempo abbiamo uno fra i più alti tassi di disoccupazione giovanile. Questo sicuramaente è una cosa da ribaltare”.
Esiste una ricetta per raggiungere questo obiettivo? “Non c’è una ricetta ma ci sono diverse cose che si possono fare. Per esempio investire in strutture e infrastrutture intelligenti, che abbiamo utilità sociale e alto indice di occupabilità. Per esempio gli investimenti nell’efficientamento energetico dei nostri edifici, quindi zero consumo del suolo e far ripartire le maestranze edili per una edilizia “verde”. I giovani devono essere formati adeguatamente, partendo dalle scuole primarie. Oggi il 65% dei bambini che si iscrivono a scuola faranno un lavoro completamente diverso da quelli presenti oggi e quindi per cercare di prevedere il futuro occorre introdurre anche materie tecnologiche sin dalla tenera età. Occorre intervenire sull’età pensionabile. Oggi andare in pensione a 70 anni vuol dire che non si dà la possibilità ad un giovane di entrare nel mondo del lavoro. Occorre sia incrociare la domanda e l’offerta di lavoro ma anche individuare strumenti di sostegno al reddito. Questa è una riforma economica e del lavoro. Dare la possibilità a chi perde il lavoro di avere per un determinato periodo di tempo un reddito consente di rimanere nella società. Ma non vuol dire regalare soldi. Chi riceve questo reddito deve fare formazione e offrire ore per la comunità locale e attivare così una maggiore propensione al consumo perchè chi ha un reddito lo spende immediatamente. Il reddito di cittadinanza è anche un’integrazione al reddito e questo crea un mercato buono legato ai beni di prima necessità”.
Michele Capolupo