La quarta Commissione consiliare (Politica sociale) presieduta da Massimo Zullino ha audito questa mattina la presidente dell’Aias di Melfi Onlus, Francesca Verrastro, in merito alla problematica dei termini dell’adeguamento delle strutture che erogano prestazioni sanitarie riabilitative, come disciplinato dalla legge regionale n. 28 del 2000.
La presidente Verrastro, dopo aver fatto riferimento al quadro normativo vigente in materia di autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria ( la numero 28 del 2000, la numero 1/2018 che ha integrato la legge regionale 30/12/2017 n. 39 e due delibere di Giunta regionale del 2017 e del 2018 con le quali la Regione disciplinava l’introduzione di ulteriori requisiti specifici per le strutture residenziali e semiresidenziali) ha ricordato “la sentenza della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 23 della legge regionale 39/2017 rispetto alla non riscontrata garanzia della presenza dei requisiti minimi di legge che – ha precisato – ha complicato ancor di più il quadro”.
“Si tratta di un tema – ha precisato – che è molto importante per la nostra struttura nella quale eroghiamo prestazioni riabilitative rivolte ad utenti che hanno disabilità gravi e che richiedono una presa in carico multidisciplinare. Operiamo sul territorio in sette sedi. Ci sono cinque ambulatori a Venosa, Palazzo San Gervasio, Lavello, Rionero e San Fele e due centri grandi di Matera e Melfi.
Essendo l’Aias struttura sanitaria – ha continuato – avevamo l’obbligo di adeguarci alla legge 28 che prevedeva come termine cinque anni. Successivamente la Regione aveva previsto altre norme che hanno consentito di allungare i termini di scadenza, fino ad arrivare a quella del 31 dicembre 2020. Ad oggi sono adeguati i centri di Venosa, Lavello, Palazzo e Matera. Entro fine anno, o al massimo per febbraio prossimo avremmo terminato le strutture di Rionero e San Fele. Rimane aperta la questione del centro di Melfi. I lavori sono già iniziati e sono al 50 per cento. In questi anni abbiamo investito almeno 2 milioni e mezzo di euro e per completare i lavori servono ancora più di un milione di euro. I fondi sono nostri, non abbiamo nessun finanziamento europeo o pubblico e abbiamo fatto ricorso ad istituti bancari”.
“La legislazione vigente – ha fatto presente Verrastro – prorogava i termini di adeguamento ai requisiti specifici fino al 31/12/2020, l’intervenuta sentenza della Corte costituzionale e una delle delibere di Giunta, la n. 1218/2017 (che prevede rilevanti cambiamenti per le strutture residenziali e semi-residenziali) pongono ulteriori e seri problemi per la continuità dei servizi riabilitativi in regime residenziale e semi-residenziale che richiedono, con massima urgenza, l’intervento del legislatore e del governo regionale.
Due gli aspetti sui quali diventa urgente intervenire – ha continuato Verrastro – prevedere un ulteriore termine per l’adeguamento delle strutture pre-esistenti e la revisione dei requisiti e dei termini per realizzare i relativi adeguamenti introdotti dalla Giunta regionale e il conseguente adeguamento dei meccanismi di remunerazione delle prestazioni erogate che devono essere modificati per comprendere i maggiori e significativi investimenti necessari a realizzare i richiesti adeguamenti”.
Sull’argomento sono intervenuti, oltre al presidente Zullino, i consiglieri Perrino, Pittella, Bellettieri e Trerotola.
La commissione ha quindi audito la presidente dell’Aspat Basilicata (Associazione Sanità Privata Accreditata Territoriale) Antonia Losacco accompagnata dal vice presidente Maristella D’Alessandro, in merito ai tetti di spesa e alle diverse problematiche sulle strutture private accreditate di specialistica ambulatoriale ed in particolare dei servizi di riabilitazione.
“Il settore della specialistica ambulatoriale – ha detto Antonia Losacco – è complicato, vario, e presenta diverse problematiche a seconda della specialità o branca di interesse a cominciare dalla difficile operazione di assegnazione dei tetti di spesa e non intendo solo il mero calcolo economico, ma tutto ciò che contrattualmente discende a cominciare sia dal ritardo dell’adozione dei provvedimenti che per i contenuti degli stessi. E’ giusto ricordare che nella passata legislatura si sono fatti dei tentativi per porre rimedio ad alcune disfunzioni e va riconosciuto che, per alcuni versi, sono state ridotte le distanze con alcuni privilegi del passato, ma le risorse sono insufficienti e il settore è sommerso da contenziosi vari che non permettono un’assegnazione precisa dei budget e un sereno rapporto tra le parti. Il peso maggiore è rappresentato dalla carenza di una programmazione relativa al calcolo dei fabbisogni e relativa assegnazione dei tetti di spesa, al fine di garantire la continuità assistenziale per tutto l’anno”.
“Dal 2015 – ha aggiunto – tutti i provvedimenti sono stati impugnati e annullati dal Tar Basilicata, l’ultima delibera di Giunta n. 432/2019, per la quale il presidente Zullino aveva chiesto la revoca in autotutela è stata anch’essa impugnata e per tutta risposta l’Asp ci ha convocato per il 14 ottobre prossimo per sottoscrivere l’ennesimo contratto, basato anch’esso su un calcolo che discende da atti fatti senza nessun confronto. Questo scenario di incertezza dovuto appunto alla mancata programmazione perdura da anni e i tre indicatori su cui deve poggiarsi la composizione di un tetto contrattuale fabbisogno, appropriatezza e controlli sono tutti disattesi”.
“Per quanto riguarda il fabbisogno – ha detto – bisognerebbe calcolare il reale fabbisogno assistenziale, originatosi secondo il principio della libera scelta del cittadino e che tenga conto dei Lea (livelli essenziali di assistenza) e, invece, dal 2011 non se ne parla.
Relativamente all’appropriatezza, bisognerebbe agire su questo aspetto per realizzare le economie necessarie per riqualificare i tetti di spesa e chiarire però, i vari confini dell’ appropriatezza: clinica, prescrittiva, erogativa. Per quanto riguarda i controlli, non si contesta l’azione di controllo, ma si censura il metodo che, in un quadro di risorse limitate, sembra volto esclusivamente al recupero di somme a scapito dei centri erogatori, non ci si preoccupa minimamente di istituire un regolamento, così’ come previsto dalla norma, un sistema di controllo con la definizione, a monte, di regole condivise”.
“Questa condizione – ancora la presidente Losacco – oltre a creare un clima di incertezza, non crea serenità di lavoro e ciò potrebbe incidere anche sulla qualità delle prestazioni erogate, ed inoltre sarebbe auspicabile prevedere un contratto di durata almeno triennale, come avviene per le strutture ex art. 26. In ultimo si porta all’attenzione di codesta commissione il fenomeno dell’abusivismo in riabilitazione o meglio casi di sospetto esercizio irregolare dell’attività sanitaria di fisioterapia da parte degli studi professionali, la cui attività non risulterebbe conforme a quanto previsto dalla vigente normativa regionale e nazionale”.
La vice presidente Aspat, Maristella D’Alessandro ha auspicato “un’integrazione con il sistema sanitario pubblico come punto di arrivo. Come punto di partenza, ci accontenteremmo della parità di trattamento nel sistema ambulatoriale unico tra strutture ex art.26 ed ex art 25. Non siamo un ‘vero privato’ anche per questo la ‘navigazione a vista’ in assenza di programmazione non aiuta. Rivendichiamo linee guida. In questa regione tutto ciò è ignorato e ci si ostina a tenere in vita linee guida sulla riabilitazione risalenti al 2004. Bisogna adeguare il passo della regione Basilicata a quello delle altre regioni, dove il sistema della riabilitazione è stato rivisto e riorganizzato”.
Alla discussione sono intervenuti i consiglieri Pittella, Perrino e Trerotola.
Ai lavori erano presenti oltre al presidente Zullino (Lega), Marcello Pittella (AB), Carlo Trerotola (Prospettive lucane), Gerardo Bellettieri (Fi), Gianuario Aliandro (Lega), Vincenzo Baldassarre (Idea), Giovanni Vizziello (FdI), Piergiorgio Quarto (Basilicata positiva) e Giovanni Perrino (M5s).