L’Associazione Nazionale dei Consumatori Rete Sociale Attiva si è fatta portavoce delle preoccupazioni derivanti dalla proposta di legge su “modifiche alla Legge regionale n. 30/2014 – contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”, portata all’esame della quarta Commissione del Consiglio regionale di Basilicata.
La ludopatia, conosciuta anche come gioco d’azzardo patologico (GAP) – dichiara l’avv. Luisa Rubino, responsabile dell’Associazione di consumatori – costituisce un gravissimo fenomeno con implicazioni di carattere economico, sanitario e sociale di proporzioni importanti per la popolazione coinvolta.
Il fenomeno, in allarmante crescita anche nella regione Basilicata, non esclude davvero nessuno: donne, uomini, lavoratori, disoccupati, anziani, ma soprattutto adolescenti e persino preadolescenti.
Anche le cifre che ci rimanda il Monopolio di Stato non lasciano dubbi circa l’emergenza sociale che stiamo vivendo: 750 milioni di euro dei lucani inghiottiti dal vortice del gioco d’azzardo nel solo anno 2016.
La criticità della situazione socio-economica non ha frenato il fenomeno ma, anzi, ha portato ad incrementare l’illusione pericolosa di cambiare la propria vita attraverso una vincita al gioco, lasciando il proprio destino nelle mani della fortuna.
La Legge regionale n. 30 del 27/10/2014 e successive modificazioni rappresenta una importante presa di coscienza dell’allarmante diffusione fenomenica, imponendo interventi tesi alla prevenzione e al contrasto del gioco d’azzardo patologico.
L’aspetto più rilevante della legge è sicuramente l’obiettivo di “prevenzione logistica”, in base al quale tra i locali ove sono istallati gli apparecchi da gioco e determinati luoghi di aggregazione e/o permanenza di fasce vulnerabili della popolazione (gli istituti scolastici, gli oratori, i centri sportivi, i centri sociali e luoghi nei quali vi sono prevalentemente giovani, strutture residenziali o semi residenziali operanti in ambito sanitario o socio – assistenziale e strutture ricettive per categoria) deve intercorrere una distanza minima non inferiore a 500 mt (misurati per la distanza pedonale più breve), ritenuta ragionevolmente idonea ad arginare i richiami e le suggestioni del gioco d’azzardo.
Va precisato che queste previsioni, per quanto importanti, in molti comuni lucani non sempre hanno trovato applicazione e spesso sono risultate ancora insufficienti. Non sono mancate le segnalazioni e le richieste di intervento in tal senso da parte delle associazioni, dei gruppi di aiuto per contrastare il fenomeno della ludopatia, delle famiglie, degli educatori, evidenziando, nel contempo, quanto il fenomeno abbia incidenza sul territorio lucano.
Tuttavia la proposta di legge su modifiche alla Legge regionale n. 30/2014, all’esame della quarta Commissione del Consiglio regionale di Basilicata, va in ben altra direzione: ridurre il “distanziometro”, prevedendo una distanza minima non più di 500 metri, ma di soli 100 metri dai luoghi sensibili.
La previsione ancor più allarmante è la ricollocazione delle sale con apparecchi da gioco in luoghi prossimi a centri giovanili, impianti sportivi ed oratori. Di fatto, la proposta di legge, snellendo sostanzialmente l’elenco dei luoghi sensibili, indebolisce l’intervento della L.R. n. 30/2014 proprio a tutela della salute e del benessere dei più giovani, che rappresentano la parte più fragile della società.
Eppure la Basilicata è purtroppo tra le regioni in cui si registra un incremento di minorenni che hanno sviluppato problemi legati al gioco. Questa emergenza non può e non deve essere subordinata ad interessi economici che, tra l’altro, non troverebbero soluzione alcuna in tali previsioni, se non il maggior radicamento sul territorio della problematica, causa di sovraindebitamento ed impoverimento nelle famiglie.
Anche in termini meramente economici, va rilevato che l’azzardo è uno strumento di povertà. Se le intere risorse economiche vengono spese per giocare non potranno alimentare la spesa per beni, servizi e attività di investimento, provocando un arresto del ciclo produttivo ed economico.
La peculiarità del settore è che, trattandosi di un monopolio di Stato, l’industria del gioco d’azzardo svolge tecnicamente un “servizio pubblico”. Tuttavia, alle entrate per lo stato si devono sottrarre i costi, davvero rilevanti, derivanti dall’assistenza per il recupero delle persone con problemi di dipendenza dal gioco.
L’auspicio – conclude l’avv. Rubino – è che, in tema di ludopatia, prevalga il benessere collettivo, attraverso interventi a sostegno delle fasce più giovani e vulnerabili della popolazione e di una economia etica, priva di sfruttamento delle dipendenze personali.
Nov 03