Cosa accadrebbe in un ipotetico scenario di chiusura del Centro Oli di Viggiano e di una parallela cessazione delle attività estrattive dell’Eni con conseguente interruzione delle royalties versate da Eni ai Comuni del bacino estrattivo della Val d’Agri? A livello locale l’area perderebbe 544 occupati con un calo del Pil locale da -10 a -4,8 punti, a seconda della velocità di chiusura. A livello regionale gli occupati in meno sarebbero 800, un calo dell’export del 5% e una riduzione del Pil dello 0,91% l’anno. È quanto emerso dalla ricerca dell’Ires Cgil di Basilicata nel rapporto presentato oggi a Villa d’Agri dal direttore scientifico Riccardo Achilli in occasione dell’incontro promosso dalla Cgil di Potenza dal titolo “Un futuro sostenibile per la Val d’Agri” con l’obiettivo di iniziare a programmare una riconversione industriale e ambientalmente sostenibile della Val D’Agri.
I DATI DELLA RICERCA
Per quanto riguarda gli effetti indiretti, dalla ricerca è emerso che nello scenario ipotizzato risulterebbero 1.300 occupati in meno. È importante notare che gli effetti indiretti sull’intera regione si sommano a quelli diretti riferiti alla sola Val d’Agri, per un totale di 1.800 occupati in meno su scala regionale complessiva, convertendosi in un calo del 1,4% dell’occupazione lucana totale. In uno scenario “brutale” in cui le royalties venissero completamente azzerate, il Pil della Val d’Agri perderebbe immediatamente il 10% del suo valore, assestandosi su poco più di 600 milioni di euro. In uno scenario più graduale di riduzione del 20% delle royalties ogni anno, quindi, il Pil della Val d’Agri avrebbe un calo del 2,05% nell’anno successivo all’anno “enne” di inizio delle previsioni, per poi assestarsi su cali inferiori negli anni successivi, con una perdita totale di 9,95 punti di Pil locale nell’arco di 12 anni. Nel caso di una riduzione del 10% annuo, ci sarebbe uno shock iniziale di (-1,02) punti di Pil e una perdita totale di 7,60 punti nell’arco di 12 anni. È ovvio che la perdita di Pil è tanto minore nei 12 anni di scenario previsionale quanto più graduale è la riduzione delle royalties.
Gli effetti di una eventuale chiusura del Cova si amplificheranno anche al livello regionale, fuori dalla sola Val d’Agri. Su indicatori quali l’export e il valore aggiunto regionale, gli effetti si farebbero sentire. Nella prospettiva di una chiusura del Cova, le esportazioni diminuirebbero di una percentuale compresa fra il 4% e il 5%. Gli effetti, poi, si farebbero sentire sul Pil regionale, e non solo a causa del calo delle esportazioni, ma soprattutto in ragione del minor gettito di royalties regionali che costituiscono, per la sola componente Eni (cioè la componente che sarebbe pregiudicata dalla chiusura del Cova) circa lo 0,6-1% della copertura della spesa pubblica regionale. I conti sono presto fatti: la spesa pubblica incide per lo 0,9% del Pil. Un azzeramento della componente Eni delle royalties peserebbe quindi per mezzo punto di Pil regionale in meno, cui va aggiunto il minore export, per un calo complessivo del Pil regionale di 0,91 punti, nel caso di chiusura totale del Cova e di parallelo azzeramento delle royalties pagate da Eni.
“Appare urgente – ha detto il segretario generale Cgil Potenza Vincenzo Esposito – affrontare i programmi di transizione delle attività che insistono in quest’area sollevando una discussione, aggiornando i contenuti già presenti nel patto di sito sottoscritto nel 2021 tra Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Regione Basilicata ed Eni. Si tratta di rendere concreti gli impegni assunti con quell’accordo con Eni in termini di utilizzo delle royalties e l’utilizzo delle sue tecnologie più innovative, per realizzare per tempo la transizione produttiva dell’area da qui ai prossimi quindici anni, in modo da poter gradualmente trasformare le attuali attività estrattive in quelle alternative dal punto di vista energetico ed ambientale. Il tutto permetterebbe di salvaguardare l’occupazione e l’intero tessuto economico e sociale dell’area, con un’attenzione particolare alla bonifica delle aree già fortemente compromesse dallo sversamento di greggio rilevato nei pressi del Cova di 400 mila tonnellate di greggio.
Queste scelte – ha ribadito Esposito – vanno fatte ora, non possiamo più attendere: Regione, parti sociali, mondo economico e produttivo, Eni, Total, da subito devono programmare la conversione produttiva dell’area, senza attendere il rinnovo delle concessioni estrattive previste per il 2029. Le scelte vanno fatte ora e devono avere un seguito in concomitanza del rinnovo delle concessioni affinché gli accordi possano essere declinati nell’utilizzo delle royalties e nell’impegno delle compagnie ad accompagnare questo processo mettendo a disposizione le loro migliori tecnologie. Parliamo di diversificazione economica, sostenibilità sociale e ambientale e di promozione di iniziative mirate alla transizione energetica e ad eventuali sperimentazioni di conversione produttiva per promuovere scelte precise seppure nell’ottica della gradualità del cambiamento. I progetti di sviluppo finora posti in essere sono del tutto insufficienti, e soprattutto, sono rimasti sulla carta. Vanno implementati e realizzati.
Per queste ragioni – ha concluso – chiediamo alla Regione Basilicata di farsi promotrice di queste istanze, al fine di anticipare i tempi e non farci trovare impreparati nel momento in cui le attività estrattive saranno esaurite. Le nostre preoccupazioni diventano allarmi nel momento in cui assistiamo, in un’altra grande vertenza, quella che attraversa il settore petrolchimico, in cui la società Versalis interamente controllata da Eni, improvvisamente dichiara di fermare la produzione degli impianti di Brindisi, Priolo e Ragusa senza fornire alcuna salvaguardia sull’impatto nei territori interessati alle dismissioni di tale scelta dal punto di vista occupazionale, ambientale, causando inevitabili forti ricadute socioeconomiche. Non possiamo permettere che uno scenario del genere si ripeta in questo territorio prima e in quello interessato da Total poi. Consentire che si lascino solo macerie non può essere una opzione. L’iniziativa di oggi ha lo scopo di porre in essere tutte quelle azioni per affrontare la giusta transizione e programmare una possibile prospettiva di sviluppo di quest’area. L’unica via per evitare derive sbagliate è tenere fermo l’obiettivo del lavoro, dei diritti del lavoro e dei territori contro le logiche della speculazione , dello sfruttamento”.
Ha aggiunto il segretario generale Filctem Cgil Potenza, Francesco Iannielli: “La transizione energetica va progettata dal punto di vista economico e produttivo e governata soprattutto dal punto di vista sociale e occupazionale. Immaginare una Basilicata senza estrazioni tra qualche anno (mi riferisco al rinnovo delle concessioni che scadono nel 2029) non è compatibile con una visione realistica e responsabile. Avremo bisogno di tempi più lunghi che dovremo essere in grado di utilizzare per progettare un futuro produttivo oltre le estrazioni di idrocarburi. Chiediamo l’istituzione di un tavolo permanente con Regione, Comuni, forze sociali e industriali e la previsione di un Fondo per la transizione alimentato da una parte delle royaltyes oltre che dalle compagnie energetiche oggi presenti, in modo da vincolare risorse per un progetto di reindustrializzazione del territorio in un’ottica di graduale abbandono delle fonti fossili”.
Per il segretario generale Filctem Cgil nazionale, Marco Falcinelli “la transizione va programmata, certamente. Ho però il timore che le grandi compagnie petrolifere pensino di proporre alternative di transizione che non hanno legami con la loro storia, che non garantiscono la stessa occupazione. Il 70% della produzione mondiale di energia – ha proseguito – utilizza petrolio e derivati. Anche se andiamo verso la decarbonizzazione dovremo usarlo ancora per trent’anni. Eni incrementa le attività estrattive ovunque nel mondo, tranne che in Italia. Qui in Basilicata estrae un terzo del potenziale. Non credo sia per l’esaurimento dei pozzi, ma per scelta politica: forse c’è la convinzione che in Italia non si possa più fare industria. Eni – ha fatto presente Falcinelli – in Italia sta dismettendo la chimica, con la complicità del Governo. Diventerà un problema enorme per tutte le filiere produttive. Stiamo andando in direzione opposta alle necessità europee di autonomia produttiva, e persino agli accordi firmati nei giorni scorsi a livello internazionale dallo stesso Governo. Dov’è la Confindustria in questo frangente? In questo momento in cui i progetti di Eni fanno male a tutto il Paese. Progetti, lo ribadiamo, che non hanno nulla a che fare con la decarbonizzazione. E non è vero che non impattano sull’occupazione. La riduzione, nel tempo, riguarda anche i lavoratori diretti, basta guardare quello che è capitato nell’organico della chimica Eni, più che dimezzato in pochi decenni; per non parlare dell’indotto. Rinunciare agli impianti di cracking significa rinunciare a chiudere il ciclo di riutilizzo dei rifiuti di plastica: non potremmo più processare in Italia l’olio pirolitico, appunto derivante dal riciclo della plastica. Le transizioni non si fanno senza coinvolgere le persone: non possiamo dire che devono iniziare con la perdita del lavoro”.
Hanno partecipato al dibattito anche Michele Margherita, vicepresidente di Confindustria Basilicata; Francesco Cupparo, assessore alle Attività produttive della Regione Basilicata; Fernando Mega, segretario generale Cgil Basilicata; Marco Zipparri, sindaco di Marsicovetere; Laura Genovese, delegata Filctem Cgil Potenza e Pino Gesmundo, segretario Cgil nazionale.
L’assessore alle Attività produttive della Regione Basilicata: il documento “richiama tutti ad un lavoro immediato perché gli effetti siano chiari già adesso. Dobbiamo adesso passare ad una nuova fase stringente affrontando problemi in gran parte risolvibili”
“Il rapporto della Cgil contente la simulazione della situazione territoriale del comprensorio nel caso in cui il Cova dovesse chiudere e le royalties destinate direttamente ai Comuni dovessero progressivamente esaurirsi ci richiama tutti ad un lavoro immediato perché gli effetti siano chiari già adesso. Ed è quello che vogliamo fare insieme alle parti sociali e datoriali e naturalmente ad Eni”. Lo ha detto l’assessore allo Sviluppo Economico, Francesco Cupparo, intervenendo a Villa d’Agri alla presentazione del settimo Rapporto Val d’Agri e Cova – situazione, impatti, prospettive.
Per l’assessore “la concertazione deve continuare sulla base di un cronoprogramma che stabilisca tempi e modalità di attuazione dei programmi. Dobbiamo adesso passare ad una nuova fase stringente affrontando problemi in gran parte risolvibili, si tratta soprattutto di verificare come l’Eni intende riorganizzare le proprie attività per il prosieguo della concessione”.
Cupparo ha quindi ricordato le conclusioni della riunione del 18 febbraio scorso del Tavolo della trasparenza dedicato proprio al futuro delle attività petrolifere in Val d’Agri. “A quattro anni dalla firma del Patto di sito sul comprensorio petrolifero – ha detto – è stato ripreso il confronto con i rappresentanti delle compagnie e delle parti sociali sullo sviluppo delle attività petrolifere nella fase della transizione energetica e sui temi della salvaguardia occupazionale, ma anche della tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini della zona. Bisogna sforzarsi di avere sempre uno sguardo doppio, uno che guarda all’oggi e uno che guarda al domani. Per il presente ci sono vertenze che riguardano l’indotto che vanno affrontate per non perdere nemmeno un posto di lavoro. Penso alla Maersk, di cui abbiamo parlato al Tavolo della Trasparenza. Ma non solo. Tutto il comparto dell’indotto richiede un attento monitoraggio”.
Tra gli strumenti indicati dall’assessore in questa nuova fase un aggiornamento del Contratto di Sito Val d’Agri che “a distanza di anni presenta non pochi limiti. È questo – ha detto – un metodo che superando la concertazione formale intendiamo riproporre nel rinnovato confronto con tutti i grandi player presenti in Basilicata, tra cui Stellantis, Hitachi, Barilla, Ferrero, chiamando non solo Total ed Eni ad investire in quelli che abbiamo chiamato ‘progetti non oil’ ma il mondo imprenditoriale nel suo complesso e a sostenere la programmazione di infrastrutture, attività produttive per superare i troppi gap che ci dividono dal centro-nord e creare occupazione qualificata e stabile rivolta principalmente ai nostri giovani laureati e professionalizzati.
Sono proprio i progetti non oil che possono rappresentare il banco di prova su come affrontare il dopo petrolio. Per quanto riguarda i progetti non oil in quota Eni, previsti dal “Nuovo Protocollo d’Intenti della Concessione Val d’Agri”, proseguono secondo un cronoprogramma che varia a seconda dello stato di avanzamento dei progetti stessi, in costante dialogo con la Regione Basilicata.
Cupparo, inoltre, ha annunciato un tavolo ad hoc sull’avanzamento dei progetti non oil e confermato la proposta: “Se le società petrolifere non ce la facessero a gestire e portare avanti progetti e programmi di spesa trasferiscano alla Regione le risorse finanziarie destinate. Naturalmente non intendiamo gestirle noi ma – ha detto – predisporre Avvisi Pubblici a favore dell’imprenditoria prima di tutto regionale e poi nazionale”.