“Sono passati ormai anni da quando l’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio annunciò ‘al mondo intero’ l’introduzione del reddito di cittadinanza. Disposizione legislativa innovativa per una nazione come l’Italia che a sentir dire avrebbe arrecato vantaggi indiscutibili all’occupazione del nostro Paese. Il dato analitico certo è che la misura in questione pesa sul bilancio dello Stato 7,2 miliardi di euro, una somma non certo irrisoria e da non sottovalutare. Ugualmente chiaro è che lo strumento in questione viene unanimemente considerato ad oggi una norma anti-povertà, in grado di alleviare almeno in parte i nefasti effetti pandemici”. Così il consigliere regionale di FdI, Piergiorgio Quarto. “Obiettivamente parlando il reddito di cittadinanza non suscita fiducia – prosegue Quarto -, non è in grado infatti di avviare un programma serio di politica economica con l’obiettivo di creare lavoro stabile nel lungo periodo. Il provvedimento rimane quindi fermo ad una natura prettamente assistenziale, un rimedio contro la lotta alla povertà, all’ indigenza, dalla portata transitoria, non certo da considerarsi come uno strumento di politica attiva del lavoro, caratterizzato come sopra evidenziato da costi enormi. Diventano invece auspicabili da parte del Governo Draghi rendere operative politiche strutturali che prevedano l’inserimento di nuove forze lavorative nel settore della Pubblica Amministrazione. Ci vuole un piano assunzionale di vasta portata, in grado di sopperire alla carenza cronica di personale, soprattutto in alcuni settori nevralgici ed essenziali come quello della Sanità, dei Beni Culturali, della Previdenza. Occorre venire incontro alle esigenze della collettività per continuare a dare qualità ai servizi offerti. Purtroppo il reddito di cittadinanza, così come strutturato, ha finito col favorire il lavoro nero con gravi e ovvi svantaggi per l’economia del Paese. I centri dell’impiego, strutture deputate ad assumere un ruolo fondamentale per il corretto evolversi della disciplina del reddito di cittadinanza, considerata l’esiguità del personale, la maggior parte del quale andato in pensione negli ultimi anni, ha continuato a svolgere solo pratiche burocratiche e non politiche attive di lavoro. Resta poi il dato di fatto negativo che in nessuna Regione è stata applicata la regola, aspetto prioritario della legge, che chi rifiuta il lavoro perde il reddito, manchevolezza gravissima. In Italia, inoltre, sussiste una pericolosa distonia, unica in Europa in tal senso, ossia abbiamo un Ente che eroga l’assegno, l’Inps e un altro, il Centro per l’Impiego, che dovrebbe fornire il servizio. “Le assunzioni derivate dal reddito di cittadinanza sono pochissime, gli incentivi previsti in tal senso non hanno praticamente mai funzionato, esistono detrazioni contributive molto migliori in altre disposizioni legislative. E allora – conclude Quarto -, alla luce di quanto esposto che significato, che giudizio dare al reddito di cittadinanza? Solo una misura a sostegno della povertà, che bisogna sforzarsi di rendere veramente al servizio dei poveri, degli indigenti, dei bisognosi e magari di colpire con sanzioni più severe i furbi, tanti, che ne usufruiscono indebitamente, appropriandosi di somme di denaro non certo di loro spettanza”.
Set 28