Il documento, sottoscritto da Cifarelli, Robortella, Giuzio, Perrino, Bradascio, Mollica e Romaniello, prevede l’adesione della Regione alla rete nazionale delle amministrazioni pubbliche anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.
Approvata dal Consiglio regionale (con i voti favorevoli di Benedetto – Cd, Bradascio – Pp, Pittella, Cifarelli, Giuzio, Castelgrande, Polese, Robortella, Santarsiero e Spada – Pd, Galante – Ri, Pietrantuono – Psi, Romaniello – Gm, Perrino – M5s ed il voto contrario di Rosa – Lb-Fdi) una mozione del consigliere Mario Polese del Pd sottoscritta anche dai consiglieri Cifarelli, Robortella e Giuzio (Pd), Perrino (M5s), Bradascio (Pp), Mollica (Udc) e Romaniello (Gm) che impegna il presidente della Giunta regionale “a predisporre, attraverso gli uffici regionali, gli atti amministrativi utili all’adesione della Regione Basilicata alla Rete Ready e quelli per l’implementazione di uno Sportello di ascolto e accoglienza finalizzato a rimettere al centro la “persona” e i suoi diritti”.
Polese e gli altri firmatari della mozione, spiegano nel documento che “la regione Basilicata assume come valore di carattere generale il principio del rifiuto di qualsiasi violazione della dignità propria di ogni essere umano e intende adottare azioni rivolte a prevenire e contrastare ogni forma di marginalizzazione, di discriminazione personale e sociale o di violenza verso le persone o le categorie di persone soggette a tali rischi. Le politiche regionali devono essere orientate a rispondere ai bisogni delle persone contribuendo a creare un miglioramento della qualità della vita e un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi e l’affermazione e la tutela dei diritti umani costituisce il presupposto indefettibile per la costruzione di una compiuta cittadinanza”.
“Le persone omosessuali e transessuali – si legge nella mozione – sono ancora a forte rischio di discriminazione laddove perduri una cultura condizionata da stereotipi e pregiudizi. Nell’anno 2006, su iniziativa di un gruppo di amministrazioni regionali e locali è nata la Rete Re.a.dy. (Rete nazionale delle amministrazioni pubbliche anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere),con l’obiettivo di mettere in sinergia l’azione delle pubbliche amministrazioni per promuovere sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone omosessuali e transessuali, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e a creare un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi”.
“A tale rete – è scritto nel documento – possono, attraverso la sottoscrizione di una Carta d’intenti, aderire, Regioni, Province, Comuni, associazioni, organismi di parità e ad oggi risultano iscritte 7 Regioni (Toscana, Piemonte, Lazio, Marche, Emilia Romagna ecc..), 11 Province, 63 Comuni, 3 organismi di parità ecc. La rete Re.a.dy ha altresì avviato, a livello nazionale, rapporti con l’Istat, il Miur e l’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, costituito in modalità interforze tra Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato)”.
Nota di Maria Anna Fanelli, Consigliera Regionale Effettiva di Parità su “Diritti delle persone Lgtb”
L’ approvazione da parte del Consiglio Regionale della Mozione del Consigliere Mario Polese(approvata con i voti favorevoli di Benedetto – CD, Bradascio- PP, Cifarelli, Giuzio, Castelgrande, Polese, Robortella, Santarsiero e Spada – PD, Galante – RI, Pietrantuono- PSI, Romaniello – GM, Perrino – M5S) relativa ai diritti delle persone Lgtb, in una piccola regione quale la Basilicata poneun tassello molto importante per incrementare ed avviare ulteriori “percorsi virtuosi di buone prassi” volte a diffondere la cultura dell’uguaglianza e del rispetto delle diversità contro ogni forma di discriminazione ed emarginazione e per la “diffusione e la promozione di una cultura non violenta, antisessista, antirazzista” che vuole coinvolgere le comunità affinché le capacità relazionali e la libertà di coscienza caratterizzino sempre più la Società.
Tale atto del Consiglio Regionale lega l’attività istituzionale ad aspetti della vita sociale e rimuove la convinzione che la pratica politica di tutti i giorni “si occupa solo di chi conta”
La Mozione pertanto ha comportato l’adesione dell’ Amministrazione Regionale alla rete RE.A.DY.: Rete Nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere per avviare politiche che favoriscano l’inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali, sviluppando azioni positive e promuovendo atti e provvedimenti amministrativi che tutelino le discriminazioni.
Sulla base di tale approvazione il Presidente della Giunta Regionale Marcello Pittella tramite gli uffici competenti chiederà la predisposizione di tutti gli atti amministrativi per l’adesione alla Rete ma anche per uno Sportello di ascolto ed accoglienza finalizzato a rimettere al centro la persona ed i suoi diritti.
La Consigliera di Parità Mari Anna Fanelli annuncia sin da ora l’adesione del suo Ufficio alla Rete RE.A.DY, presentata, peraltro, a Matera il 4 luglio dalla portavoce del Collettivodonnematera Vanessa Vizziello, nell’ambito dell’Iniziativa curata proprio dall’Ufficio della Consigliera Regionale di Parità, svoltasi presso La Sala degli Artisti dell’ex Ospedale San Rocco, nel corso di un’intensa giornata di lavoro, e ricorda di aver già aderito, nel corso delle successiva Assemblea del 22 aprile alla richiesta del Colletivodonnematera circa l’istituzione comunale del Registro delle unioni civili.
Ricorda, inoltre, le altre importanti proposte presentate il 4 luglio a Matera dalla Vizziello relative a) all’ istituzione di una casa rifugio per donne vittime di violenza a Matera; b) agli investimenti sulle nuove generazioni, con modelli esemplari di politiche giovanili; c) alla creazione di politiche di sostegno al lavoro delle donne con servizi che permettano di conciliare i tempi di lavoro con gli impegni familiari; d) al potenziamento dei consultori famigliari e giovanili gratuiti; e) al sostegno ad attività di informazione/formazione.
L’adesione della Regione alla Rete RE.A.DY è un concreto avvio ed espressione di una “rivoluzione pacifica e di un coraggio di cambiamento per una battaglia di civiltà”che spinge ad occuparsi dei più deboli toccando tematiche scomode lasciate ai margini delle Istituzioni contro ogni forma di vile aggressione verso l’omofobia e la transfobia che si manifestano in modo diversificati dalle “offese verbali alle minacce fino alle aggressioni fisiche che certo vanno combattute in quanto l’essere bersaglio di odio produce conseguenze negative e quindi, malessere, esclusione disagio in più ambiti culturali, sociali e lavorativi”. E’ per questi motivi che in Basilicata l’ARCYGAY, presieduto da Nadia Girardi, porta avanti un impegno che è indirizzato, come dimostra l’attività dell’ avv. Morena Rapolla e della dott.ssa Chiara Sassano, a supporto psicologico e legale delle vittime oltre che in un’ampia e consolidata azione di prevenzione dell’omofobia, ed a Matera sempre il 4 luglio, sempre nell’ambito dell’Iniziativa dell’Ufficio della Consigliera di Parità, tutto ciò e stato sottolineato e ricordato.
A seguito dell’approvazione della Mozione senz’altro verranno portate avanti quelle iniziative, costantemente proposte da Antonella Giosa, Vice Presidente di ARCYGAY Basilicata, che troveranno ulteriore espressione in Campagne di sensibilizzazione pubbliche e, perché no, la collaborazione di realtà quali OSCAD, e cioè l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli atti discriminatori, nonché l’attenzione e l’impegno dell’ Ufficio della Consigliera di Parità che opera contro le discriminazioni a sostegno di una Cultura della Parità volta a riconoscere le diversità quali ricchezze, diversità di cui sono portatrici e portatori le donne e gli uomini, diversità che certo vanno riconosciute, ma coniugate nel rispetto reciproco.
Regione Basilicata aderisce alla Rete Ready, nota Collettivo Donne Matera
Il Consiglio regionale lucano ha approvato la mozione che segna l’apertura della Basilicata a un confronto costruttivo sulle tematiche dei diritti civili.
Il Collettivodonnematera nel suo lavoro quotidiano contro le discriminazioni, applaude la scelta del Consiglio Regionale che ha approvato l’adesione della Regione Basilicata alla rete RE.A.DY, rete delle Pubbliche Amministrazioni impegnate nelle attività di prevenzione a contrasto delle discriminazioni legate all’orientamento di genere e all’identità sessuale; lo stesso è uno degli obiettivi del neo Comitato costituitosi a Matera per l’istituzione del Registro delle Unioni Civili.
Il Collettivodonnematera si augura che a livello regionale ci sia concordia nel proporre e nell’affrontare tematiche nuove con la necessaria accortezza e delicatezza per il rispetto di tutti i punti di vista. L’unica preoccupazione è quella nei confronti della mozione Pace, in calendario domani in Consiglio regionale, che ci sembra non coerente con il principio anti discriminatorio approvato oggi dallo stesso Consiglio.
Il Collettivodonnematera invita l’organismo regionale a prendere il tempo necessario per affrontare al meglio una riflessione significativa prendendo spunto proprio dalle proposte e dai progetti della rete RE.A.DY. che dal 2006 affianca le Pubbliche Amministrazioni sul territorio italiano. E’ inutile farsi prendere da paure e pregiudizi.
Franco Palazzi ha inviato alla nostra redazione una nota relativa alla mozione varata dal Consiglio Regionale. Per chiarire alcuni punti sulle dinamiche della sua
iniziativa, appoggiata da numerosi accademici esperti dei temi in discussione, riportiamo una nota di commento agli avvenimenti delle ultime ore e, subito sotto, il testo originario dell’appello, con i nomi dei firmatari.
Sono ore strane per i diritti civili in Basilicata. Nell’arco di due giorni, il Consiglio Regionale ha approvato due mozioni di segno opposto: volta ad impegnarsi a porre in essere tutte le azioni necessarie per il rispetto delle persone LGBT la prima, incentrata su una critica sinceramente poco comprensibile ad una presunta ‘teoria del gender’, la seconda.
Poiché sento, nel mio piccolo, di aver contribuito alla singolarità della situazione, affido a questa nota alcune considerazioni che vorrei condividere con tutte e con tutti. Stamattina, sulla prima pagina del Quotidiano della Basilicata, inizia una mia riflessione sulla seconda delle mozioni varate ieri. L’intervento prendeva la forma di una lettera aperta al presidente Pittella, cui era stata inviata ieri mattina, affinché prendesse posizione in prima persona di fronte ai rischi che tale provvedimento
palesava. Per quanto non emerga in modo del tutto chiaro dalle pagine del giornale, che inevitabilmente ha dei limiti di spazio da rispettare, l’appello era stato
firmato, in una manciata di giorni, da studiose e studiosi che di identità di genere si occupano in ambito accademico, in Italia e all’estero, oltre che da alcuni
professionisti e da un giovane dirigente politico. (Per amore di verità, il testo in questione e l’elenco completo delle adesioni sono disponibili al termine di questa
nota).La tempistica dell’iniziativa, a seguito di una serie impressionante di fraintendimenti con ambienti sia politici che non, appare certamente non tra le migliori: la lettera intendeva, prima che i decisori traessero le proprie conclusioni, stimolare un dibattito pubblico che di fatto non ha avuto modo di svilupparsi, frenato
dall’azione straordinaria di un Consiglio che in due giorni ha deliberato su una molteplicità di questioni. Ciò che credo resti valido, in ogni caso, è il suo contenuto
informativo: la mozione sulla ‘teoria del gender’ è il risultato di una serie di fraintendimenti, in parte probabilmente dovuti allo scarso spessore della annessa
controversia polemica a livello nazionale, e pone la regione in una posizione non facile in riferimento a molte questioni (rispetto delle persone LGBTQI, presa d’atto
dello stato dell’arte nell’ordinamento giuridico italiano e di alcune recenti pronunce di corti italiane ed europee, utilizzo responsabile dei saperi scientifici ed umanistici
nella sfera pubblica, per fare degli esempi).Dispiace che un documento così controverso su un tema di grande delicatezza sia stato approvato a tempo di record
alla fine di Luglio, quando l’attenzione della cittadinanza non è certamente ai massimi e le possibilità di intavolare una discussione seria ed argomentata
risultano minime.La nostra lettera, che voleva essere un ammonimento,
diventa ora, ad uno sguardo retrospettivo, un’amara costatazione: per quanto si agisca con rapidità ed autorevolezza, è sempre più difficile ottenere un
confronto trasparente e non ideologico su certi argomenti.
Mi auguro, infine, che le parole condivise da tanti addetti ai lavori portino ad avviare una riflessione critica sugli avvenimenti concitati degli ultimi giorni.
Franco Palazzi
Alla spettabile attenzione del Presidente della Regione
Basilicata, Dott. Marcello Pittella.
Gentile Presidente,
Le scriviamo in merito alla mozione presentata in Consiglio Regionale lo scorso 21 Luglio da 9 consiglieri, afferenti a forze politiche sia di maggioranza che di
opposizione, riguardante il contrasto all’introduzione di una presunta ‘teoria del gender’ nelle scuole pubbliche della regione. Tale teoria, scrivono i firmatari, vorrebbe ‘come imposizione dall’alto, che tutti noi, compresi i bambini, non diciamo più “io sono maschio” o “io sono femmina”, ma “io sono come mi sento”’.
Al netto di qualunque rispetto o tutela per l’espressione di posizioni di valore in seno al dibattito politico, crediamo che una tale formulazione, e la mozione nel suo
complesso, si basino su un grave fraintendimento della realtà, ponendosi a livelli di disinformazione che certamente non meriterebbero di essere incorporati negli
atti di una istituzione. Ciò che risulta particolarmente pericoloso ai fini della qualità del dibattito pubblico, cui pure i rappresentanti dei cittadini dovrebbero
prendere parte con la massima responsabilità, è l’arruolamento arbitrario del sapere scientifico, compiuto dagli autori del documento, a sostegno di determinate
convinzioni. Ci sembra opportuno ribadire, pertanto, che non esiste alcuna ‘teoria del gender’ – come già confermato, tra l’altro, dall’Associazione Italiana di Psicologia e della Società Italiana delle Storiche – , ma un complesso ambito di ricerca, quello degli studi di genere, che coinvolge da decenni una pluralità di discipline, dalla medicina alla filosofia. Attestandosi su posizioni tutt’altro che in linea con quelle della comunità scientifica, i firmatari della mozione arrivano a scrivere che ‘il “genere” sarebbe un costrutto psicologico che cambierebbe e si modificherebbe
a seconda delle epoche e dei contesti culturali’, con un uso del condizionale che sembra presentare questa affermazione come una stravaganza propugnata da qualche bizzarra concezione. Che il genere (il riconoscersi ed essere riconosciute/i come uomini o donne, o anche come nessuno dei due, con tutto quello che ne deriva in un dato ambiente storico, geografico e sociale) non discenda deterministicamente dal sesso (il venire registrate/i come maschi o femmine all’anagrafe in base a caratteristiche cromosomiche, ormonali, anatomiche, ecc.) costituisce
un’evidenza ampiamente accettata sia dalla scienza medica che dalle scienze sociali, indipendentemente dai convincimenti valoriali individuali.
Quest’ultima considerazione non è marginale, una volta appurato che l’inesistenza di una qualche teoria o ideologia del gender (i due termini sono sovente impiegati
come sinonimi dagli organi di informazione) è rilevata, volendoci limitare a due esempi, tanto dalle associazioni che si battono per i diritti delle persone LGBTQI, quanto da docenti di teologia in università pontificie. Non si tratta, dunque, di distinguere tra valori veri e falsi, ma tra buoni e cattivi argomenti.
Purtroppo, anche le argomentazioni fallaci possono produrre effetti politicamente rilevanti. Ne è la riprova il passaggio della mozione in oggetto che recita,
confondendo implicitamente genere, sesso ed orientamento sessuale : ‘in alcune scuole vengono proposte, e si vorrebbero imporre per legge, fiabe come “Perché hai due mamme”, “Perché hai due papà” o altre che promuovono apertamente la transessualità come “Nei panni di Zaff” o “Il bell’anatroccolo” che indirettamente invitano i bambini e gli studenti a “scegliere il proprio genere”, ignorando le proprie origini biologiche’. Eccoci dunque al punto più rilevante: il fantoccio del ‘gender’ porta, in ultima analisi, a far sì che nelle nostre scuole non venga
data alcuna rappresentazione di realtà familiari non conformi ad un certo ideale.
Ricordiamo, in questo proposito, che al di là dei convincimenti personali su temi quali, ad esempio, le adozioni a coppie omosessuali, l’ordinamento italiano
consente già ai comuni di trascrivere unioni tra persone dello stesso sesso contratte all’estero – pur mancando ancora il riconoscimento dei diritti corrispondenti. Il
medesimo giorno in cui la mozione era presentata, inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato il nostro Paese per la propria inadempienza in materia, non avendo al momento previsto il legislatore alcuna
disciplina delle unioni civili tra persone omosessuali. Non ci soffermiamo, per carità di patria, sull’ipotesi che qualcuno voglia promuovere nelle scuole la transessualità
a danno della legittimità di scelte identitarie differenti. Richiamiamo soltanto alla memoria, per amor di precisione, l’esistenza di una legge, la 164/1982, che
rende perfettamente legale in Italia la rettificazione di attribuzione di sesso. Peraltro, la prima sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 15138/2015, ha
recentemente disposto che il cambiamento del sesso anagrafico possa effettuarsi anche in assenza di un’operazione chirurgica di riassegnazione dello stesso.
Tutto questo per dimostrare che esistono già, nel nostro Paese, realtà che qualcuno preferirebbe bollare come mostruose o apocalittiche – e che invece meritano pieno
rispetto. In tal senso, poniamo l’accento sulla necessità di promuovere, anche nelle scuole lucane, programmi volti al contrasto del bullismo omotransfobico e degli
stereotipi di genere – a tali finalità si riducono quelle che, nel basso allarmismo che talora anima la bagarre mediatica, qualcuno ha definito addirittura come lezioni
porno.
In conclusione, ci auguriamo che la mozione del 21 scorso sia il prodotto di una mero errore di valutazione e che essa venga, pertanto, ritirata. In caso contrario, ci
appelliamo sin da ora a Lei ed alla maggioranza di centro-sinistra della quale è espressione affinché il nome della Basilicata e delle sue istituzioni non venga
associato a provvedimenti privi di fondatezza.Nell’attesa di un Suo cortese riscontro e restando a disposizione per eventuali chiarimenti,La salutiamo cordialmente.
Franco Palazzi, studente di scienze politiche, Scuola Superiore Sant’Anna (Pisa)
Anna Loretoni, docente di filosofia politica, Scuola Superiore Sant’Anna
Lorenzo Bernini, ricercatore in filosofia politica, Università degli Studi di Verona
Silvano Bertelloni, pediatra e adolescentologo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
Denise Amram, ricercatrice in diritto comparato, Scuola Superiore Sant’Anna
Elettra Stradella, Dipartimento di Giurisprudenza, componente del CUG, Università degli Studi di Pisa
Massimo Prearo, Marie Curie Fellow, Università degli Studi di Verona
Luca Greco, professore associato di sociolinguistica, Sorbonne Nouvelle – Paris III
Cirus Rinaldi, ricercatore in sociologia, Università degli Studi di Palermo
Gianfranco Rebucini, antropologo, ricercatore associato allo IIAC-Laios, Ècole des Hautes Ètudes en Sciences Sociales – Parigi
Carmen Dell’Aversano, professoressa associata presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, Università degli Studi di Pisa
Francesca Alby, ricercatrice in psicologia sociale, Sapienza Università di Roma
Anna Lorenzetti, assegnista di ricerca in diritto costituzionale, Università degli Studi di Bergamo
Luca Trappolin, ricercatore in sociologia generale, Università degli Studi di Padova
Michele Masulli, responsabile nazionale esteri e ambiente dei Giovani Democratici
Silvia Stefani, dottoranda in sociologia, Università degli Studi di Genova
Stefano Celentano, giudice presso il tribunale di Napoli
Alessandro Grilli, professore associato presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, Università degli Studi di Pisa