Sulla riforma sanitaria approvata dalla Regione Basilicata si registra l’intervento di Giuseppe Costanzo, Segretario provinciale Fials e delegato alla Sanità della Segreteria Regionale Confsal.
Con l’intervista di fine agosto, un classico della politica lucana per riconoscere verità scomode riducendone l’impatto, l’assessore alle Politiche della Persona, Prof.ssa Flavia Franconi conferma quanto affermato da noi e da altre sigle sindacali all’epoca: dietro la legge regionale di riforma sanitaria non c’era nessun disegno strategico di riordino ma semplicemente la necessità di ricondurre gli ospedali del territorio sotto l’ombrello protettivo di Potenza e di Matera per metterne i numeri insufficienti, sia sul piano economico sia delle attività, al riparo dai tagli del famigerato Decreto Ministeriale 70. Lo avessero ammesso con la stessa franchezza all’epoca ci saremmo evitati fraintendimenti, perdite di tempo, illusioni alimentate e successive delusioni. E invece no, nei road tour di presentazione e poi nelle lunghe discussioni, il mantra era di segno contrario: “il commissariamento dei piccoli ospedali non è la ragione della riforma”.
Una riforma in cui ha creduto talmente poco il governo regionale al punto che non sono stati attuati neppure corollari così semplici come i report sullo stato dell’attuazione. I risultati fallimentari sono invece sotto gli occhi di tutti: la fuga dei pazienti dalla periferia continua alimentando afflussi e affanno al San Carlo. Si è riusciti così nella difficile impresa di registrare nella stessa azienda la presenza di personale frustrato e demotivato per inattività e dipendenti stressati e preoccupati per gli eccessivi carichi di lavoro.
Nulla è stato fatto dalla direzione strategica del San Carlo per attuare quel modello annunciato di intensità di cure che consentirebbe concretamente di rivitalizzare gli ospedali del territorio e ridurre gli eccessi di carico. E se, come ammette la stessa assessora Franconi, in alcune specialità è difficile reclutare medici, ci sono invece precise scelte del management nelle carenze croniche di personale infermieristico, oss e Tecnici di Laboratorio etc che abbiamo denunciato più volte e che generano gravi difficoltà organizzative per i lavoratori . E’ difficile gestire, con un personale scarso, i tanti compiti necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti e la qualità del servizio, a partire dai livelli essenziali di assistenza che gli ospedale devono assicurare. Si espone così tutto il personale al serio rischio di danni psicofisici e si nega all’utenza un’assistenza adeguata.
Senza un disegno strategico per il rilancio degli ospedali del territorio disagi e difficoltà continueranno a crescere. La raffica di concorsi per assegnare numerosi posti di primario finisce così per rappresentare soltanto la risposta alle esigenze e alle ambizioni personali di professionisti qualificati ma comunque giunti al viale del tramonto con la “frustrazione” di non avere “completato” la carriera. E invece esperienze concrete e consolidate ci dimostrano che non serve allargare un’offerta standard che da tempo ha perso le capacità attrattiva. Bisogna invece puntare alla valorizzazione delle eccellenze, alle alte specialità che pure sono presenti negli ospedali del territorio e che possono rappresentare effettivamente poli di attrazione e volani di sviluppo: dalla fisiopatologia respiratoria di Pescopagano che attira pazienti da due diversi bacini di utenza campani (l’Alta Irpinia e l’alta e media valle del Sele) alla chirurgia bariatrica di Villa d’Agri che già costituisce il centro di riferimento regionale.
Voglio concludere questa mia riflessione sottolineando l’importanza di un annuncio contenuto nell’intervista e nelle dichiarazioni del dg Pafundi: se, come affermato con soddisfazione da entrambi, si è completato il piano di rientro dei vecchi debiti e i conti della sanità regionale sono in ordine, i management aziendali non hanno più alibi nel fare muro contro le richieste anche più semplici e modeste del personale. Il risanamento è stato anche frutto dei sacrifici dei lavoratori che ora hanno anche il diritto di ottenere qualche riconoscimento.