Rocco Guarino è decaduto dalla carica di presidente della provincia di Potenza dopo aver perso le elezioni comunali nel suo paese, Albano di Lucania. Di seguito la nota inviata da Francesco Mollica, già Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata: “Rocco Guarino, un buon presidente”.
Nel mio lungo percorso politico ed istituzionale ho conosciuto tantissimi amministratori, ognuno con un approccio istituzionale diverso , alcuni più interessati all’incarico ricoperto altri ,invece, più passionali e fedeli ad una ideologia politica e dunque più propensi al “fare”, con un “modus operandi” proteso verso la risoluzione dei problemi della comunità amministrata. Rocco Guarino, per me, rientra appieno in quest’ultima categoria,riconoscendogli, in aggiunta, quella rara dote di sapersi relazionare con pacatezza e moderazione.
Non a caso, ritornando indietro al tempo della decisione sulle candidature a presidente della provincia -nell’ambito del tavolo concertativo sulla questione,dove partecipavo anch’io – sul suo nome non ho avuto alcuna esitazione nell’esprimere il mio assenso, sapendo che sarebbe stato un buon Presidente.
E così è stato! E credo che il suo agire positivo venga riconosciuto da tutti e, mi dispiace ,che proprio la sua comunità non abbia compreso, ridandogli fiducia, l’importanza che il “suo Sindaco” ricoprisse anche il ruolo di Presidente della Provincia. Un agire improntato alla correttezza ma, anche, alla sfida di chi si ritrova a dover fare i conti con un presente difficile, cercando di svolgere al meglio, con poche risorse le pur significative e fondamentali funzioni attribuitegli , battendosi, però, per ripristinare il ruolo della Provincia , mentre insistono azioni volte a cancellarle dagli organismi istituzionali .
Un tema che ha sempre animato molte delle nostre chiacchierate e che ci trovava concordi nel ritenere folle la decisione partorita dal Governo Monti , con il Decreto SALVAITALIA, e pasticciata la Legge n. 56/2014 ( meglio conosciuta come Legge Delrio) che, non potendo abolirle con un colpo di spugna , necessitando di un iter complesso di revisione costituzionale , le ha trasformate “transitoriamente” in enti di area vasta .La legge Delrio, si sa, aveva l’arduo compito di ricollocare questi enti di area vasta con la relativa riassegnazione delle funzioni a loro destinate, oltre quello di attribuire le restanti funzioni agli altri livelli di governo: i comuni, le regioni e le neoistituite città metropolitane, creando confusione negli Enti sullo svolgimento delle deleghe. Non a caso , infatti , la maggior parte delle regioni ha riassegnato alla stesse province le vecchie funzioni, riconoscendogli quel ruolo chiave di intermediario con il territorio, confidiamo che lo faccia anche la nostra Regione.
Eppure non ci vuole molto a comprendere che è stata pura follia il solo immaginare che l’eliminazione di un livello amministrativo potesse risolvere la crisi economica dell’Italia ( in verità solo per le indennità degli eletti) e , mi dispiace dirlo, solo la non conoscenza del ruolo svolto dalle stesse negli anni ha consentito di pensare a conflitti di competenze o sovrapposizioni tra enti. Purtroppo, non sempre le argomentazioni che sottendono alle decisioni di governo, soprattutto se pensate sotto un profilo strettamente economico, anche se rivelatosi in seguito fallace , rispondono a giuste logiche , a posteriori la cruda verità ci dice che le cose sono andate diversamente.
Si è pensato più a tamponare l’esigenza della spesa pubblica che a pensare ad una disegno organico delle autonomie territoriali teso a tratteggiarne una nuova mappa, evidenziando, così, la netta prevalenza dei principi economico-finanziari rispetto all’autonomia ed al decentramento dei servizi.Nella realtà le Province rimangono esattamente al loro posto, senza modificare il proprio raggio territoriale ciò che è mutato, inconfutabilmente, è la percezione dell’Ente da parte dei Comuni e dei cittadini, che ne fanno parte Resta quindi ancora da capire che direzione dare al sistema delle autonomie locali, tra abolizione tramontata per le province e incostituzionalità dell’obbligo assoluto di associazione per i Comuni. Comuni che risultano fortemente danneggiati dalla manovra – molti dei quali versavano in situazioni economiche già precarie- con l’obbligo di aggregarsi ad altri per contenere la spesa pubblica, con il deludente risultato di offrire , alle comunità rappresentate ,servizi frammentati ed inadeguati oltre ad una tassazione esorbitante. Un dibattito attualmente in corso, nella conferenza Stato-Città, e conforta la considerazione che proprio i Sindaci, il cui ruolo avrebbe dovuto – nell’immaginario del Governo Monti , essere valorizzato dall’abolizione delle province, segnalino l’ esigenza di avere un ente intermedio tra comune e regione. Diversamente sarebbero costretti a far ricorso ad “una pluralità di agenzie, consorzi, ambiti e altri enti, con il tramonto definitivo di qualsiasi possibilità di razionalizzazione e semplificazione del sistema”.
Auspico, perciò, che il lavoro svolto finora da Rocco Guarino, a cui auguro di ritornare presto nel panorama istituzionale, non vada perso, e chi andrà a ricoprire quel ruolo , da amministratore esperto che conosce la consuetudine della continuità amministrativa, sappia apprezzarne il valore e perseverare nel “riprendersi la scena“ e, sempre nei limiti dei confini delle competenze assegnate, dimostrare al Governo centrale che la Provincia risulta indispensabile per la sopravvivenza degli stessi Comuni .