Giannino Romaniello, consigliere regionale di Liberi e Uguali, in una nota dichiara che il settimon rapporto Censis sulla Sanità pubblica conferma disuguaglianza di cura fra Nord e Sud.
Da una prima lettura del rapporto sulla sanità elaborato dal Censis, si conferma la tendenza già emersa nei rapporti precedenti di una forte diseguaglianza esistente nel paese fra Nord e Sud in tema di assistenza e cura dei cittadini della sanità pubblica. Una diseguaglianza che riguarda il numero dei cittadini che hanno rinunciato alle cure, le liste di attesa, il costo medio dei ticket come pure l’emigrazione sanitaria. Tutti indicatori che confermano l’aumento del divario fra le due aree del Paese dando al sud il primato negativo. La nascita di ventuno diversi sistemi sanitari non ha fatto altro che penalizzare le regioni più povere, quelle a PIL pro-capite più basso.
Una sanità a due velocità per aree territoriali e condizione sociale basti pensare che il 30% di coloro che hanno rinunciato a curarsi è concentrato in poche regioni del Sud e dei circa 12,2 milioni di rinunciatari nel 2016 (nel 2012, erano circa 9 milioni) ben 2,4 milioni sono anziani e un altro 2,2 milioni sono millennials cioè persone con una età che va dai 15 ai 35 anni che vivono con le famiglie.
Non si può che prendere atto del fatto che la regionalizzazione della programmazione e gestione della salute a livello regionale non ha giovato ai cittadini del sud dove, anche a seguito del fatto che la politica nomina i direttori generali, questi piuttosto che gestire in modo trasparente le strutture avendo come primo obiettivo quello di garantire la salute dei cittadini, rispondono al politico di turno che in aggiunta al suo compito di programmare come previsto dalla legge e controllare, esercita in modo improprio anche la gestione.
Fra commistione di ruoli, scarsa propensione alla trasparenza e in alcuni casi utilizzo delle strutture pubbliche per fini e attività private di professionisti, il risultato è quello evidenziato dal rapporto. In Basilicata ad esempio per le liste di attesa abbiamo una media di giorni pari a 57, stiamo meglio solo della Campania, Calabria, puglia e Sicilia persino il Molise sta meglio di noi; per non parlare della percentuale dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi. Anche per la nostra regione in particolare per quanto riguarda la rinuncia a curarsi incide in modo non secondario il costo del Ticket, infatti, siamo a una media di compartecipazione regionale pro capite di 47 euro in mezzo fra quella del veneto pari a euro 67, (la più alta) e quella della Sardegna pari a 33 euro. Anche su questo punto, siamo vicino al costo medio del ticket di regioni come Emila Romagna e Lombardia con le quali però non possiamo fare alcun paragone su qualità ed efficienza per prestazioni e strutture. Un dato, quello del costo medio molto influenzato dall’entità dei ticket sui farmaci molto alto rispetto alla media. Un ultimo dato significativo della percezione non positiva del servizio sanitario regionale che hanno i cittadini della nostra regione è dato dal trend dell’emigrazione sanitaria che in questi ultimi anni è continuata a crescere e che in molti casi riguarda anche interventi e cure non particolarmente complesse.
Insomma per chi vuole intendere, è arrivato il momento di chiudere un ciclo, sia politico e sia di gestione della sanità lucana, avviando un vero cambiamento di sia classe dirigente politica e sia amministrativa.