Rosa (Fdi-An): È partito il reddito di povertà. Ma chi sono i beneficiari? Di seguito la nota integrale
È partito il reddito di povertà. Per noi non è un gran successo. Per altri sì. O almeno così si desume dai toni trionfalistici che in questi giorni le Amministrazioni comunali stanno usando per pubblicizzare la partenza del programma.
Adesso che la platea è definita, abbiamo presentato un’interrogazione per conoscere chi sono questi beneficiari, che età hanno, che titolo di studio, se sono ex Copes o ci sono nuovi poveri, se con questo reddito mantengono una famiglia o sono single.
Non si tratta di conoscere i nomi. Ce ne guardiamo bene. Anzi troviamo alquanto sgradevoli le foto che abbiamo visto in giro. Si tratta, invece, di capire se questo reddito minimo finisce nelle mani giuste o è il solito intervento a pioggia; se tampona un problema, cioè dà un minimo sussidio a chi è fuori dalla platea del lavoro, o serve solo a creare nuovi schiavi che dipendono dall’assistenzialismo.
Non dimentichiamo le polemiche di chi è rimasto fuori dal reddito minimo. Molti fuoriusciti dagli ammortizzatori in deroga non sono rientrati tra i beneficiari. Così come molti degli ex Copes.
In tasca di chi finiranno questi soldi? Ci auguriamo in quelle di chi ha realmente bisogno e non di chi, per mero calcolo, ha magari spostato la residenza solo formalmente; a chi si trova ancora in età per cercare un lavoro ma non ne ha voglia perché aspetta il contentino.
Continuiamo ad essere contrari a questa forma di assegno di povertà. Abbiamo più volte sottolineato che la previsione di lavori socialmente utili in favore di un Ente pubblico significa solo una cosa: queste persone non avranno mai un lavoro che li renda autonomi. Come è accaduto per i Copes. Non si tratta, dunque, di avviamento al lavoro ma di un palliativo che va avanti da vent’anni.
Ad esempio, l’ACTA di Potenza li assumerà alla fine? O il Comune di Nemoli? No.
Inoltre, il minimo importo dell’assegno non permette una vita dignitosa. Non permette di mantenere una famiglia. Ma agevola forme di lavoro nero. Quanti avranno un’altra occupazione per integrare l’assegno di povertà?
Insomma, il reddito di povertà non è sviluppo ma l’ennesimo assistenzialismo. È più comodo avere schiavi sottopagati che persone libere ed autonome. È il classico stile di Pittella&Co..