Riportiamo di seguito l’intervento integrale del candidato segretario del Partito Democratico della Basilicata, Mario Polese, presentato nel corso di una conferenza stampa promossa stamattina a Potenza.
“Il 3 dicembre il Partito Democratico della Basilicata avrà il suo Segretario, un atto di grande responsabilità per tutta la comunità del Pd. Si apre un periodo di festa in cui finalmente ci potremo confrontare sul merito e dialogare su temi e proposte. C’è un fatto inequivocabile. Oggi finisce il tempo del partito regione e si apre l’era del movimento delle comunità democratiche.
Penso ad un partito che provi a dare risposte a quello che definisco il cerchio della politica, ossia le istanze del territorio, le politiche che si mettono in campo e le azioni che ne derivano, l’accountability (ovvero il processo di valutazione di domanda e risposta), e infine su tutto quello che si è fatto l’organizzazione del consenso. Voglio dare al Partito Democratico un approccio pragmatico e concreto perché le cose che contano sono quelle che si fanno. E non si può cercare la rottamazione purché sia, tanto meno pensare che tutto si risolva in un accordo tra blocchi di potere. C’è una idea, ci sono proposte e ne conseguono legittime ambizioni. Tutto questo è normale, è un processo in divenire, il trampolino per affacciarsi alla finestra e guardare il mondo che sta cambiando. Sarebbe un errore mortale non accorgersene o peggio pensare di reagire utilizzando modelli che sono retrò.
Ormai non ci distingue più il cosa, ma il come. Tutti siamo d’accordo su temi quali il lavoro, l’ambiente, la salute, la conoscenza, la democrazia nel Pd e fuori dal Pd. Il punto è il metodo. Ed è per questo che io penso che il primo punto su cui dobbiamo “rigenerare il partito democratico”, perché questa è un’opera di “rigenerazione”, sia proprio il metodo.
Ci vuole un patto chiaro tra le diverse generazioni, non solo dal punto di vista anagrafico ma anche sotto il profilo dell’esperienza istituzionale. Questo si traduce immaginando chi ci trasferirà l’esperienza con un passaggio del testimone, e chi dovrà avere invece l’obbligo di supportare, e di contro la certezza di poter crescere. Ambisco ad un Pd a vocazione maggioritaria e penso alla costruzione di una nuova leadership collettiva in un campo larghissimo di forze progressiste, dove un collante in più possa essere proprio il fattore generazionale, oltre che la comunanza di idee e principi, con il ritorno anche di chi oggi non è più nel Pd. Stiamo per celebrare un congresso fondativo dopo due anni di vacatio assoluta e totale di tutto ciò che attiene alle funzionalità di un partito e quindi alla democrazia.
Al patto delle generazioni si aggancia quello tra le città che devono prendersi per mano senza sciocchi campanilismi e abbracciare le periferie di questa regione. In un lavoro di rammendo, di mutuo sostegno, di costruzione di una identità senza steccati. Il vento della globalizzazione lo si affronta con la stabilità di una grande coesione interna accompagnata non da muri o recinti, ma dalla consapevolezza che possiamo offrire un contributo culturale di primo piano alla collettività nazionale. Penso dunque ad un partito caratterizzato da una forte mobilitazione cognitiva regionale volta alla costruzione in pochissimi mesi, con un lavoro serrato, plurale, non di parte, di una piattaforma programmatica che sia la base per la prossima legislatura regionale.
Per realizzare questi tre grandi obiettivi immagino in primo luogo il coinvolgimento dei resilienti, chi ha resistito finora nonostante non ci fosse una guida politica, amministratori e segretari di partito. Non sempre dobbiamo andare oltre l’infinito!
Il Pd, inoltre, deve accogliere la società civile, perché le comunità democratiche sono tante e aspettano solo di essere interconnesse. A questo aggiungo un partito dentro le istruzioni: non ha senso un partito estraneo e distinto dai percorsi amministrativi, è qui che si danno risposte alle comunità democratiche. Gli organismi immediatamente esecutivi e la costituzione dei dipartimenti speculari a quelli regionali con una rappresentanza territoriale ma anche di interessi legittimi comuni . Circoli aperti, unioni zonali, incontri periodici tra le comunità democratiche. Ricostruire un rapporto empatico con le comunità creando il dipartimento comunicazione, dando vita alle feste dell’unità nei circoli e la festa dell’unità regionale. In ultimo, istituire la scuola di formazione per amministratori, stop ai “turisti per caso” nelle amministrazioni pubbliche.
Non voglio più vergognarmi di dire che faccio politica, che la faccio in un partito e che questo partito si chiama Partito Democratico. Iscriversi al Pd dovrà essere motivo di orgoglio. Ed allora chiudo con un appello, prima ai miei sostenitori, poi a tutti: in politica non ci sono nemici ma avversari e i nostri avversari sono fuori e non dentro, sono i populismi. Basta con le tifoserie. Questo è un match da vincere insieme e sul campo, più polmoni e meno Twitter perché la partita non è solo il congresso del Partito Democratico, ma tutto quello che verrà dopo.
Viva il Partito Democratico e la Comunità dei Democratici lucani”