Alla luce del prossimo ulteriore sgombero in atto nei pressi di Bernalda ai danni di una ventina di migranti all’interno di un immobile, la cittadina bernaldese Katia Madia invita il Commissario del Comune di Bernalda, Mariarita Iaculli a promuovere un incontro con il “laboratorio politico Comune” e le forze sociali della città. Di seguito la nota integrale.
Le Istituzioni iniziano ad ascoltare la società civile.
Purtroppo lo avevamo detto, ripetutamente e come una carma, lo sgombero la cui pratica sembra essere ormai l’unica valida da seguire nel nostro territorio comunale, non serve a nulla se dietro sono inesistenti le pratiche e le politiche che danno risposte alternative ai ragazzi migranti che lavorano nel nostro agroalimentare.
Ancora una volta assistiamo a una politica da Far West dell’amministrazione Tataranno che decide scegliendo la soluzione più plateale quella, attenzione, non di capire quali evidenze mettere in campo per arginare il problema ma, come sempre, di toglierlo di torno perché scomodo, antiestetico…in poche parole: seguire la via più semplice.
Dal 2019, da quando cioè il sindaco ha sgomberato l’ex Felandina, i ragazzi hanno creato ghetti altrove e la possibilità che questo fenomeno si ripeta è ancora, ahimè reale: dall’ennesimo sgombero che si profila nascerà inevitabilmente un altro ghetto se le alternative non si trovano! Lo sgombero è e sarà il fallimento delle Istituzioni.
Chi pratica lo sgombero non conosce la storia del lavoro e delle campagne di raccolta, incluse le migrazioni che le generano in modo costante e, ripetuto nel tempo. I migranti, infatti, si spostano lì dove c’è lavoro e il Metapontino di qui a poco si riempirà di migranti perché in estate le nostre campagne offrono l’impiego necessario per molti di loro. I migranti che incontriamo a Metaponto sono gli stessi di San Severo (Foggia) o di Palazzo San Gervasio (Potenza) o ancora di Mazzara o chissà quanti altri posti del nostro Mezzogiorno, perché, ripeto, essi seguono la ciclicità delle stagioni, dei raccolti e quindi del lavoro.
Nulla di quello che succede in agricoltura non può essere programmato dunque, perché noi possiamo conoscerne i numeri, fin anche dell’acqua necessaria per irrigare i campi! A volte, quindi, mi chiedo se davvero si ha voglia di dare risposte alle domande che cerchiamo.
La società civile, tuttavia, in tutti questi anni, ha dimostrato che invece si possono mettere in campo esempi virtuosi e quelle risposte possono essere date senza necessariamente passare per le ruspe.
Casa Betania, a Serramarina, ne è la dimostrazione; rappresenta il precedente che cerchiamo. Un luogo messo in piedi grazie alla sinergia tra associazioni religiose comela Diocesi di Matera-Irsina o la Caritas e laiche come il Forum Terre di Dignità e Rete perlaTerra, nonchè imprese agricole quali la Primo Sole che hanno sviluppato un progetto in cui alcuni braccianti dell’ex Felandina hanno avuto una casa dignitosa, un contratto di lavoro stabile e pagato il giusto.
Voglio ricordare che non un euro in quel caso è stato speso di capitale pubblico in una rete che ha bypassato le istituzioni comunali, non trovandole accanto quando sono state cercate e che costantemente si sono rese non disponibili al dialogo e all’aiuto concreto. Fortunatamente non tutte, devo dire, la presenza del prefetto Rinaldo Argentieri sempre molto presente e disposto al dialogo ha rappresentato per noi una speranza di cambiamento.
E’ una goccia in un grande mare certo ma si può fare quindi se si vuole!
Possiamo fare tutte le battaglie civili e sociali contro il caporalato, ma le vedremo sfumare se l’amministrazione pubblica sarà indifferente, assente e irresponsabile come quella lucana palesemente è.
Ad essere penalizzati siamo tutti: braccianti, aziende agricole, cittadini, impegnati verso un cambiamento che non può e non deve essere vanificato da chi ci governa, e dalla malapolitica.
Come rappresentate della società civile insieme al gruppo di Laboratorio Comune chiedo pertanto al Commissario Maria Rita Iaculli di non procedere allo sgombero senza soluzione alternativa, di rappresentare quel cambio di passo che tutti noi cerchiamo e vogliamo, di costruire quel dialogo interrotto per capire quali possibili azioni possano essere messe in campo al fine tutelare i lavoratori braccianti che occupano lo stabile nei pressi della stazione ferroviaria di Metaponto oggetto di sgombero.