Si è svolto nel pomeriggio nella sala convegni della Camera di Commercio della Basilicata a Matera l’incontro di presentazione della “stesura definitiva” del “Manifesto per la Buona Politica”.
Il Manifesto si è congedato nella sua edizione aggiornata, arricchita dalle quattro giornate di approfondimenti.
La stesura, infatti, è il risultato dell’ampia partecipazione e condivisione dei suoi obiettivi che si è manifestata nei “4 incontri tematici” di approfondimento, che si sono tenuti nell’ultimo mese, e che definisce con sufficiente nitidità e ricchezza di proposte, quella “visione” di “Matera, città d’arte e cultura”, che sta alla base del “Manifesto”.
Sono intervenuti Vincenzo Viti che ha illustrato percorso ed obiettivi, Lorenzo Rota che ha illustrato il Manifesto per Matera futura e tre giovani Luca Iacovone, Luca Colucci, Maria Grazia Decuzzi sul tema dal “Manifesto per la Buona Politica” al “Manuale per la Buona Amministrazione”.
L’ideatore del Manifesto Vincenzo Viti ha definito il “Manifesto per la buona politica” un essenziale “passaggio esplorativo” verso una nuova dimensione della città, destinato a girare oltre l’orizzonte elettorale.
L’estensore del testo aggiornato del Manifesto Lorenzo Rota lo ha commentato come una mappa di valori e di obiettivi cui la nuova Amministrazione sarà chiamata a rispondere. Posto a servizio di una vera città di arte e di cultura.
Molto significative e apprezzate le tre testimonianze rese dai giovani promotori delle primarie in svolgimento domani a Matera.
Luca Iavovone ha sottolineato che è necessario riscoprire la politica come cantiere di qualità etiche e di profezia. Ci attende un grande lavoro fi cucitura fra generazioni”.
Luca Colucci ha dichiarato: “Riscopriamo il valore del “noi” sulle illusioni della solitudine virtuosa e soprattutto mettiamoci al servizio di un progetto di sviluppo e di liberazine”.
Maria Grazia Decuzzi ha ri badito che è necesario sottrarre il governo della realtà urbana alla approssimazione e al sistema di interessi , recuperare la Città al suo ruolo direzionale. Il Manifesto è una guida esemplare”.
Nel dibattito gli interventi di due tra i candidati alle primarie.
Adriana Viloletto: “Ho sottoscritto il Manifesto per adesione ai valori di una politica che rinnovi le vita civile e la qualità della democrazia”.
Roberto Cifarelli: “Questo Manifesto è una esperienza al servizio di una città capace di condividere tradizione e futuro. Una sfida difficile ma necessaria”.
Il Manifesto continuerà a costituire la stella polare del dibattito politico e culturale. La storia continua”.
Di seguito l’intervento di Luca Colucci, portavoce del gruppo dei giovani promotori delle primarie “Matera Open City”
Innanzitutto, a nome di tutti e tutte noi, desidero esprimere un sincero ringraziamento per questo invito. Alcuni di noi sono riusciti a liberarsi da impegni lavorativi per essere presenti, mentre molti altri sono ancora impegnati nelle loro attività. Proprio questo impegno è stato uno dei motivi per cui non ci è stato possibile partecipare pienamente ai precedenti incontri del Manifesfo che avete realizzato, se non per qualcuno che ha potuto ascoltarne la conclusione. Vi porto i saluti di tutti e tutte.
Questi sono giorni intensi per noi, dedicati all’organizzazione, alla stesura del regolamento e alla logistica in previsione delle primarie del 6 aprile. Ieri sera, durante la riunione, qualcuno scherzava proponendo di aprire un’agenzia specializzata nell’organizzazione di primarie… ne stiamo vedendo e scoprendo di ogni! Ma ci stiamo divertendo e, sicuramente, imparando davvero moltissimo.
Mi piacerebbe condividere con voi tante cose, davvero tante… ma non voglio sottrarvi tempo prezioso. Per questo ho preso alcuni appunti, proprio per evitare di perdermi nei miei discorsi che a volte faticano ad arrivare al punto. E il tempo, lo sapete, oggi è forse la risorsa più preziosa che ognuno e ognuna di noi possiede.
Mi piaceva introdurre queste mie brevi parole con un pensiero. Nella nostra storia antica, che si perde nei secoli, è sempre esistita una Matera del “fare”. Una Matera del fare, innamorata della città, ostinatamente convinta, curiosa e anche arrabbiata, quando necessario. Una Matera del fare rispettosa dei luoghi, delle buone pratiche e delle esperienze passate. Una Matera del fare che, in ogni piccola o grande azione che la riguardasse, cercava il coinvolgimento, non a lavoro finito, ma nel processo stesso, fin dall’inizio.
Tonio apparteneva a quella Matera lì. E ricordo i racconti di mio nonno che, come tutte le persone “anziane”, aveva la buona abitudine di avvicinarsi ai cantieri per curiosare. Mi parlava di questo giovane architetto che, con il caschetto in testa e i pantaloni impolverati, spiegava con cortesia e gentilezza quello che stava preparando, aprendosi al confronto e accettando con umiltà critiche e suggerimenti, anche e soprattutto da cittadini comuni, senza alcuna competenza specifica. Coinvolgimento…coinvolgimento attivo… che crea inevitabilmente un senso di identità, appartenenza e comunità. Ricordo anche la sua buona abitudine di consentire la visibilità dei cantieri, affinché tutti potessero ispezionare e vedere lo stato di avanzamento dei lavori. Senso di identità, appartenenza, comunità, lo ripeto.
E poi un’altra cosa. Via Ridola. Uno studio. Il coinvolgimento di una marea di giovani architetti a cui insegnava tutto… tutto. In maniera disinteressata. Sapendo che magari qualcuno o qualcuna un giorno sarebbe potuto diventare più bravo di lui. Mettersi a nudo, sapere e comprendere che l’unica vera e reale forma di costruzione generativa, quella di cui Matera ha davvero tanto bisogno in questo momento, parte e finisce in quattro punti:
• DESIDERIO – Non c’è generatività senza desiderio. Un desiderio che, creativamente, ci proietta verso il futuro, spingendoci a fruttificare e, per questa via, a raggiungere la realizzazione di sé. Il desiderio è la manifestazione di quella fame di essere che si traduce poi nella ricerca dei modi per dispiegare la propria energia vitale.
• METTERE AL MONDO – Non è sufficiente desiderare. È necessario mettere al mondo per poter essere generativi. Mettere al mondo significa trasformare il desiderio iniziale in azione. Significa dare sostanza al desiderio. Significa piantare un seme. Quando mettiamo al mondo, abbiamo già cambiato il mondo.
• PRENDERSI CURA – Dopo aver messo al mondo, è necessario prendersi cura! Quel desiderio iniziale, che si è trasformato in un atto creativo sostanziale, deve beneficiare di cure. Se nella fase precedente abbiamo piantato un seme, in questa fase dobbiamo occuparci di farlo germogliare, passando attraverso le nostre cure.
• LASCIARE ANDARE – È la parte più difficile da attuare. È la fase in cui siamo pronti – davvero – a tagliare ogni cordone ombelicale e passare il testimone. Dobbiamo consentire alla realtà che si è messa al mondo di camminare con le sue gambe.
E poi l’amore incondizionato verso questa città, verso questa terra, verso le persone che la abitano. Siamo sicuri che Tonio, magari richiamandoci per qualche errore dovuto all’inesperienza, è orgoglioso di noi, di questo fermento, di questo finalmente “esserci”.
Perché c’è un fermento. C’è un fermento come tanti Matera ne ha avuti. Un fermento che nasce intorno alla voglia di provare a mettere a disposizione competenze, energia, visioni… metodi nuovi.. o “giochi da tavolo” come qualcuno gli ha chiamati.
Un fermento che nasce da bisogni diversi. Qualche giorno fa i dati ISTAT ci parlavano di mancanza di nascite e di giovani con le valigie in mano… la nostra regione in cima alla classifica per declino demografico. I nostri amici, i nostri fratelli e le nostre sorelle, che vediamo ogni giorno andar via, che salutiamo dispiaciuti dopo ogni Natale ed ogni Estate. E ci sta lasciare Matera perché il mondo è enorme ed è casa ovunque noi ci sentiamo “a casa”, ma c’è chi è andato via perché non ha potuto scegliere… perché si è visto costretto a lasciare la propria città.
E poi, una resistenza, una resistenza di persone che ancora credono che sia ancora possibile provare ad avviare percorsi nuovi, a costruire insieme una città a misura di ogni cittadino e cittadina, una città dove la natura, che è parte integrante di questo mondo e non dobbiamo dimenticarlo mai, conviva in armonia con le strade e con i palazzi, una città inclusiva che dia possibilità, spazi e contenuti.
Abbiamo un bisogno disperato di iniziare a costruire un dialogo con tutte quelle persone che, di anno in anno, fanno crescere le percentuali di astensionismo. Chiediamo a chiunque tra qualche mese sarà la guida di questa città di iniziare a ricostruire quella fiducia, quella relazione con le persone. Abbiamo bisogno di fidarci, e sappiamo che è un percorso lungo ma va iniziato adesso. E badate bene, c’è una differenza sostanziale tra fiducia e consenso. E questa rincorsa al consenso a qualunque costo deve essere sostituita con la fiducia, la fiducia delle piccole azioni, la fiducia dei piccoli passi e delle cose concrete e realizzate.
Il primo atto politico che può iniziare il percorso di fiducia è l’ascolto. Ascoltare gli altri per davvero è un atto politico, direi un’urgenza sociale più che altro. Guardate, in questo mese e mezzo ho e abbiamo parlato con tantissime persone: forze politiche, persone vicine alla politica, ex assessori, consiglieri, ex sindaci. Ma secondo voi… in un’ora di chiacchierata, diciamo, quanto ho, quanto abbiamo parlato noi ? Ci hanno raccontato prima la loro storia, quello che hanno fatto, tutto. Ma io non dico che questo non è importante, anzi. Noi lo sappiamo, sappiamo che va conosciuta la storia per poter fare meglio. Ma lasciate che siamo noi a chiedervelo. E voi, anziché parlare parlare parlare, chiedeteci: “Ma che idee avete? Ma cosa pensate? Ma cosa secondo voi va fatto? Ma avete bisogno d’aiuto?”.
Howard Gardner diceva: “La qualità umana di saper leggere ed interpretare le situazioni sociali (comportamenti, desideri, preferenze, processi decisionali propri e altrui) ed utilizzare questa comprensione per creare relazioni serene, efficaci e produttive: ossia individuare le modalità di interazione comunicative e relazionali tra le persone.” Chiamasi intelligenza relazionale, che è forse la prima cosa che dovrebbe possedere un sindaco o una sindaca di una città come la nostra, ad oggi. Poi può essere allenata, sviluppata, sicuramente. Ma è fondamentale questo per tornare a stimolare e a costruire quella dimensione del NOI che Matera, negli ultimi anni, se non fosse per l’eccezione del 2019 che, nonostante sia stata un processo immenso, è comunque, verso la fine, riuscita a “spaccare” e non ad unire totalmente.
E invece qui non ci rendiamo ancora conto che, in un mondo che ci sta insegnando che è più facile dividere che unire, l’unica maniera che abbiamo per salvare il nostro territorio è UNIRE, UNIRE, UNIRE, ma farlo per davvero. Unire anche nel capire che all’interno di un’amministrazione fare opposizione non significa esser “contro” a prescindere e sempre, ma criticare in maniera costruttiva e lavorare comunque insieme alla costruzione del Bene Comune. Abbiamo bisogno di una politica che sostituisca alla parola “compromesso” la parola “sintesi”. Impariamo a non fare più compromessi, ma sintesi. Sforzandoci in maniera costante di trovare punti di contatto e visioni comuni.
Matera ha un capitale sociale immenso fatto di giovani, adulti, anziani, bambini… professionisti e professioniste, persone che hanno fatto e continuano a fare sacrifici nel loro piccolo, persone che hanno fatto e continuano a fare cose straordinarie, materani nel mondo, intelligenze enormi..un capitale sociale fatto di gente innamorata di questa città. Abbiamo il dovere di costruire una partecipazione attiva con tutte queste persone. Questa è la vera ricchezza di Matera, ancora più dei Sassi. Le persone. E quindi la partecipazione diventa fondamentale, nei processi amministrativi e politici. La politica non può più chiudersi nelle “segrete stanze” a decidere programmi elettorali(quando va bene), scelte decisionali ed equilibri volti a garantirsi la spartizione degli incarichi, senza costruire processi partecipativi dove qualsiasi cittadino o cittadina si senta coinvolta prima, durante e dopo qualsiasi tipo di processo o decisione.
Se questo fermento è qui ed oggi sta lavorando a costruire processi volti alla partecipazione, processi incentrati sulla condivisione e sul dialogo, sull’orizzontalità, è perché, e dobbiamo dircelo, chi c’era prima ha fallito. Ha fallito totalmente, ha fallito sul coinvolgimento, ha fallito perché i cittadini e le cittadine che dovrebbero essere i protagonisti di questa città sono completamente disaffezionati a tutto. Non hanno più cura di nulla, e molti credono che barrare una x su un nome non faccia più neanche tanto la differenza.
Direi a tutta la politica materana e regionale fino a ieri: se volevate questo… ci siete riusciti. Ma ora fermiamo le bocce sul campo da gioco e da domani, iniziamo a costruire insieme qualcosa di diverso. Se ci sono consiglieri comunali che hanno passato in consiglio comunale almeno quindici degli ultimi trent’anni, c’è un problema. Non giudico il lavoro, attenzione, ma giudico il fatto che bisogna garantire e lavorare affinché a questa città venga garantito un ricambio generazionale che dev’essere accompagnato, costruito e sostenuto.
A settembre 2025 lanceremo una “Palestra per gli amministratori e le amministratrici del Domani”, con “allenamenti della democrazia” perché anche la democrazia va allenata, incontri mensili con giovani amministratori e amministratrici da ogni parte d’Italia che già abbiamo contattato, delle formazioni concrete sulla pubblica amministrazione nuova, nuovi eventi per stimolare la partecipazione attiva, incontri periodici con consiglieri e assessori della prossima consiliatura per valutare lo stato di avanzamento dei lavori, presidio dei consigli comunali, l’istituzione di un osservatorio politico per le valutazioni e il “portare avanti” delle istanze come quella della ” legge Minervini” per le quote generazionali in politica.
In questi giorni sentivo parlare, da chi sta provando a smontare, come sempre accade, di numeri: 100 firme, 300, 500, 30, 20, 1. Ma io mi chiedo? Ma voi, negli ultimi 50 anni di politica e di questioni politiche a Matera, ma l’avete mai vista una ragazza di 16 anni, ripeto, 16, che domenica mattina scorsa era a porre domande ai candidati delle primarie circa alcune questioni e problemi che lei stessa ha condiviso? Ma voi, gli avete mai visti più di tre ragazzi organizzare un processo partecipativo come quello delle elezioni primarie? Ma voi l’avete mai visto un ragazzo che ha coordinato in maniera eccellente il processo di costruzione del regolamento con 10 delegati e delegate dei candidati? Ma voi gli avete mai visti 100 ragazzi firmare una petizione per chiedere un atto politico, lavorare in 50 a mano libera per scrivere una lettera appello alle forze politiche, un ragazzo che non dorme la notte per capire cosa si poteva e si potrà fare di meglio?
Ma davvero vogliamo ridurre tutto ai numeri? Perché in questa città a fare la differenza, come sempre, sono i numeri. I voti contati. I soldi. Questo conta.
Se avessimo vissuto in una città con una visione, con una mentalità aperta, con la voglia di costruire davvero, nel vedere un processo come il nostro – 300, 100, 50, 10, 1 ragazzo o ragazza che parla di temi e questioni politiche – qualsiasi persona sarebbe andata a chiedere: “Dicci qualsiasi cosa che pensi debba accadere o dobbiamo fare e la facciamo”. E non è avvenuto subito, ma dopo un po’. E comunque non da tutti, men che meno da quelle forze politiche che si sono dichiarate, in questi mesi, civiche, con valori progressisti, che mirano al coinvolgimento. Ma vi rendete conto del paradosso ?! Quelle stesse persone che ci hanno ignorato (di proposito?!) ora ci smontano e dicono che non serviamo. Ci strappa un largo sorriso.
E chiaramente, quando hanno capito che stavamo facendo e facciamo sul serio, sono partiti i soliti “schiaffi” pesanti di chi ha pensato bene che era più facile declassarci e smontarci che sostenerci e magari, provare a correggerci. Questa è Matera. Perché “le giovani marmotte”, non è stato un aggettivo usato per essere dalla nostra parte. Ma è stato un totale declassamento, una umiliazione. Oppure, sapete cosa ci hanno detto qualche giorno fa? Di “fare un passo indietro”. Ma un passo indietro perché? Perché abbiamo, con la nostra azione, rotto degli equilibri politici? Perché abbiamo rovinato i piani a qualcuno?
C’è una città, una città giovane che adesso, con rispetto, massimo rispetto, vuole dire la sua.
E dico con rispetto, e lo ripeto, perché non vorrei assolutamente che passi il messaggio che ci sentiamo in grado di fare e dare risposte, di ricoprire ruoli che non ci sentiamo in grado di ricoprire (ecco perché nessuno si è candidato alle primarie, seppur ci abbiamo veramente pensato nel pomeriggio dell’ultimo giorno) e di affermare che la verità l’abbiamo in tasca e sappiamo come si fa. Noi non sappiamo come si fa. Ma vogliamo impararlo, e chiediamo a voi di insegnarcelo.
Si deve lavorare a nuove forme di collegamento politico che vadano a stimolare la partecipazione attiva della città, laddove i partiti si sono dimenticati di avere un’intelligenza critica, hanno smesso di stare “tra la gente”. Si avviano processi politici con sedi bellissime che chiuderanno il giorno dopo le date delle votazioni. Non prendiamoci in giro, non prendeteci in giro.
La nostra non è un’azione democratica che finirà, ma che oggi parte. I partiti in città che avrebbero dovuto far questo sono ridotti a 10 persone veramente attive, sempre le stesse, e i giovani che si avvicinano lo fanno perché già coltivano al loro interno un’inclinazione a queste tematiche. Noi abbiamo il dovere di arrivare da tutti e tutte.
Quando due domeniche fa abbiamo per la prima volta lanciato l’esperimento dell’HACKATHON, questi tavoli di lavoro intorno a 8 temi per noi cruciali per il futuro della città, uno di questi era la mobilità con un facilitatore. Mio padre non voleva venire, perché diceva: “Ma io non sono esperto di quelle tematiche, cosa devo dire?”. Ho tentato in tutti i modi di fargli capire che non bisogna essere esperti, ma bisogna essere cittadini. Tu guidi, parcheggi, consumi, la città la vivi, sei necessariamente esperto di quella tematica. E la cosa bella è che in questi tavoli conosci cosa si può fare e cosa no, ascolti opinioni differenti e, poi la cosa più bella, si fa sintesi. Ecco a cosa serve sviluppare dei metodi nuovi, come questi.
Saremo sempre per l’unione, ci siamo riconosciuti come gruppo intorno a questo. Ecco perché a tutti e tutte coloro che in queste settimane ci hanno aspramente criticato in maniera non costruttiva, abbiamo risposto di vederci e di provare a costruire insieme. Nessuno l’ha fatto, quasi nessuno. Oggi, ad esempio, un altro gruppo di giovani ha parlato di noi, in maniera negativa e distruttiva… senza proporre soluzioni. Ma va bene anche questo in realtà, vedete che il primo risultato, quello che ci ponevamo all’inizio di tutte le nostre azioni, è stato ampiamente raggiunto: abbiamo messo in moto, forse dopo anni, un meccanismo circa le tematiche che riguardano il futuro della città, che ha fatto e sta facendo e farà parlare tutti e tutte. Erano anni che non accadeva una cosa del genere. E se ne parla un altro gruppo di giovani come noi è una cosa bellissima, come detto. Un altro obiettivo raggiunto. Questi giovani “di sinistra” che, quando abbiamo lanciato il 17 febbraio la petizione per chiedere le primarie aperte alla coalizione di centrosinistra, non ci hanno sostenuto, né l’hanno rilanciata, né l’hanno firmata. Che quando dopo qualche giorno abbiamo scritto una lettera-appello alle forze di centrosinistra, non l’hanno nuovamente nè rilanciata nè ci hanno contattato per capire che stava succedendo. Che quando, magari, abbiamo fissato la data, potevano fare pressione con noi sulle forze in gioco ad alzarsi dal “tavolo” dei nomi per venire a parlare di temi e futuro, e non l hanno fatto. Che però giustamente ora dicono la loro rispetto alla “contraddizione” dei nomi delle primarie, come se avessimo potuto dire ” no ” a chi diceva di riconoscerci nei nostri valori e nella nostra visione di città. E chi siamo noi per giudicare ? Chi siamo noi per venire meno al valore in cui forse crediamo di più, quello della democrazia ?? Chi siamo noi per dire ad una persona che ha commesso “colpe” , che siccome le ha commesse le commetterà per sempre?
Tanto più sarebbe bello, invece, continuare a “vigilare”, in maniera attenta, insieme, su quello che verrà dopo le elezioni. In maniera concreta e anche mettendoci la faccia. Questo conta. E su questo noi saremo qui e vi aspettiamo. Perché, sarebbe bellissimo in realtà dire che era tutto uno scherzo (vista la fatica immane di questi giorni), ma questa non è per niente una operazione di marketing, ma un desiderio reale di intervenire per provare a “scomporre per ricomporre”, per ripartire, per costruire.. come io e tanti e tante di noi fanno e hanno fatto nel campo del volontariato, dell’attivazione sociale e civico o anche semplicemente nell’interesse ai temi che riguardano Matera e la Basilicata.
Ancora una volta, le soluzioni.. ve le proponiamo noi. Perché siamo stanchi delle parole che non hanno un proseguo nei fatti.
Anzi, se magari avremo stimolato altre persone a metterci la faccia e a spendersi in maniera attiva per realizzare qualcosa, alternative, processi nuovi in ottica amministrativa… fatelo!! Noi siamo felici!! Ma fatelo!! Siamo pronti noi a venirvi dietro, ma fatelo !!
Torno al Manifesto e chiudo, grazie per il vostro tempo. Il nostro è un processo (e continuerà ad esserlo) bottom up e top down, cioè dal basso verso l’alto. Lo sarà sempre. Il vostro, forse, è un processo un po’ al contrario, cioè dall’alto della vostra esperienza verso il basso, ed è giusto che sia così.
Ma c’è sicuramente una cosa che abbiamo in comune. Tutti e tutte noi e voi, abbiamo cercato e ce l’abbiamo fatta, a smuovere le acque e, provando ad unire e non a distruggere, parlare del presente e del futuro prossimo che vivremo. E dobbiamo necessariamente riconoscere le differenze e valorizzarle e riconoscerne il punto di contatto.
Il punto di contatto più importante di tutte le etichette, di tutte le strumentalizzazioni, di tutte le critiche, di tutti i “chi c’è dietro?”, di tutto quello che viene detto per smontare… il punto di contatto più importante:Matera.
La fotogallery dell’incontro (foto www.SassiLive.it)