Non è la prima volta che sono intervenuto sulla situazione che si è creata presso il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) diPalazzo San Gervasio (Potenza),dove le condizioni di vita dei migranti sono davvero raccapriccianti. Le immagini mandate in onda nei giorni scorsi dal Tg “Striscia la notizia” fanno veramente rabbrividire: persone chiuse in stanzoni con inferriate altissime, letti e tavoli in cemento, bagni senza porte, alcuni con fascette di contenzione ai polsi, utilizzo massiccio di sedativi (un mix di Rivotril, Tavor e Talofen), e chi si rifiuta (come si vede chiaramente dalle immagini) viene legato ai polsi e slegato solo quando viene convinto adassumerela ‘terapia’.I tempi di permanenza nei punti di identificazione e smistamento sono estremamente lunghi e i migranti finiscono per diventare purtroppo dei veri e propri detenuti; la maggior parte di loro sono giovani che vengono abbandonati a loro stessi e gli psicofarmaci servono proprio a tenerli ‘buoni’ in caso di rivolta.
Il Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Palazzo San Gervasio è stato già nel passato oggetto di diverse denunce non solo da parte mia ma anche da partedi avvocati ed associazioni operanti sul territorio. Nel giugno del 2011, a pochi mesi dalla sua apertura, un’inchiesta di alcuni giornalisti dell’Espresso denunciò l’orrore della ‘Guantanamo italiana’: 57 cittadini tunisini, in attesa di rimpatrio, erano intrappolati in una struttura che aveva le sembianze di una gabbia per uccelli, con reti alte cinque metri e recinzioni di ferro a maglie strette; senza la possibilità di nominare i propri legali di fiducia e con la violazione dei più elementari diritti.
La struttura si trova in una zona molto periferica e ciò non consente ai trattenuti di mantenere rapporti con familiari o amici. Inoltre, tutti i cellulari vengono sequestrati all’atto dell’ingresso.Non è possibile utilizzare internet e non vi è una mensa: l’intera giornata si svolgeall’interno di moduli abitativi dove si mangia, si soggiorna, si dorme. Moduli che ospitano 4 persone in circa 25 metri quadrati.
Trattenere i cittadini stranieri in queste condizioni in attesa del loro rimpatrio, significa privarli per tre mesi (ed oltre) della loro libertà personale, in quanto la maggior partedi loro non ha compiuto alcun reato. I CPRnon sono delle carceri: vanno rispettati i diritti di salute fisica e psicologica delle persone in attesa di essere rimpatriate; in queste strutture lo straniero deve essere trattenuto lo stretto tempo necessario e con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. E questo non accade, sia nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Palazzo San Gervasio che negli altri CPR presenti sul nostro territorio.