Giandomenico Tarsia (referente Sanità per Azione Basilicata): “Medicina di comunità e Medicina ospedaliera: un’analisi del sistema sanitario nazionale e lucano. Speranze, timori, proposte”. Di seguito la nota integrale.
Il Covid ha cambiato il mondo, soprattutto quello della sanità è opportuno parlare con chiarezza dei mutamenti del sistema italiano in particolare soffermandoci sullo “stato di salute” del sistema sanitario regionale lucano. Il Ssn, sarà diviso in due sistemi: la “medicina per acuti” (malattie tempo dipendenti, malattie vascolari acute, traumi ed urgenze materno – infantili) gestita della rete ospedaliera (regolata dal Dm 70 del 2015) e la “medicina per non-acuti” (medicina di comunità o prossimità) gestita dalle Aziende Sanitarie Locali (regolata dal Dm 71 del 2022). A seguito della pandemia di Covid-19, il legislatore si è accorto, che uno dei lati più sguarniti del sistema sanitario era appunto la medicina territoriale, ovvero medicina di comunità, con tutte le sue molteplici diramazioni. La medicina di comunità si pone due obiettivi fondamentali: cercare di intercettare il bisogno del paziente prima che sopraggiunga la patologia acuta (prevenzione primaria), ed attivare tempestivamente i necessari servizi della continuità assistenziale (Assistenza Domiciliare Integrata, Piani Assistenziali Individuali) nel paziente cronico, al fine di ridurre l’impatto economico-sociale della disabilità e della fragilità. La medicina di prossimità individua nella figura “dell’infermiere di comunità” il suo perno. Egli dovrà operare ed integrarsi con il medico di medicina generale -MMG, pediatra di libera scelta-PLS ed il medico della continuità assistenziale-MCA, all’interno delle future case di comunità (ogni 40 mila -50 mila abitanti). Tali strutture saranno aperte h24/24 e 7/7 giorni e saranno i punti unici di accesso – PUA – del Ssn per le patologie non-acute. All’interno di esse potranno essere effettuate visite specialistiche, esami di diagnostica per immagini di I livello ed esami ematochimici. Inoltre il MMG dovrà prestare servizio, per circa 20 ore a settimane, all’interno dell’ospedale di comunità (uno ogni 100 mila abitanti, immaginato come un reparto da 20 posti letto), all’interno del quale saranno ricoverati i propri pazienti, che necessitano di prestazioni sanitari a bassa intensità di cure. Infine per intercettare prontamente il problema clinico non-acuto, il cittadino avrà a disposizione un numero verde il 116117 (una centrale ogni milione di abitanti), che affiancherà il numero verde 118 per l’emergenza/urgenza. Il sistema della medicina di comunità sarà coordinato da una Centrale Operativa Territoriale (ogni 100 mila abitanti) grazie all’impiego massiccio della Telemedicina.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza misura 6 prevede circa 36 milioni di Euro alla Regione Basilicata per la medicina di comunità, al fine di realizzare 5 ospedali di comunità (3 in provincia di Potenza: Venosa, Muro Lucano, Maratea, 2 in provincia di Matera: Stigliano e Pisticci; 19 case della comunità (in provincia di Potenza Sant’Arcangelo, Corleto Perticara, Anzi, Lagonegro, Potenza, Senise, Viggianello, San Fele, Genzano di Lucania, Lavello ed Avigliano e per la provincia di Matera: Ferrandina, Irsina, Garaguso, Tursi, Montalbano jonico, e Montescaglioso) e 6 centrali operative territoriali (Marsicovetere, Venosa, Potenza e Lagonegro per la provincia di Potenza; Policoro e Matera per la provincia di Matera.
La cifra di 36 milioni sembra esigua per la realizzazione delle 30 strutture e per l’assunzione di 150-200 Infermieri ed altrettanti professionisti tecnici-amministrativi. Inoltre, a causa della scarsa densità di popolazione della Basilicata, la distribuzione del servizio sarà a macchia di leopardo, in quanto i MMG operanti nelle case ed ospedali di comunità, saranno tenuti a curare solo i loro pazienti.
Azione Basilicata, appoggia in pieno il progetto della medicina di comunità; in quanto da un lato darà linfa vitale alla prevenzione (“non aspettare l’evento ma anticiparlo”) e dall’altro servirà a ridurre la disabilità e fragilità post-acuzie, attraverso una pronta attivazione di tutti quei servizi necessari al paziente cronico, riducendo il numero di accessi agli ospedali per acuti.
Purtroppo ci sono molti interrogativi su questo progetto, a cui la politica regionale dovrà dare risposta:
1) Carenza dei MMG. La medicina generale ha perso attrattività, come molte altre branche della medicina. Ci chiediamo se il MMG, lavorando con contratto di convenzione con Ssn e non di assunzione, sarà pronto ed avrà voglia di cambiare? il contratto nazionale di categoria consente questo cambio di mansione? questa imposizione al cambiamento rappresenterà un’ulteriore deterrente verso l’allentamento dei giovani medici verso questa specializzazione della medicina? c’è stato un adeguato confronto tra Regione e Sindacati di categoria?
2) Dal momento che manca il personale infermieristico per coprire i normali turni di lavoro all’interno dei Presidi Ospedalieri già esistenti, come si farà a reperire tutti gli infermieri di comunità necessari in Basilicata per tale progetto?
3) Come si fa a prevedere un aumento in pianta organica regionale per il personale sanitario ed amministrativo necessario per la medicina di comunità, essendo presenti precisi vincoli di spesa?
4)I soldi del PNRR per la realizzazione delle strutture di medicina di comunità saranno spesi per creare nuove infrastrutture o saranno impiegati per rimodernare strutture pre-esistenti laddove sarà possibile?
Analizziamo le principali criticità della medicina per acuti, rete Ospedaliera, in Basilicata. Uno dei mali principali del sistema Lucano è la carenza di personale; al 2018 (ultimo piano sanitario regionale disponibile) mancavano all’appello circa 80 Medici e 180 infermieri per raggiungere una quota vicina alla media nazionale, quelli previsti in pianta organica nel lontano 2010. Quindi l’inevitabile aumento dei carichi di lavoro, i turni estenuanti, associati al fenomeno di “burn-out” post-pandemia di Covid-19, ha generato un gravissimo malcontento nel personale dipendente, con molte fughe verso la pensione anticipata ovvero verso il mondo della sanità privata; cosa che inevitabilmente si traduce in molti disagi per l’utenza. Tutto questo aggravato dalla carenza di medici specialisti nelle branche di medicina d’urgenza, pediatria, anestesiologia, chirurgia d’urgenza e generale (dati ANAO-ASSOMED 2020). Carenza legata da un lato a cause evolutive (la medicina sta diventando sempre più mini-invasiva per cui molte delle chirurgie tradizionali hanno perso il loro “appealing” storico), dall’altro dal rischio di denunce penali da parte dei pazienti o di violenze verbali e fisiche, perpetrate verso il personale sanitario; preferendo un più comodo e rassicurante ambulatorio privato o convenzionato, che con pari retribuzione offre meno rischi e più libertà.
Infine il personale medico vincitore di molti concorsi in regione, diserta le graduatorie, preferendo altre regioni (soprattutto Campania), le quali hanno ripreso a fare assunzioni. Forse la Basilicata con la sua cronicità nei collegamenti risulta poco attrattiva?
Ben venga il potenziamento della medicina di comunità. Ci auguriamo che i professionisti interessati (infermieri, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medicina della continuità assistenziale) vengano coinvolti attivamente nella relazione di questo bel progetto e che i primi fondi stanziati dal Pnrr siano usati prevalentemente per ammodernare i presidi ospedalieri di base già esistenti, sotto utilizzati, in quanto le case e gli ospedali di comunità posso trovare la loro collocazione all’interno di essi.