Pasquale Tucciariello, presidente Centro Studi Leone XIII: “La politica tra utopia e senso”. Di seguito la nota integrale.
Silvio Berlusconi sogna un sistema politico semplificato, come avviene negli Stati Uniti con i Conservatori e i Democratici, e come avviene nel Regno Unito con i Conservatori e i Laburisti (i Liberaldemocratici però potrebbero scompaginare le carte).
Francamente non penso che Berlusconi ignori la storia politica americana. O come si siano formati i partiti in Inghilterra già verso la fine del 1600, alle porte della prima rivoluzione industriale quando la corrente culturale empirista proponeva visioni diverse rispetto a quella razionalista più propriamente di derivazione francese. Non penso che non conosca almeno elementi di storia dei Tories, latifondisti vicini al re e alla chiesa anglicana, o dei Whigs ribelli puritani scozzesi che erano davvero alternativi ai primi per modalità di vita economica e per professioni religiose diverse, seppur interne al protestantesimo.
Pensare di poter trasferire pari pari, o con sottili modifiche, all’Italia quei sistemi politici di tipo pragmatico non giova e non porta a soluzioni stabili,anzitutto perché l’Italia com’è oggi è il risultato di periodi storici e politici non ancora del tutto resi chiari ed evidenti (l’Unità d’Italia del 1861 fu una giusta causa od invece un’aggressione dei Savoia al popolo del Sud a guida Borbone; la Prima guerra mondiale, voluta dai Savoia, fu necessità di annettere al Regno territori e popoli irredenti od invece “inutile strage” come Benedetto XV e i cattolici italiani ancora nell’angolo denunciavano; la seconda guerra mondiale, sempre voluta dai Savoia – guerrafondai irriducibili – fu necessità imposta da quel tempo storico od invece di “allungare lo stivale fino all’Africa orientale” assegnando di fatto all’inetto ed incapace Vittorio Emanuele III il titolo di Imperatore; dal 1943 al 1945, fu resistenza od invece guerra civile e magari l’una e l’altra insieme?
E fermiamoci qui, almeno all’essenziale, perché comunque è sufficiente per poter considerare l’Italia – ma ogni Stato è il risultato di una sua storia culturale e politica – non adatta a ricevere sistemi politici di altri popoli anche se oggi amici, si fa per dire, ed alleati.
In Italia sono in essere almeno due visioni del mondo, una pragmatica, una cristiana. Realizzarne una significa sconfiggere l’altra. Metterle insieme è politica pasticciata, come l’aveva già fatta Berlusconi con il Popolo delle Libertà, o come ha fatto il Pd, o come stanno tentando di fare Renzi e Calenda, o i Cinquestelle e via di questo passo.
Pensare di poter mettere insieme, in un unico disegno politico, cristiani riformisti liberali, è stato un pasticcio prima e pasticcio rimane oggi. Gli opposti, nelle relazioni umane, non si attraggono; l’attrazione avviene piuttosto tra persone simili.
Ha più senso lavorare per mettere insieme in un unico disegno politico non culture diverse. Ha senso lavorare, anche se facciamo molta fatica, per realizzare il partito dei cristiani e insieme interpretare lo spirito evangelico e traferirlo nelle vicende umane. Non camaleonti. C’è bisogno di partiti identitari anzitutto. Le alleanze strategiche vengono dopo.