L’Unità di Crisi Sanitaria Basilicata comunica l’inizio dello stato di crisi a partire da martedì 6 settembre. Lo stato di crisi è relativo ai livelli occupazionali ma contestualmente determina anche l’inizio dell’emergenza sanitaria con la sospensione delle prenotazioni. Di seguito la nota integrale.
La situazione precipita ufficialmente nel disastroso scenario ampiamente annunciato.
L’Unità di Crisi Sanitaria ha definito un vero e proprio piano di ulteriori iniziative pubbliche inserendole in un cronoprogramma che ha tenuto conto di un graduale impatto sociale per salvaguardare il più possibile la salute dei pazienti: si sarà comunque costretti, purtroppo, all’interruzione delle prestazioni specialistiche entro una settimana. Già la sospensione delle prenotazioni realizzerà un problema gigantesco per tutti quei pazienti bisognosi di prenotare cure e prestazioni specialistiche, per i quali l’ASP Basilicata non ha emanato alcun atto in grado di offrire un’alternativa al blocco improvviso da essa stessa determinato. In questa settimana dunque entra nel vivo l’emergenza sanitaria provocata dalla delibera n.482/2022 della Giunta Regionale (tetti di spesa per le strutture della specialistica ambulatoriale) a cui ha dato seguito la delibera dell’Asp. I due provvedimenti mettono in crisi 41 strutture su 54 fino a fine anno; ben 16 di queste sono state subito colpite già dal 2 agosto u.s. (data di pubblicazione dei provvedimenti) e sono in crisi perché non possono più erogare prestazioni a carico del SSN. Tutto questo accade mentre sono 220 mila le prestazioni “ufficiali” (censite dalla stessa Regione) in lista d’attesa. La situazione, già fortemente problematica, avrebbe consigliato un supplemento di lavoro da chiedere alle strutture accreditate, come pure ha fatto l’ASM di Matera, non di certo bloccarle inaspettatamente, all’improvviso.
E invece accade esattamente l’opposto, fino al punto che si aggiungono numeri impressionanti per il blocco delle 16 strutture colpite dalla crisi: 323.000 prestazioni in meno, 43.000 pazienti interessati, 132 dipendenti che lavorano presso queste strutture. Una vera ecatombe. Numeri, che però non sono numeri di una semplice statistica, ma persone in carne ed ossa e prestazioni non erogate, sembrano inverosimili e invece rappresentano una realtà sconcertante. E incredibilmente saranno destinati addirittura a peggiorare man mano che altre 26 strutture esauriranno i “famigerati” tetti.
Basta leggere gli atti ufficiali – sottolinea l’Unità di Crisi Sanitaria – per riscontrare la veridicità delle nostre affermazioni. Allora risulterà evidente che in questa fase, così cruciale, la Regione ha il dovere istituzionale di affrontare l’emergenza sanitaria e la crisi aziendale e occupazionale, ricercando una soluzione, che a nostro avviso è sicuramente possibile, confrontandosi con chi è dentro la crisi e dentro l’emergenza, non di certo con altri. Non siamo più, purtroppo, in una situazione di ordinaria amministrazione che può essere “normalmente” gestita. Siamo infelicemente giunti al concreto rischio del fallimento di aziende sane per mano pubblica.
Non c’è più tempo da perdere. Anzi, se n’è perso già troppo, e non è pensabile rimettere in piedi tavoli che sono fuori dalla realtà dell’emergenza. L’unico Tavolo oggi possibile è un tavolo di crisi con le strutture già in crisi. Tutto il resto sarebbe “aria fritta”, discussione formale e burocratica di cui i pazienti e gli operatori delle strutture sanitarie non sanno cosa farsene. Per questo – dice Cataldi – chiederemo anche in Quarta Commissione non il solito documento di “presa d’atto” e “auspici” nei confronti della Giunta ma un’iniziativa decisa ed efficace perché il Tavolo che abbiamo richiesto sia convocato, come abbiamo sollecitato a fare al Presidente Bardi e all’assessore Fanelli, sinora senza risposta.
“L’emergenza sanitaria è reale ed è largamente diffusa in tutta la Regione. La crisi occupazionale è altrettanto reale. Questa è una fotografia inconfutabile. La crisi riguarda in primis le strutture che bruscamente e inaspettatamente (all’ottavo mese dell’anno in corso) non hanno più un “tetto capiente” e, immediatamente dopo, quelle che si ritrovano man mano nella stessa situazione. L’amarezza per l’adozione di un criterio di allocazione delle risorse non solo illegittimo e tardivo, ma soprattutto iniquo, è grande.
Anche la crisi occupazionale, che è tutta dentro questa vicenda, dovrebbe essere fronteggiata e risolta includendo le rappresentanze dei dipendenti sottoposti al rischio di perdita del proprio lavoro. Al pari, l’emergenza sanitaria non può e non deve essere trattata con un approccio che trascura il coinvolgimento dei pazienti e dei rappresentanti delle comunità locali, diretti destinatari degli effetti dell’emergenza. Da qui si capisce subito che la gravità della situazione impone un giusto sbocco e un appropriato metodo per raggiungere una soluzione vera e definitiva. Non considerarli – a parere dell’Unità di Crisi – inficerebbe la stessa credibilità delle istituzioni e comprometterebbe irrimediabilmente il confronto e la trasparenza con la collettività.
L’Unità di Crisi Sanitaria Basilicata, ha tentato di sensibilizzare le Istituzioni regionali ed oggi rinnova la richiesta a queste di un incontro ormai urgentissimo, mentre l’emergenza e la crisi sono vive e proseguono verso il loro aggravamento, si chiede un tavolo di crisi, non altro. È il momento di imboccare un onesto e appropriato percorso, necessariamente rapido; indugiare significherebbe arrivare quando ormai sarebbe tardi.