Università degli studi della Basilicata introduce la carriera alias per le persone transessuali, Arcigay Basilicata: “Uno straordinario balzo in avanti di civiltà a tutela della persona”. Di seguito la nota integrale.
Sono tante, ad oggi, le Università italiane che hanno approvato l’istituzione della “carriera alias” (“doppio libretto”) per studenti transgender, un provvedimento di straordinaria Civiltà fortemente voluto dalle associazioni LGBTQI. Anche nell’ Ateneo lucano oggi è una realtà. Pensare di dover frequentare un corso o sostenere un esame all’università e di temere, più che le domande del professore, il momento dell’appello, sicuri che la vostra risposta sarà accompagnata da risatine, occhiolini, colpi di gomito. Il docente, libretto alla mano, chiama “SimonE” o “LuigI” ed avere le sembianze di “SimonA” o “LuigiA”, o qualunque altro nome scelto in conformità al genere sessuale percepito, diverso da quello indicato sul documento. È questa la situazione tipo, che provoca in chi è costretto a viverla, disagi, fastidi, umiliazioni e discriminazioni, gli stessi con cui ogni giorno si trovano a dover fare i conti gli studenti transessuali in diverse università italiane, quelle che non hanno ancora adottato il “doppio libretto universitario” o attivato, da quando dalla carta si è passati all’informatizzazione di dati e procedure, la “carriera alias”.
Ora che le procedure si stanno informatizzando, si sta passando all’assegnazione di un’identità provvisoria, transitoria e non consolidabile per una carriera alias che resterà attiva fintantoché lo studente proseguirà i suoi studi universitari.A tutto questo cerca di sopperire la “carriera alias” – già adottata da molti atenei italiani – che permette agli/alle studenti transgender di utilizzare all’interno dell’università una documentazione rispettosa dell’identità eletta, garantendo una piena tutela della privacy nella carriera accademica (lezioni, esami, ecc) e nella fruizione dei servizi (mensa, biblioteche, ecc).
Secondo la Consigliera nazionale e Tesoriera di Arcigay Basilicata, la Dott.ssa Pia Adriana Ciminelli,“Si tratta di un pregevole passo in avanti, una conquista per la tutela degli studenti e delle studentesse transessuali. Io in prima persona, da donna ed ex studentessa transessuale dell’ Unibas, posso dire che se all’inizio del mio percorso di studi avessi potuto usufruire della carriera “alias”, sarebbe stato tutto più semplice ed agevole, sopratutto per la mia sfera emozionale e relazionale. L’istruzione assume un ruolo cardine nella formazione personale e sociale e come tale ritengo che anche l’Ateneo lucano doveva farsi finalmente promotore di istanze e buone pratiche che, non solo contribuiscano a garantire il benessere psicofisico e il sereno sviluppo della carriera universitaria, ma che rappresentino anche importanti e innovativi elementi di promozione per una piena inclusione sociale di tutte e tutti.”
Anche la Presidente di Arcigay Basilicata, Morena Rapolla così commenta: “Esattamente un anno fa scrissi alla Rettrice Aurelia Sole, rappresentandole l’importanza di questa misura che oggi, finalmente, diventa realtà, dopo un percorso di concertazione al quale ha dato un contributo fondamentale anche il CUG dell’ Unibas. L’istituzione della carriera alias da parte dell’Università della Basilicata rappresenta un forte segnale verso una società ancora gravemente affetta da discriminazioni e pregiudizi, spesso subdoli e striscianti, che generano una forte stigmatizzazione nei confronti di chi è portatore di una “specificità-diversità”.È del tutto impossibile un sano e pieno sviluppo della propria personalità se una persona deve continuamente affrontare discriminazioni e stigmatizzazione ogni qualvolta debba mostrare il proprio documento di identità. Tutto questo non solo comporta forti disagi e una continua lesione della privacy dei soggetti in transizione, costantemente obbligati ad esibire documenti d’identità non conformi al genere di elezione, ma che di fatto viola il diritto alla piena e libera autodeterminazione del proprio corpo e del proprio intimo sentire. Dallo stigma nasce la marginalizzazione e l’esclusione sociale alle quali occorre opporre un argine robusto ed invalicabile dove l’Università sia spazio e strumento di elaborazione e produzione culturale, il cui pieno accesso deve essere garantito a tutte e tutti nel pieno rispetto e riconoscimento delle identità personali”.