Vincenzo Maida (Centro Studi Jonico Drus): Basilicata tra le regioni con meno dispersione scolastica. Di seguito la nota integrale.
Dove non mette mani la politica, la società lucana o quello che di essa rimane è ancora sana. Giorgia Meloni a Caivano: aumentare le sanzioni per chi non manda i figli a scuola! Ma è quello che serve?
In merito alla visita del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Caivano e di cui hanno già detto tutto le cronache di questi giorni, in attesa di verificare se tutto quello che è stato promesso verrà realizzato, per deciderese applaudire ofischiare, come ha detto il parroco don Maurizio Patriciello, ci vogliamo occupare dell’aspetto relativo alla dispersione scolastica. Esso è fondamentale per la costruzione di una società sana e ispirata ai valori della legalità e del vivere civile.
Fino a qualche decennio addietro, l’analfabetismo in Italia segnava percentuali oggi inimmaginabili. Agli inizi del ‘900 si avvicinava al 90% della popolazione residente, ma i ragazzi,per quanto sotto retribuiti,iniziavano subito a lavorare in campagna e all’interno di una economia della “sussistenza” trovavano un ambiente sociale ispirato a valori sani e soprattutto non esistevano né droga e né modelli negativi. Quei ragazzi crescevano comunque integri. È quindi improponibile ogni raffronto con la realtà odierna.
A Caivano sembra che la dispersione scolastica raggiunga punte del 50%. Il dato non deve però ingannare: al primo posto con il 21,1% c’è la Sicilia, segue la Puglia con il 17,6%, quindi la Campania con il 16,46 e poi la Calabria con il 14%.
Le regioni sotto la soglia del 9% sono cinque: Basilicata (8,7%), Friuli-Venezia Giulia (8,6%), Abruzzo (8%), Marche (7,9%) e Molise (7,6%).
In aggiunta a queste altre 3 sono comunque sotto quota 10%. Si tratta di Emilia-Romagna (9,9%), Veneto (9,3%) e Lazio (9,2%).
In una società invasa dalla droga, da falsi miti, da modelli negativi, la scuola ha un ruolo fondamentale e per quanto la riforma Gentile sia stata gradualmente smontata dopo il ’68, per inseguire delle idiozie ideologiche che le hanno fatto perdere autorevolezza e capacità di valorizzare il merito e le capacità, conserva ancora un ruolo importante per un’azione efficace e orientata a determinare livelli fisiologici di devianza.
Se è vero che le sanzioni oggi previste per i genitori che non mandano i figli a scuola sono ridicole e anche vero che il loro inasprimento non rappresenta né un deterrente e né la soluzione.
L’articolo del C.P. in materia recita: “Chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare è punito con l’ammenda fino a euro 30.” Non ho sbagliato a scrivere: l’ammenda è proprio di 30 ( trenta) euro.
Più di trenta anni addietro, un noto esponente della destra sociale in Italia, Pino Rauti, sul periodico Linea pubblicò un articolo relativo al degrado delle periferie e del Sud più in generale, in cui sosteneva che non servivano più caserme dei carabinieri, ma più servizi e Assistenti Sociali e che lo Stato non poteva lasciare alla buona volontà di qualche prete meritevole l’azione di contrasto alle devianze. Allora, anche per la Destra bacchettona, quelle tesi, che abbiamo sintetizzato al massimo, apparvero come un’eresia. Esse si sono rivelate invece all’avanguardia e in anticipo sui tempi. E non possiamo non ricordare che per un altro aspetto dell’attuale degrado oltre alla riforma Gentile, negli anni ’30 venne istituito l’ONMI (Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia) che tutelava anche le ragazze madri.
Oggi in una società dove il livello di istruzione è sempre più importante per l’accesso al lavoro, e quindi anche per evitare il rischio di esclusione sociale, il contrasto all’abbandono scolastico precoce rappresenta un obiettivo centrale.
Anche per questo motivo già nell’ambito dell’agenda 2020 l’Unione europea aveva fissato come target che i giovani europei tra 18 e 24 anni senza diploma superiore (o qualifica professionale) fossero meno del 10% del totale.
L’Italia anche se nell’ultimo decennio, bisogna riconoscerlo, l’Italia ha migliorato la sua percentuale, raggiungendo il 16% per il tasso di abbandono scolastico, era al 20%, nel 2021 era al terzo posto in Europa per quota di abbandoni scolastici. Un triste primato.
In questi giorni i riflettori si sono accesi su Caivano, ma per la Sicilia, la Puglia, il resto della Campania e la Calabria, quali politiche di contrasto al fenomeno si intendono porre in essere?
E intanto la Basilicata almeno su questo fronte può gioire: dove la politica non mette mano, ci difendiamo bene.