“Prendiamo atto, innanzitutto, di una grande partecipazione del popolo italiano a questa consultazione referendaria, segno di una ritrovata voglia di essere parte della cosa pubblica, che per un popolo è un importante segno di civiltà.
E prendiamo anche atto della volontà di non confermare la proposta di riforma costituzionale con cui, rimango convinto, sarebbe iniziato quel percorso virtuoso, dopo 30 anni di tentativi falliti, per cambiare la politica e le sue istituzioni e che avrebbe, inoltre, portato il paese a risparmiare sui costi del suo funzionamento, a legiferare in tempi più brevi per dare risposte più rapide ai cittadini, a rafforzare gli strumenti di democrazia diretta del popolo, a garantire l’equilibrio di genere nella partecipazione alla vita istituzionale e, quello che più sarebbe contato, ad avere una maggiore stabilità dei governi, rendendo l’Italia più semplice e più forte, più stabile e competitiva, moderna ma anche più equa.
L’esito finale è un dato inequivocabile, così come le conseguenze politiche che ne sono scaturite, a partire dalle dimissioni determinate e immediate del Presidente del Consiglio Matteo Renzi il quale, ancora una volta, ha dimostrato che per essere credibili in politica bisogna essere coerenti e conseguenti e lo ha fatto assumendosi in toto le responsabilità, come solo i grandi leader sanno fare, nonostante gli oltre tredici milioni di consensi registrati (40,05%), da condividere insieme ai pochi altri che hanno difeso la proposta votata ben sei volte dal parlamento anche da coloro che poi si sono schierati strumentalmente contro ed a sostegno del No.
Resta, oltre al rammarico, la personale grande preoccupazione per una responsabilità che mi auguro ora sappia esercitare il pittoresco e variegato mondo che, piuttosto che sostenere le ragioni del No al referendum, ha astutamente spostato il tiro puntando il mirino sulla persona e scelto la comoda strada del “tanto peggio tanto meglio” e, che, però, dovrà ora lavorare per la costruzione di una proposta di legge elettorale utile spero a consentire quella governabilità necessaria, quanto decisiva, per il futuro del nostro paese.
La Basilicata si distingue come la regione del sud Italia in cui il Sì ha superato il 34%, nonostante l’assenza di un Partito Democratico Regionale, priorità divenuta imprescindibile, che ritengo abbia molto pesato unitamente all’estrema politicizzazione dello scontro ed al tema troppo strumentalizzato della competenza delle regioni in materia di energia.
Forse non sarebbe stato determinante, ma sicuramente sarebbe stato molto significativo se tutti coloro che si sono schierati in qualche modo ed in varie forme pro riforma, avessero fino in fondo e con più coraggio caratterizzato questa campagna elettorale a sostegno del Si, con presenze a volte simboliche ma come si fa quando si è in prima persona in campo, con un porta a porta ancora più incisivo e sistematico, per informare, coinvolgere e sostenere un’idea, una proposta o una posizione politica.
E’ questo l’unico modo per comunicare in maniera puntuale ai cittadini anche lucani quella che era la posta in gioco delle riforme, e non altro, ma anche per raccontare il lavoro fatto dai governi nazionali e regionali ed ascoltarne il reale sentimento che, ignorato, ha consentito, in taluni casi, al populismo e al qualunquismo di prendere il sopravvento, anche per quell’effetto troppo mediatico che attraverso i social semplifica i messaggi, generalizza i giudizi e radicalizza i confronti.
La lettura è duplice, quindi, e riguarda anche il giudizio sul lavoro svolto dal punto di vista governativo che in futuro dovrà essere costruito maggiormente ascoltando i territori e valorizzando le diversità collaborative presenti in campo, comunicando meglio, con l’aiuto di un partito attivo ed organizzato, le azioni effettuate in maniera sistematica sul territorio verso i singoli cittadini, al fine di rendere ancora più forte e percepita l’uscita, pur resa evidente dagli ultimi dati Svimez ed Istat, dalla più lunga crisi economica ed occupazionale che ha conosciuto l’Italia e l’Europa negli ultimi 30 anni.
E’ allora necessario ripensare profondamente anche lo stare insieme ed il condividere gli obiettivi, con maggiore umiltà, continuando a mettere coraggio nell’attuazione delle riforme, quelle ormai pronte e quelle da completare come quella della forestazione, senza sosta e rassegnazione, andando al cuore dei problemi, coniugando tenuta sociale, riorganizzazione istituzionale e sviluppo produttivo territoriale.
Far parte di una squadra di governo, di un’alleanza o di una coalizione, significa costruire e non demolire, condividere e non dividere, lavorare per trovare soluzioni e non studiare come operare per moltiplicare i problemi, provando a valorizzare i risultati raggiunti, che essi siano determinati dal Governo Nazionale e Regionale, a prescindere se chi governa si chiama Renzi o Pittella.
Un vero leader, anche quando ha una battuta d’arresto, sa indicare la direzione di marcia e proporre un progetto di futuro della sua comunità per il bene del paese. In questa fase cruciale e delicata, non possiamo ora distrarci neanche un attimo rispetto ai meccanismi di cambiamento messi in campo, per realizzare i quali confermo la totale disponibilità, come ed al fianco di Pittella e Renzi, a spendermi totalmente utilizzando sino all’ultima goccia della mia energia.
Quando si lotta per qualcosa in cui si crede non si perde mai. Le gomme potranno, forse, cancellare i segni delle matite ma non la forza delle nostre idee”.