21 settembre 1943, 21 settembre 2013. Matera è stata la prima città del Sud Italia a ribellarsi all’oppressione nazifascista e quest’anno ricorre il settantesimo anniversario di una giornata memorabile, che ha portato anche al riconoscimento della medaglia d’argento al valore civile. Dopo aver proposto le celebrazioni nel tardo pomeriggio per due anni consecutivi quest’anno la manifestazione è ritornata nella versione mattutina, con la consueta deposizione corone di alloro al cippo di via Lucana, presso la lapide di via Cappelluti nei pressi della Camera di Commercio e presso la lapide di via Lucana, davanti alla ex sede della Società Elettrica. Quindi la celebrazione della Santa Messa da parte di Monsignor Salvatore Ligorio nella chiesa di San Francesco d’Assisi e il raduno delle Autorità e delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma per raggiungere in corteo piazza Vittorio Veneto, dove si è ripetuto il rituale con gli onori al Rappresentante del Governo, il prefetto Luigi Pizzi, la deposizione corone di alloro al Monumento ai Caduti, con i nomi dei nostri eroi pronunciati da un’attrice del Centro di Cultura Teatrale Skenè. A seguire gli interventi di Gianfranco Pagliarulo, vice presidente dell’associazione nazionale partigiani d’Italia, del presidente della Provincia di Matera, Franco Stella, del sindaco di Matera Salvatore Adduce e del vice ministro lucano Filippo Bubbico.
La manifestazione è stata in collaborazione con il Picchetto Armato a cura “E.I.”,
Conservatorio di musica E. R. Duni di Matera, il Complesso Bandistico “F. Paolicelli Città di Matera”, Videouno/Openet e lettura testi a cura del Centro di Cultura Teatrale Skenè.
Michele Capolupo
Riportiamo di seguito l’intervento di Giuseppina Anna Selvaggi in occasione del 70 anniversario del 21 settembre 1943. In questa occasione il Comune di Matera ha dedicato una targa alla madre di Giuseppina Anna Selvaggi, che nell’orrenda giornata perse il padre e il fratello trucidati per rappresaglia dai tedeschi.
C’era una volta mia nonna. Giuseppina Calia di cui porto il suo nome. Dal suo felice matrimonio nacquero 8 figli: Natale, Margherita, Lina, Anna, Gaspare, Eustacchio, Antonietta e Mario.
Il primo aveva 19 anni, l’ultimo 3 mesi.
Quel 21 settembre accadde quello che avrebbe fermato la sua vita: suo marito Francesco e suo figlio Natale furono trucidati per mano dei tedeschi, il suo cuore lacerato. Padre e figlio furono ritrovati tra le macerie, stretti in un abbraccio. Mia nonna si strinse ai sette figli e al suo dolore. Un dolore che rimane immortale perché si tramanda al di là delle vite e della morte.
Mia madre che è qui è una di quei 7 figli che a 18 anni vide polverizzarsi l’incanto di un padre e di una famiglia. E da allora è testimone di quel dolore sordo e deflagrante che solo la guerra può portare, e che solo la guerra fa sentire, ieri come oggi.
A quella “Donna” Giuseppina Calia, a quella Vedova, come a tutte le Vedove che si sono viste dilaniare il cuore dalla guerra, dico grazie.
E mi piace pensare, anche in occasione del centenario della prima guerra mondiale che cade nel 2015, ad una medaglia all’alto Valore di Civiltà, con cui poter onorare la dignità e l’orgoglio di ciascuna di quelle vedove che, al di la del dolore hanno saputo sopravvivere.
Grazie
La proposta di una medaglia al Valore di Civilta’alle vedove di guerra, proviene dall’Associazione AIDE della quale ne sono la Presidente Nazionale.
Giuseppina Anna Selvaggi
21 settembre 2013 – 70 anni dalla strage nazista di Matera, discorso del sindaco di Matera Salvatore Adduce.
70 anni sono tanti corrispondono ad una intera vita!
L’Anniversario dell’eccidio nazista del 21 settembre 1943 merita però di essere ricordato con la stessa intensità di una volta. Anzi con maggiore intensità proprio in considerazione del tanto tempo trascorso.
Proprio perché il trascorrere inesorabile del tempo può farci commettere l’errore di considerare superfluo l’esercizio della memoria.
Anche per questo al 70’ anniversario abbiamo voluto dare il giusto rilievo affiancando alla manifestazione tradizionale che svolgiamo qui una iniziativa ulteriore che si terrà nel pomeriggio in piazza Pascoli con la Proiezione di un documentario “Memorie dei protagonisti del 21 settembre 1943“
a cura di Videouno / Openet
e con l’introduzione di Francesco Ambrico curatore delle ricerche storiche a cui parteciperanno il prof. Caserta, il prof. Lisanti e il dott. Gianfranco Pagliarulo vice presidente dell’ANPI.
Abbiamo chiesto all’ANPI di essere qui oggi proprio per collegare l’episodio tragico del 21 settembre 1943 di Matera con i grandi valori della Resistenza e della lotta di Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.
Il rischio della retorica è sempre incombente. E tuttavia noi abbiamo il dovere di ricordare.
Il dovere di ricordare quelle vittime innocenti che hanno partecipato ad una Resistenza senza conoscerla.
Martiri della lotta di Liberazione senza saperlo. E forse proprio per questo ancor più meritevoli della nostra considerazione!
Ancora oggi molti di noi si chiedono cosa realmente sia successo 70 anni fa a Matera in queste stesse ore in cui noi svolgiamo questa manifestazione.
Ed è proprio alla ricerca storica che noi chiediamo a 70 anni da quella tragedia di non considerare chiuso quel capitolo.
Non per alimentare dispute o peggio ancora rancori che non hanno ragione di esistere.
Ma per capire, interpretare, ragionare!
In questo breve discorso intendo riferirmi alla sorte di uno solo dei 24 trucidati. Lo faccio rivolgendomi soprattutto ai giovani. E al tempo stesso a chi deve con molta serietà considerare l’episodio di Matera non come una concatenazione di circostanze sfortunate, ma come un vero e proprio segnale di ribellione civile!
Parlo di Vincenzo Luisi di Cosimo, un ragazzo di 16 anni!
Era sulla via Lucana in vista della Caserma e ebbe la sventura di gridare: “arrivano gli Americani!”. I soldati tedeschi lo udirono. Fu catturato e rinchiuso nella Caserma. Di lì a poco sarebbe finito maciullato insieme ad altri 10 sventurati dallo scoppio dell’edificio che i tedeschi minarono.
Che cosa voleva dire il grido di Vincenzo Luisi, “arrivano gli Americani”? E soprattutto come interpretarono quel grido i soldati tedeschi?
Era forse il grido di un ragazzo che senza malizia esprimeva con impeto al tempo stesso una rabbia repressa per i soprusi subiti da una intera popolazione e la gioia che qualcosa stava succedendo che avrebbe portato ad un cambiamento?
C’era in quel grido la testimonianza che a Matera tra i vicoli e le grotte dei Sassi, nella case malsane, rese ancor più inospitali dalle scelte del regime fascista, qualcosa si muoveva e si muoveva contro i soprusi dell’occupazione tedesca.
C’erano atti di eroismo in quei giorni? Forse si!
Ne avremmo avuto testimonianza qualche anno dopo, alla fine della guerra quando da Matera partì quel grande movimento per la riforma fondiaria, con l’occupazione delle terre del latifondo.
C’era in quel grido la spiegazione di una vicenda che troppo sommariamente fu all’inizio archiviata e solo molti anni dopo, grazie all’impegno di tanti studiosi, storici, giornalisti, intellettuali e semplici cittadini finalmente riconsiderata.
Primo fra tutti voglio ricordare Francesco Paolo Nitti che fu protagonista dei fatti del 21 settembre.
Anche grazie al suo impegno fu possibile onorare quelle vittime con la medaglia d’argento al valor militare alla nostra città!
E più recentemente i lavori di Vito Sebastiani hanno fatto nuova luce su quella tristissima giornata.
Non sufficientemente indagato quel grido del sedicenne Vincenzo Luisi.
Da lì signor vice Ministro forse dobbiamo ripartire per riconsiderare la richiesta pressante che Matera a 70 anni dall’eccidio del 21 settembre 1943 ancora rivolge allo Stato: il conferimento della medaglia d’oro al merito civile.
Intanto consentitemi di dedicare questo 70’ anniversario della strage nazista di Matera al giovane sedicenne Vincenzo Luisi di Cosimo, martire materano!
W la libertà, W l’Italia, W Matera
21 Settembre 1943 – 21 Settembre 2013, discorso del presidente della Provincia di Matera Franco Stella
Signor Prefetto, Monsignore Salvatore Ligorio, Autorità tutte, Associazioni Combattentistiche e d’Arma, gentili signore e signori, carissimi giovani
nella giornata odierna ricorre il 70° anniversario della liberazione dall’oppressione nazista. Una data significativa per il popolo materano che ha riscattato la propria libertà al prezzo della vita. Matera è stata la prima città del Mezzogiorno a insorgere contro l’invasore, con grande coraggio e determinazione i materani hanno saputo riprendersi la propria vita. Dovremmo avere oggi quel coraggio per ridare slancio alle nostre azioni e sostenere un progetto sociale di vera crescita. Nel sacrificio che riportò la speranza è racchiusa la fermezza di un popolo a volere cambiare le cose per diventare protagonista delle proprie scelte. Con altrettanta forza dobbiamo essere capaci di voltare pagina insieme, consapevoli che da soli ogni sforzo è vano.
Nelle difficoltà delle numerose questioni aperte, che la politica ha il dovere di risolvere, si definisce la possibilità di costruire risposte migliori e più efficaci. Se la crisi continua a fare resistenza e a impedire che le nostre famiglie vivano con dignità, che le aspirazioni legittime dei nostri giovani possano realizzarsi è compito delle istituzioni trovare le soluzioni, ma è anche doveroso che ogni singolo cittadino riconosca, e pretenda, di esercitare un ruolo attivo. La tanto agognata crescita è un risultato complessivo che parte da una pre-condizione: la responsabilità. Quel senso per la correttezza e per l’impegno che permette a una società di costruire basi solide, perché se c’è il rispetto per l’altro e la consapevolezza che solo insieme si realizza l’interesse di tutti non esistono crisi insuperabili o problemi irrisolvibili.
La fotogallery delle celebrazioni per il 21 settembre 1943 (foto www.sassilive.it)
21 SETTEMBRE – mattina e primo pomeriggio
La mattina, due soldati materani, Tataranni Pietro e Farina Natale, rientravano a casa attraversando la campagna tra Santeramo in Colle e Matera. Nonostante l’invito di un contadino incontrato in una masseria a non andare in città per la presenza dei tedeschi ed il rischio di essere arrestati, verso le ore 13 i due proseguirono decisi. Nel primissimo pomeriggio, verso le ore 16, furono visti passare sopra un sidecar tedesco, che si dirigeva verso la Milizia. Farina Francesco, padre di Natale, avvisato dell’accaduto si precipitò verso la Milizia con 50.000 lire per riscattare la vita del figlio, ma fu trattenuto insieme agli altri.
VIA SAN BIAGIO – PIAZZA VITTORIO VENETO – VIA CAPPELLUTI
ORE 16.00 – 19.00
Le azioni di guerriglia contro le truppe tedesche ebbero inizio in via San Biagio, nella oreficeria di Caione Michelina, a seguito delle minacce di due soldati tedeschi di farsi consegnare alcuni oggetti. Nel piccolo negozio irruppero alcuni militari italiani che cercarono di convincere i tedeschi ad uscire, ma la reazione di questi fu minacciosa, non lasciando dubbi sull’imminente uso delle armi. Il coraggio degli italiani impedì questo epilogo ed i due tedeschi furono anticipati e sparati. Uno di loro cadde nel negozio e l’altro fu colpito mentre cercava di fuggire. In un primo momento, quest’ultimo fu nascosto sotto l’arco di Via Rosario e successivamente sulle scale della cosiddetta “scaricata”, poco più avanti. Dal libro di Vito Sebastiani, si apprende che si trattava dei soldati Karl Reigler e Olen Gent Kupwess.
1) MANICONE EMANUELE, 44 anni
2) RUTIGLIANO VINCENZO, 41 anni
3) BENEVENTI RAFFAELE, 48 anni
Contemporaneamente, poco distante, nella sala da barba di Nicola Campanaro, in Piazza Vittorio Veneto, un altro soldato tedesco fu vittima della reazione popolare. In questa vicenda, è Manicone Emanuele (ex combattente ed esattore della Società Lucana di Elettricità), che, pervaso dal desiderio di incitare la popolazione a ribellarsi ai soprusi dei tedeschi ed a cacciarli, entrò nella sala puntando la sua pistola contro il tedesco, tirò il grilletto, ma si apri il caricatore e caddero tutti i proiettili. Allora Manicone uscì furioso dal locale e rientrò poco dopo ancora più infuriato brandendo una baionetta con la quale lo trafisse, lasciandolo ferito per terra. Vito Sebastiani precisa che era il maresciallo austriaco Michael Alfons, 19enne, studente universitario di medicina.
Seguì una violenta guerriglia che durò circa tre ore nei pressi del Palazzo del Governo, che i tedeschi intendevano occupare e che i militari italiani difendevano con le armi. Lo stesso Manicone fu chiamato dai pochi finanzieri disarmati che erano di guardia al magazzino in piazza Vittorio Veneto e gli fu chiesto di informare dell’accaduto il comandante della stazione, che allora si trovava in via Cappelluti. Così fece e riuscì ad avvertire i finanzieri, che disseppellirono le armi nascoste nell’orto e, insieme al Manicone, uscirono armati in quattro dalla caserma, fra cui Rutigliano Vincenzo. Nascosti dietro le siepi del giardino della Camera di Commercio, gli italiani intrapresero difficili combattimenti contro i tedeschi, che erano più numerosi e meglio armati. Con coraggio e determinazione, affrontarono uniti la situazione per molto tempo, fino a quando, all’altezza di Via Torraca, sei soldati a bordo di due motocarrozzette tedesche spararono con le loro pistole mitragliatrici sugli italiani, che risposero al fuoco. Rutigliano cadde senza vita e Manicone, gravemente ferito, riuscì a raggiungere una casa di via Torraca, dove spirò poco dopo. Nel frattempo, anche il Dott. Raffaele Beneventi (farmacista) si armò e prese parte alla guerriglia sparando dalla finestra della sua abitazione, in via Torraca, ma anch’egli fu colpito a morte dalle raffiche e restò penzoloni dalla sua finestra. Durante questi furiosi combattimenti, i materani furono sorpresi dal boato di una potente esplosione, ma nessuno sapeva ancora che era saltata in aria la caserma della Milizia.
Nella concitazione di quei momenti, il sedicenne Vincenzo Luisi, impiegato dell’U.N.P.A. (Unione Nazionale protezione Antiaerea) in servizio presso la Prefettura, incuriosito dagli spari uscì per vedere cosa stesse succedendo, forse pensando che fossero arrivati gli alleati, ma non fece più ritorno.
La torretta del campanile della chiesa Materdomini, servì a Di Cuia Nicola a stabilire la sua strategica postazione, dandogli la possibilità di tenere sotto controllo la piazza con fucili e bombe a mano e di fare fuoco sui tedeschi, impedendo loro di avvicinarsi alla Prefettura.
FRANCESCO PAOLO NITTI
La guerriglia, ormai, imperversava per le strade della città e coinvolgeva sempre più la popolazione, semplici cittadini ed anche i militari. Senza esitare, il valoroso sottotenente F.P. Nitti distribuiva le armi e le munizioni, incitava a difendere la Prefettura, organizzava le azioni e provvedeva ai rifornimenti delle munizioni.
SOCIETA’ ELETTRICA
21 SETTEMBRE – ORE 17
Un gruppo di circa sessanta tedeschi, con lo scopo di lasciare la città senza energia elettrica, circondò la sede della S.L.I.I. e cercò, senza riuscirvi, di farla saltare dopo averla minata. I presenti furono costretti ad uscire e furono mitragliatli senza motivo e senza pietà. Caddero senza colpa:
1) FRANGIONE MICHELE, 19 anni
2) FRANGIONE SALVATORE, 46 anni
3) PAPINI RAUL, 47 anni
4) ZIGARELLI PASQUALE, 40 anni
MILIZIA
ORE 17.30 – 18.00
Il signor Domenico Di Noia, che abitava in una fattoria distante circa 150 mt dalla Milizia, raccontò che un soldato tedesco gli chiese i documenti e gli ordinò di salire sulla sua motocicletta per accompagnarlo alla Milizia, dove lo rinchiuse. Dinanzi, c’erano già delle automobili piene di ufficiali tedeschi, sul punto di partire. Il Di Noia riuscì a fuggire da una finestra posta sul retro dell’edificio e si diresse di corsa verso la sua masseria. Appena giunto, udì una forte esplosione e vide che era saltata la Milizia.
Anche il signor Girolamo Marazia, che abitata a circa 300/400 mt dalla caserma, notò i movimenti delle truppe tedesche che si allontavano con i loro mezzi. Dopo alcuni minuti, vide un soldato tedesco scendere dalla sua motocicletta, inginocchiarsi, accendere un fiammifero e ripartire velocemente. Dopo pochi secondi sentì una forte esplosione e vide la Milizia saltare in aria tra il fumo e la polvere.
Questi due testimoni furono i primi ad arrivare tra le rovine ed a rendersi conto della strage. Cinque corpi giacevano senza vita, altri, coperti dalla macerie e dalle fiamme, si lamentavano dilaniati dalle ustioni, muovendosi lentamente prima di spirare. Brandelli di corpi devastati dall’esposione erano disseminati ovunque.
Le persone rinchiuse nella Milizia risultano essere:
1) CALDERARO GIUSEPPE soldato
2) DE VITO PIETRO, 25 anni, soldato
3) NOCERA ANTONIO, 37 anni, soldato
4) FARINA NATALE, 19 anni, soldato
5) TATARANNI PIETRO, 29 anni, soldato
6) Sconosciuto (forse Cairo Sebastiano, bersagliere)
7) GRECO MARIO, 37 anni, civile
8) SEMERARO RAIMONDO, 37 anni, civile
9) SPECIALE TOMMASO, 34 anni, civile
10) LECCE FRANCESCO, 36 anni, civile
11) FARINA FRANCESCO, 44 anni, civile
12) LUISI VINCENZO, 16 anni, civile
UN SOLO SOPRAVVISSUTO
Sopravvisse Calderaro Giuseppe, 21 enne originario di San Donato di Lecce, che era fra gli italiani imprigionati la sera del 20 settembre. Fu ritrovato la mattina del 22 settembre in una capanna vicino la Milizia, completamente nudo, ansimante per le ustioni che gli ricoprivano il corpo. Fu ricoverato presso l’ospedale e fu dimesso l’11 novembre. Raccontò che durante i due giorni dell’arresto nessuno dei prigionieri ebbe da mangiare e da bere.
22 VITTIME, FORSE DI PIU’
Secondo la sua ricostruzione, le persone rinchiuse erano sedici e non tredici, perciò si pensa che due delle bare dove erano state ricomposte le spoglie, contenessero i resti di più persone. Sul libro di Vito Sebastiani “Voglia di riscatto” si avanza l’ipotesi che fra i resti non ricomposti e non riconosciuti ci fossero quelli di un soldato inglese in perlustrazione, ferito dai tedeschi il giorno precedente e portato alla Milizia, dove morì poco dopo. La sua salma fu deposta in una camera a piano terra, forse vicino a quella dove fu rinchiuso il bersagliere Cairo Sebastiano, considerato una spia, commilitone ben conosciuto dal sopravvissuto Calderaro. La forte esplosione e le macerie avrebbero ridotto i corpi in piccoli brandelli irrecuperabili.
Nelle campagne e nelle strade della città, inoltre, furono mitragliati:
1) GUIDA EUSTACHIO, 43 anni
2) LOPERFIDO FRANCESCO PAOLO, 44 anni
3) LAMACCHIA ANTONIO, 69 anni
4) PARADISO EUSTACHIO, 77 anni
Si sa che i tedeschi, nella fase di allontanamento, lanciarono delle bombe alla rinfusa sulla città. Le schegge di una di queste colpì il bassorilievo di Santa Teopista, posto a sinistra della facciata della Cattedrale, altre caddero nell’atrio dell’ospedale e sulle case del Sasso Barisano. Una attraversò il tetto della canonica di San Giovanni e rimase inesplosa sul pavimento.
RESISTENZA
Ci vuole la Medaglia d’Oro per la città di Matera e per Emanuele Manicone, Vincenzo Rutigliano e Raffaele Beneventi.
21 settembre 1943 i materani si ribellarono alla oppressione nazi-fascista..
22 settembre 2013 i materani si ribelleranno alla oppressione del PD .. non votando le primarie
17 e 18 novembre 2013 … M A N D I A M O L I A C A S A ! ! ! ! ! ! ! ! come hanno fatto i nostri nonni !!!
OK!
materanovero
Iniziamo a non votare più i politici.
Ne alle primarie,ne alle politiche.
A buon inteditore,poche parole.