Simona Pellegrini, Giulio D’Addurno e Francesca Camardo in una nota denunciano atti di vandalismo sulle nuove “panchine d’autore” della villa comunale di Marconia. Di seguito la nota integrale.
Crediamo nella bellezza perché siamo fermamente convinti della sua forza rigeneratrice.
È così che, una sera di ottobre dello scorso anno, nasce La pratica della bellezza. Presentiamo il progetto di riqualificazione urbana della villa comunale di Marconia all’amministrazione e a giugno partecipiamo al bando. La nostra offerta? Quella di rendere la bellezza alla portata di tutti, sdoganarla, perché no, attraverso una panchina. Sverniciatura, levigatura, sostituzione e manutenzione delle assi, disegni e colore. Un lavoro lungo: tre panchine terminate in tre settimane.
Questa mattina la sorpresa: dopo soli quattro giorni una delle panchine è stata vandalizzata. Ce lo aspettavamo? Forse si. Forse non così presto. Magari tra qualche mese. A lavoro finito. Ma, effettivamente, non sarebbe cambiato granché. La verità è che nonostante gli avvisi; gli innumerevoli “state perdendo tempo”; i “tanto le distruggono” e la minaccia di sfregiarle con il “coltello”; nonostante tutto ciò, dicevamo , la cosa ci ha profondamente deluso.
Lo scopo del presente comunicato non vuole essere quello di sollevare una sterile indignazione finalizzata a raccogliere insulti rivolti agli autori di questo atto. Né vuole rivolgersi a questi ultimi, poiché abbiamo messo da parte, ormai da tempo, l’illusione che dialogare con tutti sia possibile.
L’idea di partenza era e continua ad essere quella che la bellezza sarebbe dovuta arrivare lì dove il dialogo non fosse riuscito ad aprire spiragli. Attraversare quelle porte di condivisione oltre le quali nemmeno le parole riescono ad andare. Ma, a quanto pare, anche la bellezza ha i propri limiti.
Con questo comunicato vogliamo semplicemente precisare che quella panchina rovinata non è solo la “nostra”, ma di tutti voi. È del vecchio che si è fermato lì per ristorarsi dal caldo di agosto. Della coppietta che là ha litigato e pianto per poi abbracciarsi. Del padre con il figlio di due anni che non smette di urlare per quel gioco visto all’edicola. Quella panchina è delle nostre madri che tornano dal supermercato. Della persona sola che si ferma a fumare una sigaretta. Quella panchina è il nostro primo bacio; i sogni solo sognati; è il tempo preso a calci per farlo passare. Il tempo di un piccolo paese di provincia, il nostro, il tempo pesante e lungo che non scorre. L’inverno insopportabile e senza fine in cui avremmo voluto portare un po’ di colore.
A voi chiediamo di provare quella rabbia costruttiva che adesso ci tocca e ci coinvolge. Vogliamo che vi arrabbiate come se avessero rigato la vostra macchina; imbrattato la porta della vostra casa; sfondato le ante delle vostre finestre. Come se avessero vandalizzato la vostra panchina.
Siamo tre persone adulte che hanno deciso di regalare il proprio tempo. In testa abbiamo progetti e sogniamo, anche se adulti, di poterli realizzare. Sogniamo i sogni solo nostri, certo. Ma anche un posto migliore da lasciare a quei sedicenni che siamo stati. Quel posto, che quando avevamo sedici anni non ci piaceva e che abbiamo lasciato, per poi ritornarci. Abbiamo colori, pezzi di ceramica, pasta vitrea, poesie e idee da spalmare sui muri e ovunque sia possibile. Non ci fermeremo qui.
Ultimo appunto. Non “aggiusteremo” quella panchina. Crediamo sia “rieducativo” far si che tutti possano ammirare l’opera di chi non sa fare nient’altro che distruggere. Porre un’altra mano di colore significherebbe fingere di non vedere che in questo paese c’è qualcosa che non va.
Siamo in villa a dipingere quasi tutti i giorni non per coprire il “brutto”, ma per far nascere qualcosa di migliore. In altri termini, ognuno ha quel che si merita. In altri termini, noi meritiamo anche questo, se non facciamo nulla affinché ciò non accada. Ecco perché oggi andremo a sporgere denuncia.