Riaperto il dibattito sull’opportunità di completare il collegamento ferroviario con la città di Matera via Ferrandina lo storico materano Gianni Maragno sottopone all’attenzione dei lettori uno stralcio di un esemplare documento del 14 agosto 1906. Ecco cosa scriveva 110 anni fa il Comitato di Ferrandina per la Ferrovia Grumo-Matera-Ferrandina.
L’anno 1906, il giorno 14 agosto; alle ore 11, nel vasto salone di questo palazzo minicipale, il Sindaco di Ferrandina Cav. Domenico avv. Spirito apre il Comizio indetto per oggi ed invita il numeroso pubblico, nonché i rappresentanti del Circondario a prendere viva parte alla discussione.
Egli manda un saluto affettuoso di ringraziamento a tutti gli intervenuti, specialmente a coloro che, sfidando i disagi del lungo viaggio e della stagione, convennero in Ferrandina per la tutela dei più vitali interessi che si possono risolvere solo con l’ottenere al più presto la costruzione della tratta ferroviaria Grumo-Toritto-Altamura-Matera-Montescaglioso-Pomarico-Miglionico-Ferrandina. Soggiunge che lo scopo remoto del Comizio era quello di far valere la legge e la giustizia del tracciato ferroviario predetto, toccando le città innanzi mentovate ed unendo tutti i paesi del Circondario al Capoluogo, questo a Potenza, nonché le due Province di Bari e Basilicata. Tale riaffermazione di dritto era richiesta perché contro il tracciato stabilito dalla legge erasi ventilata proposta, sebbene vaga, di variante, spostando l’attacco di ferrovia del Basento da Ferrandina a Bernalda.
Ma dopo che i fautori della detta variante nobilmente, mercè pubbliche dichiarazioni, fecero intendere che giammai era loro intendimento di nuocere anche lontanamente ai paesi beneficati dal tracciato di legge, s’insistè per tenere ugualmente il presente Comizio per cimentare l’accordo di tutti i Comuni del Circondario, avere una larga intesa per evitare ostacoli possibili e per chiedere al Governo l’esecuzione della legge sulla Basilicata per le ferrovie da essa concesse, cominciando la costruzione della tratta Grumo-Matera-Ferrandina.
A distanza di oltre un secolo, le problematiche, allora oggetto di discussione sono tutte sul tappeto e condizionano pesantamente l’economia ed ogni forma di sviluppo dei nostri territori. È pur vero che il riconoscimento di Matera a Capitale Europea della Cultura 2019, può innescare una serie di processi virtuosi, ma è anche vero che l’efficienza di un territorio si evince dalla qualità della rete di trasporti che lo supporta. D’altronde, una capitale, quand’anche della cultura, deve consentire innanzitutto la libera circolazione delle persone e delle merci. Nella regione Basilicata si dibatte ancora sulla necessità di ultimare la tratta ferroviaria Matera-Ferrandina ignorando ben oltre 150 anni di richieste, studi, leggi, opere ed anche sommosse e scontri per ottenere il tanto agognato collegamento alla rete ferroviaria dello Stato. La richiesta del 14 agosto 1906, era ben congegnata e prevedeva l’inserimento a pieno titolo di Matera nella rete ferroviaria nazionale. Infatti il collegamento a Grumo Appula, comporta l’allacciamento alla linea Bari-Taranto, per poi intersecare ad Altamura la linea Gioia del Colle-Rocchetta S.Antonio-Foggia, ed infine continuare a Ferrandina per la dorsale tirrenica. La Matera-Ferrandina è davvero una richiesta minimale, rispetto a quello che avrebbe dovuto e si dovrebbe fare per Matera e la sua provincia. Confidiamo nelle virtù terapeutiche del solleone di questo ferragosto affinchè qualche colpo di sole, possa riportare la serenità in tante menti annebbiate che continuano a negare lo sviluppo e la possibilità che i nostri territori si dotino quantomeno di un minimo di infrastrutture. In fondo non si stà richiedendo per Matera l’alta velocità ferroviaria che pur costituirebbe lo standard per una città capitale europea della cultura. Matera è in Europa e deve pretendere i requisiti minimi, soprattutto in materia di trasporto che consentano di poter competere alla pari con le altre realtà continentali. Solo così si determinerebbe un progresso e sarebbe indubbiamente un segnale di rottura e discontinuità con un certo passato che ha finora spolpato i nostri meravigliosi territori, considerati soltanto come una cosa buona da rodere e intascare.