“Doveva essere una festa dello sport invece si è trasformata in un incubo” . Così il giornalista lucano di origini tursitane, inviato del programma pomeridiano di RaiUno ha raccontato in televisione la sua esperienza sabato scorso in piazza San Carlo a Torino durante la finale di Champions League dove 30000 persone provenienti da tutta Italia si erano ritrovati per assistere al mach di calcio Juventus Real Madrid che si stava disputando a Cardiff. “Ero in quella piazz per lavoro stavo raccontando L’evento sportivo. I tifosi condividevano passioni, cori, gioie ma anche tensioni per il risultato non favorevole alla squadra piemontese. Quando subito dopo il terzo goal del Real Madrid, passate da poco le 22, ho sentito un colpo, nulla di così preoccupante o strano durante un evento sportivo. Dopo qualche secondo le transenne che de limitavano la zona privè per gli addetti hai lavori, la stampa e i fotoreporter è stata abbattuta. Mi sono ritrovato schiacciato da un fiume di gente che urlava cercando una via di fuga da Piazza San Carlo” . Un racconto freddo, razionale che ha vissuto in prima persona Giuseppe Di Tommaso. Attimi che abbiamo visto nei telegiornali dei giorni scorsi, che hanno sconvolto una città abituata a vivere evento sportivi. “Non riuscivo ad alzarmi da terra, ma soprattutto non capivo se si stavano usando in piazza delle armi contro la folla oppure un kamikaze. Ho strisciato per circa 50 m sul pavimento mentre la gente mi passava sopra ed ho trovato rifugio sotto un furgoncino. In quegli attimi ti passa davvero tutta la vita davanti. Ho pensato a mia madre, a mia sorella, agli amici del paese a quelle cose che ancora dovevo fare”. Attimi interminabili dove la paura di essere vittima dii un attentato terroristico, uno di quelli che si vedono negli ultimi anni troppi di frequente nella nostra Europa, prende il sopravvento sulla razionalità. “Sentivo le urla della gente, i pianti dei bambini ed il sangue mentre i minuti sembravano interminabili. Poi ho deciso di uscire un poliziotto mi ha urlato di andare subito via, ma la mia anima da giornalista mi ha dato la forza di riprendere il tutto con il cellulare andando in senso contrario alla folla e raccontare, documentate quello che stava succedendo”. Giuseppe Di Tommaso ha scelto di non abbandonare la piazza ma quasi come un dovere etico, professionale realizzare una testimonianza di quel terribile episodio, inconsapevole di cosa stesse realmente succedendo. “Ho capito che non si trattava di un attentato quando ho raggiunto il punto da dove è partito il terrore, da dove la folla ha iniziato a filuggire. Per terra in una piazza quasi deserta soli sangue, oggetti abbandonati, qualche ragazzo svenuto e tanti cocci di bottiglie di vetro che non dovevano trovarsi li e che erano diventate armi pericolosissime per tutti. Avevo perso una scarpa ed ero dolorante ad una gamba ma avevo il dovere di continuare il mio lavoro”. Alla fine 1527 sono stati i feriti di quella sera, otto codici rossi e tanta gente spaventata. Una città distrutta, vetrine sfondare, panchine staccate, una balaustra caduta. “Siamo stati fortunati poteva andare peggio . Quello che ho capito che la voglia di vivere di divertirsi ha perso contro la paura di essere possibili vittime”. Un racconto che Giuseppe Di Tommaso ha fatto proprio nel programma di Raiuno dove lavora “La vita in diretta” con gli occhi di chi ha vissuto qualcosa di terribile, qualcosa che doveva essere altro , una festa dello sport.
Giu 07