Se è vero che Matera rappresenterà l’Italia nel 2019 con il titolo di capitale europea della cultura e che la città dei Sassi non è ancora collegata alle Ferrovie dello Stato è evidente che i conti non tornano. Persino Renzi nel suo “Matteorisponde” sui social ha dichiarato che se fai Matera capitale europea della cultura e non la puoi raggiungere non sei credibile come sistema-Italia. La battaglia per la ferrovia a Matera non può fermarsi e dopo la mobilitazione di assessori, sindaci e presidenti della Provincia a Roma per protestare contro Trenitalia su SassiLive arriva il contributo di Gianni Maragno, in cui spiega perchè la ferrovia è necessaria e non inutile per il nostro territorio. Adesso bisogna però convincere Trenitalia e chi deve mettere i soldi per completare le infrastrutture da Ferrandina al borgo La Martella dove è stata già realizzata una stazione che è diventata nel corso degli anni un’altra “Cattedrale nel deserto”.
Michele Capolupo
Di seguito la nota di Gianni Maragno che riapre il dibattito sulla necessità di collegare Matera alle Ferrovie dello Stato.
L’inutile invece necessario
Nei giorni scosi ha avuto un significativo risalto, in rete e sulla stampa, la notizia di una vigorosa (e forse un po’ teatrale) protesta attuata da un discreto numero di rappresentanti degli enti territoriali della nostra regione. Assessori, Sindaci e Presidenti di Provincia, rivestiti delle insegne istituzionali, sono saliti in gruppo su uno degli sparuti treni che collegano la Basilicata a Roma, per reclamare una maggiore considerazione per i collegamenti ferroviari che penalizzano quotidianamente i cittadini lucani. Purtroppo, l’esito è stato poco incoraggiante, perché la titolata delegazione, con scarso rispetto dell’etichetta, non è stata nemmeno ricevuta dai vertici dell’azienda ferroviaria di stato.
La motivazione principale di questa ‘marcia (per linea ferrata) su Roma’ è stata dettata dalla visibilità con cui, ‘more italico’, si è inteso esibire ancora una volta la già reiterata richiesta di mezzi più efficienti e decorosi (e, utopisticamente, più rapidi) per raggiungere, senza disagi, la Capitale dai diversi centri della Regione con la rete ferroviaria nazionale.
Ecco, e qui sorge un punto di disagio e di contraddizione da sempre irrisolto, uno dei due Capoluoghi di Provincia della Basilicata, e buona parte del suo territorio, è a tutt’oggi privo di una qualsiasi traccia di allacciamento con le più importanti direttrici ferroviarie per trasporto e trasferimento di persone e cose.
Potremmo, forse, definire poeticamente ‘sogno’ la giusta aspirazione che Matera ha, ormai da più di un secolo, di essere collegata alla Ferrovia dello Stato; e non vorremmo che si trasformasse in incubo.
Mettiamo però da parte la celia!
È purtroppo evidente, tuttavia, che la carenza di idonee infrastrutture – in primis la strada ferrata – ha profondamente limitato l’espansione e lo sviluppo economico e demografico della Città dei Sassi. Questo isolamento, poi, non ha certamento nemmeno giovato al resto del territorio regionale, in quanto la mancanza di collegamenti, soprattutto con il Capoluogo di Regione ha fatto sì che gli scambi e le attività produttive di una parte dell’area materana seguissero il percorso più diretto e naturale verso la Puglia.
Era il 1877 quando il nuovo stato Sabaudo, subentrato al Regno delle due Sicilie, completò la linea ferroviaria che da Eboli raggiungeva Brindisi, attraversando la Provincia di Basilicata, che allora aveva Potenza come unico capoluogo, pur avendo una estensione grande quanto quattro province del Nord. Allora, Matera venne ingiustamente sacrificata per infelici e inadeguate ragioni di potere. E la situazione si protrae ancora oggi.
Matera non ha mai accettato l’esclusione dalla rete ferroviaria nazionale, reclamandola in tutte le sedi ed in ogni occasione. Per esempio, nel 1922 (proprio per reazione al protrarsi di quell’isolamento) i proprietari terrieri di Matera e di un buon numero dei comuni del Circondario si dichiararono pronti ad abbandonare la Basilicata per passare nel nuovo organismo, cosiddetto dei “Due Mari”, ufficialmente costituito nell’anno successivo, il 1923, e corrispondente alla odierna Provincia di Taranto. Questa risoluzione, espressa da una componente sociale rilevante, generò moltissima preoccupazione nel Capoluogo della Basilicata, tanto che fu chiesto l’intervento del Capo del Governo, Mussolini, per fermare questo tentativo. Per una serie di fortuite vicende, questa paventata migrazione non ebbe la possibilità di procedere e fu un bene, perché, a distanza di soltanto 4 anni, nel 1927 Matera fu nominata provincia e divenne il secondo capoluogo della Basilicata. Se fosse transitata sotto Taranto, probabilmente non avrebbe mai più conseguito quel riconoscimento!
Ma non si sono mai sopite per Matera le giuste istanze per essere risarcita da quella lontana esclusione dal collegamento con la “Ferrovia dello Stato”; testardamente i cittadini con aggregazioni spontanee o in forma istituzionale, reclamano un sistema di trasporti adeguato agli standard europei, che consenta la libera circolazione delle persone e delle merci, determinando un conseguente livello di competitività per le imprese e le attività produttive.
In questa ottica, vanno, in ogni caso, messe definitivamente da parte le sterili tensioni campanilistiche, che periodicamente riaffiorano in una parte del territorio materano, affinché insieme al suo capoluogo venga accorpato alla Puglia. Con la saldezza delle testimonianze della storia, è fondamentale ribadire in maniera convinta e consapevole che la città Capitale Europea della Cultura 2019 deve rimanere in Basilicata, in quanto motore non soltanto culturale e turistico di tutto il sistema regionale, ma anche economico e finanziario, in virtù di investimenti mirati in particolare nel settore delle infrastrutture ferroviarie e viarie. Ma, in questa prospettiva, Potenza, il “capoluogo”, dovrà pur cedere su qualcosa, pena una retrocessione sotto Catanzaro.
Sono frequentissimi in quel di Matera convegni e manifestazioni di livello nazionale ed internazionale, eppure la RAI ha sede a Potenza, troppo lontano per poter ben riuscire a svolgere un servizio pubblico. È, poi, sempre a Matera, che le produzioni cinematografiche si susseguono quasi senza soluzione di continuità, ma la Film Commission dirige dalla lontana, e a tutt’oggi quasi impossibile da raggiungere con i mezzi pubblici, città di Potenza. Anche l’Azienda Regionale di Promozione Turistica, che per deliberato regionale doveva avere sede principale a Matera, è rimasta nel capoluogo regionale, dove ha incrementato l’attività ed il personale, svuotando invece quasi del tutto il braccio operativo della Città dei Sassi. Analogamente è avvenuto per gran parte degli uffici e delle funzioni pubbliche, accentrate tutte nel capoluogo.
L’impegno per una ferrovia a Matera, il ‘sogno’ di un territorio, rischia ora di trasformarsi in un incubo con la volontà suicida di dichiarare inutile la tratta realizzanda Ferrandina Matera. Il collegamento con lo scalo di Ferrandina, attraverso Potenza consentirebbe anche a questa parte del materano di raggiungere agevolmente Salerno, stazione di raccordo con il sistema ferroviario ad alta velocità e quindi una possibilità di interazione con il resto del paese.
In aggiunta, però, desta preoccupazione e disorientamento constatare che, il piano di fattibilità, elaborato autonomamente da Rete Ferroviaria Italiana, al fine di dotare la futura Città-Capitale di un allacciamento ferroviario in tempo per il suo insediamento, e proposto al Governo Regionale all’indomani del riconoscimento di Capitale Europea della Cultura, sia stato respinto al mittente con stizza e iattanza.
Ma sono tutti davvero in buona fede coloro che sostengono che una ferrovia che colleghi Matera al resto della rete nazionale sia superflua? Sono passati circa 45 anni da quando il Sindaco dell’epoca assestò il primo simbolico colpo di piccone, per avviare il cantiere dei lavori per la Matera – Ferrandina. All’epoca, quel tracciato poteva anche avere poco senso, tenendo conto che il sistema ferroviario più accreditato gravitava sullo snodo di Bari; ma oggi, invece, le direttrici strategiche hanno potenziato l’asse tirrenico, portando l’alta velocità fino a Salerno. Un collegamento di Matera in quella direzione, attraverso Potenza, metterebbe in contatto diretto le due province di Basilicata e restituirebbe a questo territorio un’identità regionale, da sempre in sofferenza e che rischia di svanire ineluttabilmente.
L’incubo della maledizione che a Matera è ben conosciuta, torna ad aleggiare sinistramente. Infatti in ambito infrastrutturale sono state imposte quasi sempre scelte suicide, dalle ferrovie a scartamento ridotto, oberate da disavanzi di esercizio a carico della collettività regionale, alla metropolitana leggera cittadina, attuata e proposta in maniera episodica e svuotata da un efficace utilizzo per il trasporto urbano. Perché le opere inutili vengono eseguite contro la volontà dei cittadini e quelle che invece sono indispensabili e frutto di conquiste dei cittadini vengono abbandonate al fine di dichiararle inutili? Non sarà forse dovuto al fatto che la lontananza non soltanto geografica da Potenza confonda chi tali scelte deve attuare, definendo ‘inutile’ ciò che invece è strettamente ‘necessario’?
Matera deve rimanere in questa regione che, però, dovrà rivedere la dislocazione del potere, guardando anche al Vulture Melfese ed alle aree produttive regionali, che si sono sempre snodate lungo la valle del Bradano fino alla fascia del Metapontino. È auspicio collettivo che i materani possano viaggiare con i cugini potentini finalmente sullo stesso binario della cooperazione, forti della cura degli interessi di una regione che deve rimanere unita e sensibile alle istanze dei pochi abitanti che ancora la popolano.
Gianni Maragno