Il Movimento 5 Stelle di Potenza interviene sulla chiusura della scuola primaria Don Giovanni Bosco di Potenza. Di seguito la nota integrale.
L’ordinanza con la quale il sindaco del Capoluogo ha disposto con effetto immediato la chiusura della scuola primaria “S. Giovanni Bosco” di via Verdi è arrivata con un tempismo che potrebbe apparire sospetto, considerato che è trascorso meno di un mese dai tragici fatti di Via Piave a Matera, nel quale si è riportato alla luce la questione dei cosiddetti disastri “annunciati”. Già a fine agosto un’ordinanza aveva disposto lo sgombero del terzo piano dell’istituto ed il trasferimento degli alunni in un’altra scuola del Comprensivo allo scopo di “alleggerire” il piano; difatti già a fine estate c’erano i primi allarmi relativi alla sicurezza del terzo livello dell’edificio realizzato, creando una sopraelevata e ampliando lo sviluppo in pianta, nel 1976, quindi prima del terremoto del 1980, con criteri antisismici molto diversi dagli attuali. Che la situazione del “terzo livello” fosse nota alle autorità competenti è dimostrato proprio dall’ordinanza del 28 agosto 2013. Ma allora, perché non si è disposta la chiusura già prima dell’avvio dell’anno scolastico? Per non allarmare i genitori? Per non perdere iscritti? Per una sottovalutazione dei rischi?Per attendere una relazione tecnica completa sullo stato dell’edificio? Appare bizzarro che un giorno chi di competenza rassicuri i genitori e la cittadinanza sulla sicurezza dell’edificio, utilizzando ampliamente i mass media, per essere poi smentito già il giorno successivo da un’ordinanza di sgombero immediato emanata a seguito di un sopralluogo che ha evidenziato punti critici non adeguati ai livelli di sicurezza con rischi per l’intera struttura, non solo in caso di sisma, ma addirittura nell’ipotesi di sovraccarichi determinati da nevicate eccezionali. Siamo certi che per la valutazione sulla sicurezza della struttura non sia stato necessario attendere l’onda emotiva che ha seguito i fatti di Matera? Potenza e gran parte dei comuni lucani sono classificati come territorio ad alta sismicità, dove la possibilità di terremoti di forte intensità è elevata e ignorare la realtà è da incoscienti; serve la prevenzione perché i terremoti non possono essere previsti temporalmente ma è possibile mettere in atto adeguate politiche di riduzione del danno. Sarebbe auspicabile realizzare, in tempi non biblici, la mappatura di tutte le scuole ed edifici pubblici presenti sul territorio in relazione al grado di resistenza delle strutture in caso di eventi sismici e soprattutto rendere i cittadini consapevoli e responsabili attraverso la pubblicazione dei dati raccolti, con l’indicazione dei nominativi dei tecnici impegnati e del risultato delle perizie effettuate così da permettere agli amministratori di fare scelte responsabili ed ai cittadini di valutare l’operato dei propri rappresentanti. E’ tempo di trasparenza e chiarezza! I cittadini sono stufi di essere trattati come merce di scambio per ogni stagione elettorale, e possono accettare tutto l’immoralità politica di pseudo amministratori comunali ma non accettano la negligenza di chi deve vigilare e si nasconde dietro la copertura che il proprio ruolo gli concede. Il pressapochismo con il quale si cerca di amministrare la cosa pubblica ha dello scandaloso e l’esempio principe è proprio la chiusura di questo plesso scolastico. Oggi si applicano le rigorose norme sulla sicurezza, ieri queste norme sono state bypassate: chi paga e chi sbaglia?? Oggi pagano i nostri figli ai quali bisognerà che qualcuno spieghi loro perché’ hanno iniziato un anno scolastico in un edificio a rischio crollo, e gli altri a pagare saranno i genitori obbligati a trasferire i propri figli in un altra sede. Genitori e figli in balia delle istituzioni.
Di seguito un estratto del le dichiarazioni del dirigente Andriulli e dell’assessore Messina pubblicate dal Quotidiano il giorno prima dell’ordinanza di chiusura della scuola
PRIMA di tutto una rassicurazione: «al momento non c’è alcun pericolo per i bambini della scuola elementare “San Giovanni Bosco”, noi stiamo lavorando proprio per garantire la loro sicurezza». A parlare è Giancarlo Andriulli, dirigente comunale dell’ufficio Istruzione. La relazione sulla situazione dell’edificio – spiega il dirigente – «ha messo in evidenza degli elementi che tutto sommato noi già conoscevamo. E per questo ci siamo mossi subito. Si badi che la relazione specifica che il tempo di intervento per l’adeguamento sismico è di circa sette anni. Noi abbiamo deciso di non aspettare. La cosa principale da fare era liberare il terzo piano e l’abbiamo fatto immediatamente». Sul terzo piano della scuola di via Verdi c’erano delle classi, alcuni laboratori, delle stanze adibite a depositi: «abbiamo tolto tutto, qualsiasi cosa che potesse far peso. Ma soprattutto abbiamo tolto le classi. Ma si badi bene che il problema era legato più alla gestione di un’eventuale evacuazione che a un ipotetico crollo». Sono state fatte delle prove di evacuazione – spiega il dirigente – e sono stati calcolati i tempi. Per liberare quel terzo piano – considerando anche il panico generato da un terremoto – ci sarebbe voluto troppo tempo. «Senza considerare che c’è una scala, con gradini di diversa altezza: potevamo far finta di niente?». «Stiamo facendo verifiche e controlli. Aspettiamo ancora un’ultima relazione tecnica – ci vorrà un mesetto circa – e nel frattempo capiremo anche quante saranno le iscrizioni a quella scuola. A quel punto dovremo stabilire il “limite di convenienza economica”: dovremo cioè valutare se conviene di più demolire quell’ultimo piano o mantenerlo. Ovviamente in quest’ultimo caso bisognerà adeguarlo alle vigenti normative antisismiche. Ma si tratta di interventi che bisogna fare a scuola chiusa, in estate quindi». «Ma davvero credete che se ci fosse stato un problema di panico immediato io avrei permesso che i ragazzi rimanessero in quella struttura? Sarei stato un folle e così non è: io ci tengo prima di tutto alla sicurezza dei bambini. Ed è solo tenendo presente questa priorità che abbiamo deciso di svuotare completamente il terzo piano dell’edificio». L’assessore all’Istruzione Pinuccio Messina lo ripete più volte: sulla scuola “San Giovanni Bosco” di via Verdi «si vogliono fare strumentalizzazioni», ma non c’è alcun pericolo per la sicurezza dei bambini. Sicuramente dei lavori sono necessari, come evidenziato dalla relazione dei tecnici chiamati dall’amministrazione a visionare la struttura, «e stiamo facendo tutte le verifiche del caso. Ma quello che posso dire è che al momento non c’è alcun rischio sicurezza. L’unica questione aperta riguarda il numero di classi che l’edificio di via Verdi può ospitare: dieci al massimo. Ma poi l’organizzazione interna non dipende neppure più da noi. E’ la dirigente scolastica a decidere se spostare le quarte e le quinte, come quest’anno è stato fatto, o tenere solo l’intero ciclo di due sole sezioni. Questa scelta non dipende assolutamente da me, è una questione didattica». Per completezza di informazione , di seguito l’articolo pubblicato sabato 25, sempre sul Quotidiano di Basilicata, sull’incontro tra amministrazione e genitori: Un miliardo delle vecchie lire spesi nel 1993 per un intervento proprio sulla scuola “San Giovanni Bosco” di via Verdi. Un miliardo probabilmente in parte speso non come andava speso, intervenendo anche eccessivamente sui due piani inferiori e non facendo alcun lavoro proprio su quel terzo piano, che era quello che più meritava attenzione. E’ con questo fascicolo che il sindaco Santarsiero si è presentato davanti ai genitori dei bambini della “San Giovanni Bosco”, raccolti nell’aula magna del Comprensivo “Luigi La Vista”. Ed è in quel fascicolo – ha spiegato – la motivazione che lo ha portato a chiudere la scuola di via Verdi. «Perché i tecnici che stanno ancora facendo verifiche mi avevano chiesto altri 15 giorni per darmi una risposta definitiva. Magari dopo altre verifiche i tecnici mi diranno che non ci sono pericoli di stabilità, così fra qualche anno la Corte dei conti mi chiamerà a pagare in prima persona per tutte le spese in più scaturite da questa mia sofferta ma necessaria decisione». E’ per «estrema cautela che ho deciso di sgombrare e chiudere: nel 1993 vennero previsti una serie di adeguamenti sismici in città. E tra questi interventi c’è anche quel miliardo per la scuola di via Verdi. Solo che mentre il professor Franco Braga, un’autorità in materia, aveva messo in evidenza i pericoli di quel terzo piano e aveva espressamente parlato di demolizione del solaio, all’epoca si decise di non fare proprio quell’intervento. Perché questo sia successo io non lo so. Quello che so è che nel 2003 io mi trovo una relazione tecnica che mi dice che gli adeguamenti sismici su quell’edificio sono stati fatti. E per diversi anni non ci siamo preoccupati». Poi però la scuola evidenzia «un quadro fessurativo che meritava attenzione» e si chiede a dei professionisti di valutare la struttura. Il 17 gennaio scorso arriva la relazione tecnica, «verifichiamo attraverso un sopralluogo in via Verdi, che il quadro fessurativo che già ci aveva portato a sgombrarlo quel piano è peggiorato e così, in poche ore abbiamo preso la decisione di chiudere. Nessuno vuol prendervi in giro, non abbiamo segreti. Abbiamo preso questa decisione una settimana dopo la relazione». Santarsiero difende il lavoro suo e dei suoi tecnici: «le nostre restano le scuole più sicure d’Italia e lo ribadisco. Abbiamo avuto la massima attenzione verso l’edilizia scolastica, nonostante le scarse risorse sempre a nostra disposizione, ma per noi questa è una priorità». E ricorda via Perugia, Bucaletto, la Domiziano Viola. «E ora pensiamo a quella di via Verdi: c’è già un progetto che prevede la demolizione del terzo livello: recuperemo così un edificio di grande pregio da restituire alla città. E a settembre speriamo di poter riaprire».
LE ACCUSE Quando l’incontro inizia i visi di tutti sono molto tesi. La dirigente scolastica Leonarda Santeramo cerca di rompere il ghiaccio, spiegando che certo per tutti è una sofferenza lasciare quella scuola, un edificio storico in cui si sono formati tantissimi potentini. Però la speranza è che a settembre si torni, anche se l’edificio sarà certamente alleggerito. Ma non è quello il principale pensiero dei genitori. A loro interessa capire perchè sia stata messa a rischio la sicurezza dei bambini. E così, quando l’assessore Messina prende la parola per spiegare che dopo una circolare della Prefettura del giugno scorso sono partiti controlli a tappetto proprio sulle scuole, la sala si infiamma. Lui continua: «Abbiamo visionato proprio le strutture di via Verdi e la “Albini” di Betlemme: quest’ultima abbiamo deciso di chiuderla, su via Verdi siamo intervenuti liberando il terzo piano dalle classi e poi andando avanti con le verifiche». E spiega ancora che i locali che erano destinati alla Città educante lì al Francioso ora andranno benissimo per questa sopraggiunta emergenza. Ma non riesce a finire. I genitori sono arrabbiati, «le perizie andavano fatte prima – dicono – siete stati superficiali e irresponsabili a lasciare i bambini lì. E ora veniamo a sapere che anche un’eccezionale nevicata avrebbe provocare un crollo. Vi muovete solo ora perchè nel frattempo c’è stata la tragedia di Matera, ma nei vostri programmi non c’era lo sgombero». Messina si difende, «l’unica accusa che non accetto è l’irresponsabilità», ma le mamme sono arrabbiate: «chiudere è stata la scelta giusta sicuramente, ma vorremmo sapere chi è il tecnico che ha fatto andare finora i bambini lì, con quei rischi». C’è l’ingegnere-papà che ricorda che la normativa prevedeva l’adeguamento sismico entro il 2010 e un altro che non vuol sentir parlare di sbalzi, vuole solo risposte. Il clima si fa così teso che Santarsiero minaccia anche di andar via. E poi d’improvviso ritorna la calma, quando Santarsiero conclude scatta anche l’applauso. E’ ora di andare avanti: ora si deve pensare alla logistica. Quando ripartire (il 30 gennaio probabilmente), come si devono superare i problemi di traffico del mattino. E tra navette e sgomberi (stavolta del fruttivendolo di via Enrico Toti), i genitori pensano a finire quest’anno. Al prossimo si penserà.