«La mia sorellina è stata accettata. Grazie». Il messaggio mi è giunto nottetempo alle 2,40 di giovedì. Verso le 7,00 una voce femminile mi ha comunicato la morte di Carmela Festa in Cuscianna. Il messaggio proveniva da Giusy, la sorella minore.
Non ho mai ricevuto un annuncio di morte simile. Conosco Giusy da quando era bambina. Ha un cuore temprato e una intelligenza vivida. È una giovane donna, sposa e madre, che non dimentica il cielo. Il suo messaggio è una insuperabile lettura della morte di Carmela.
La sorella di gran carattere che per lei fu esempio e guida è definita «sorellina». Capita che chi è più piccolo sia chiamato dalla vita a essere maggiore quando chi è più grande è divenuto fragile, ha bisogno di soccorso e di incondizionato affetto.
Quel che nel messaggio è inatteso, distante dalla mentalità comune, stellare, è l’espressione «è stata accettata» che implica un’accoglienza dopo la valutazione positiva di una prova.
Non dalla morte è stata accettata Carmela che con lei ha conteso eroicamente fino all’ultimo. Il messaggio di Giusy perentoriamente, con pudore, ma con la smisurata fede dei semplici, proclama che alla sorella, dopo un inenarrabile calvario, è stata dischiusa l’ospitalità gloriosa che Dio riserva ai martiri. Da chi diversamente da lui sarebbe stata accettata Carmela?
Oggi, venerdì, nella chiesa grande della Parrocchia di Sant’Agnese la Liturgia –orazioni, Parola, Eucaristia e riti di congedo – rafforzerà la proclamazione di Giusy con la speranza certa della Risurrezione.
Il messaggio è sigillato da un «Grazie» che, senza dubbio, raccoglie tutte le voci dei Cuscianna e dei Festa. È un altro segno di grandezza, in un frangente in cui ci si potrebbe attendere l’esplosione del risentimento contro l’universo mondo. No, un immenso grazie è dovuto a lei, Carmela, per la dignità e la tenacia che ha testimoniato nel combattimento. E un grazie è dovuto ai suoi che l’hanno sorretta in maniera incomparabile.
È stata accettata Carmela, siamo sicuri, è stata accettata, accettata, accettata. Sia pure tra le lacrime di quelli che l’amano e l’ammirano, suonate a distesa campane.
Basilio Gavazzeni