“In attesa di conoscere i dettagli dell’inchiesta sulle carni bovine che ha riguardato anche la nostra regione e di accertare le eventuali responsabilità come quelle di medici veterinari oltre che le modalità di svolgimento della vendita come pregiate, talvolta anche chianine, di carni di razze meticce, per noi l’etichettatura d’origine delle carni anche trasformate resta l’unico strumento per prevenire qualsiasi illegalità”. A sostenerlo è il direttore della Cia di Potenza Luciano Sileo.
“Siamo sempre più convinti che -afferma ancora Sileo- insistere sulla qualità, i controlli sull’intera filiera allevamenti-mattatoi-macellerie-supermercati rappresenti una garanzia in più per i consumatori e un vantaggio in più per gli allevatori che spuntano ancora prezzi bassi rispetto ai costi sempre crescenti in stalla. Per questo, l’etichettatura d’origine delle carni non può essere più un optional. Deve, invece, diventare un obbligo per consentire ai consumatori di scegliere in modo consapevole e agli allevatori di difendere e valorizzare le loro produzioni di qualità. In tema di marchio delle carni lucane – aggiunge – bisogna fare più in fretta. E se da tempo carne podolica e Agnello delle dolomiti lucane rappresentano le eccellenze capaci di fare da volano all’intero comparto zootecnico lucano l’unica soluzione strutturale in grado di assicurare la trasparenza negli scambi commerciali e la tutela di consumatori e produttori dal rischio frodi è l’estensione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti, a partire dalla materia prima utilizzata. Dobbiamo, perciò, riprendere l’iniziativa avviata negli anni passati dalle associazioni professionali degli allevatori – afferma la Cia – per riaprire un tavolo tecnico regionale su questo tema”.
Il dirigente della Cia ribadisce infine “l’attualità di un Piano regionale per il comparto zootecnico, da aggiornare con le misure del nuovo Psr 2014-2020, e di un programma di consolidamento e rilancio del sistema agroalimentare e industriale legato alle produzioni locali tipiche e di qualità. Gli allevatori lucani vivono un momento di grande difficoltà. I prezzi del bestiame alla stalla sono sempre in discesa mentre i costi onerosi creano ostacoli e problemi alla gestione delle imprese e il consumo di carne fresca è in calo. Una situazione complessa che richiede interventi e azioni efficaci prima di tutto per rassicurare i consumatori. Non si può dimenticare infatti il conto “salatissimo” che il Paese ha già pagato per colpa degli allarmi alimentari veri o presunti degli ultimi dieci anni: tra “mucca pazza”, aviaria e “batterio killer” il bilancio dei danni della “paura a tavola” supera la cifra record di 5 miliardi di euro”.
Giu 10