I non pendolari di Basilicata in una nota denunciano nuovamente lo stato di degrado e abbandono di molti edifici delle Ferrovie dello Stato, in particolare dei 36 scali lucani.
Siamo tornati a vedere, dopo aver denunciato lo stato di degrado e abbandono di molti edifici delle Ferrovie dello Stato, se qualcosa è migliorato. Abbiamo scelto tra tutti i 36 scali lucani quelli messi peggio convinti che, dopo l’invito a bonificare ambienti e strutture allo sfascio, l’azienda avesse nel frattempo provveduto. Dodici mesi fa l’analisi che uscì da resoconti e reportage fotografici fu desolante: muri imbrattati, sottopassi usati come gabinetti, wc chiusi o malmessi, infiltrazioni d’acqua nelle murature, escrementi di volatili sui marciapiedi, rifiuti ovunque, magazzini vandalizzati, lampioni non funzionanti, concentrazione di barriere architettoniche più che in ogni altro luogo pubblico. Tante cose non andavano e l’abbiamo dimostrato aiutati da fotografie che dicevano più delle parole. La situazione che abbiamo (ri)trovato è, esclusi pochi casi, ancora la stessa. E non va bene. Non va bene soprattutto perchè fu la stessa Rfi a dare una serie di garanzie. Ad esempio: la maggior parte delle stazioni non è più presenzita da personale ma questo, dissero, «non significa averle abbandonate perchè verifichiamo caso per caso la possibilità di valorizzarle con l’apertura di bar, edicole o altri esercizi commerciali. Se poi questo non è possibile, Rfi si attiva con enti locali o associazioni no profit per cedere, in comodato gratuito, i locali non più funzionali all’attività ferroviaria in cambio di piccola manutenzione. Se anche questo non è realizzabile», spiegava sempre Rfi, «attrezziamo pensiline aperte attrezzate o aree per l’attesa negli atrii: ciò permette di garantire ai passeggeri il riparo dagli agenti atmosferici e il decoro delle strutture». Non è così. L’avevamo detto un anno fa e lo ripetiamo oggi: le stazioni non presenziate sono in balìa di vandali, incuria, degrado; anche quelle concesse a enti pubblici in realtà sono decadenti e bersaglio di atti distruttivi. Risulta difficile capire perchè Rfi non riesca nemmeno a sistemare una lampadina in tempi celeri. Se non si interviene a difendere queste strutture, a dare loro di nuovo una funzione sociale mettendole a disposizione della comunità, torneremo anche l’anno prossimo a raccontare di infrastrutture fatiscenti, a pezzi. Il guaio è che la gente in treno ci va, in stazione ci vive e, a fronte di un servizio che paga caro, ha in cambio ambienti e strutture inadeguate, tristi, decadenti. Spesso, troppo spesso, di fronte all’arrogante insensibilità degli amministratori che tocchiamo regolarmente con mano, ci viene da chiederci: ma Rfi fa manutenzione? Come la fa? Dov’è finita la Regione Basilicata? Non è una minaccia ma una promessa: torneremo di nuovo, tra un anno, a parlare di stazioni dimenticate.
I non pendolari di Basilicata Davide Mecca, Gerardo Petruzzi, Stefano Amelii, Antonio Pappano, Maria Sabina Lembo, Sabrina Tagliaferri, Francesca Palumbo, Luigi Insetti, Antonio Di Bello, Aurelio Strollo, Eleonora Mari, Cosimo D’elia.