Domenica 2 agosto 2015 alle ore 19,30 a Matera nella chiesa di San Giovanni da Matera e del Purgatorio Vecchio e presso l’Antico Palombaro del Sasso Caveoso (Raccolta delle acque) in via Purgatorio Vecchio 13 è in programma la mostra d’arte contemporanea di Gino De Rinaldis e Giovanni Valletta a cura di Lucio Galante.
La mostra rimarrà aperta fino al 30 settembre 2015 tutti i giorni fino al 30 settembre 2015 dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Gino De Rinaldis (…) lo ritrovo, adesso, impegnato ad indagare il corpo umano. (…) se si guarda a tutto il corso dell’arte del Novecento (…) proprio il corpo umano, e in particolare il corpo femminile, ha continuato ad essere oggetto di attenzione da parte degli artisti.
(…) sono sempre e comunque i mezzi espressivi di cui si avvale ogni artista che ci fanno capire se il corpo è, ad esempio, un solido che si presta ad essere raffigurato nelle pose più ardite o più semplici, se ha una identità, un’anima o un carattere, o, ancora, se è una presenza vera o un simulacro, una condizione umana o un esempio di virtù morali. Posso, allora, dire subito che per De Rinaldis non è nessuna di queste opzioni. E’, innanzitutto, il risultato di un procedimento tecnico attraverso il quale egli fa emergere (non trovo altro termine più appropriato) l’immagine del corpo, proprio un procedimento tecnico (la citata “essudazione” che consiste non nell’applicare il colore sulla tela, ma nel farlo emergere per assorbimento, attraverso la stessa tela, applicandolo sul suo retro) che egli ha applicato a due supporti diversi, la tela di juta, come già detto, e la carta, utilizzando due pigmenti diversi, a olio nel primo supporto, acquerello nel secondo. Non sembri riduttivo questo discorso, ma solo conoscendo le notevoli difficoltà che i due procedimenti comportano, includendovi la lunga durata della operazione, si potrà capire anche la sfida ingaggiata dall’artista con la propria tecnica, che egli non ha mai considerato fine a se stessa, ma passaggio obbligato al fine dell’espressione. (…)
Cos’ha, dunque, sperimentato innanzitutto De Rinaldis, che gli esiti espressivi della stessa tecnica (l’essudazione) sono stati diversi per via della diversità dei supporti e del pigmento, il che, ancora una volta, conferma il peso che la tecnica e il medium hanno sul risultato del procedimento di realizzazione dell’opera (…) Questa sua verifica non lo ha scoraggiato, perché il suo obiettivo era cercare di afferrare il corpo, cosa che ha continuato a fare in parallelo usando i due supporti. (…)
Se l’intenzione dell’artista era quella di dar vita a una serie di immagini non evasive e non affascinanti, ma che sollecitassero una qualche riflessione sul tema del femminile, direi che egli è riuscito pienamente, utilizzando al meglio i suoi mezzi espressivi. Infatti, nei dipinti di carta non vi sono più linee morbide e sensuali né colori gradevoli, i corpi sono senza bellezza, sono come fatti di pietra, più tormentati.
Per concludere (…) non è necessario convertirsi ai media tecnologici per dare, nel suo caso, nuova vita al corpo umano; qualunque sia il procedimento tecnico adottato, il corpo resterà una realtà da esplorare, ma l’arte in quanto tale sarà comunque il prodotto di un artificio tecnico, sulla base del quale dovrà essere valutata, come è sempre avvenuto.
Biografia di Giovanni Valletta
Nel percorso artistico di Giovanni Valletta (…) non v’è che lo sviluppo coerente di una ricerca basata sulla scelta, fatta in prima istanza, dell’astrazione, divenuta poi definitiva, e su una quasi naturale propensione per le forme regolari. (…) nella costruzione delle forme hanno sempre giocato un ruolo decisivo la sua capacità inventiva e la ricerca del valore delle forme medesime. (…) è riconoscibile in lui un tendenziale disimpegno dalla realtà fenomenica, attestato appunto da un costante interesse per le forme geometriche, per essenza prive di accidentalità, e una aspirazione a una sorta di purezza che nelle sue sculture ha assunto di volta in volta l’aspetto delle superfici riflettenti dell’ottone, materiale a lui congeniale e, perciò, quasi privilegiato, e di quelle levigate del marmo (…)
In Valletta tutto torna, per come è congegnata l’opera, è fin troppo evidente che la geometria è il fattore regolatore, e se lo si rapporta al problema dello spazio, ne costituisce la misura. Associata all’idea della purezza, espressa ora dal dominio del bianco, che nella sua uniformità esalta la levigatezza delle superfici, rafforza l’impressione di trovarci di fronte a una struttura semplice e regolare nelle sue linee, concorrendo a trasmetterci un senso di totale armonia, di assenza del tempo, che, sia pure discretamente, ci affascina. (…)
Pur nella riduzione della scala dimensionale, le sculture di Valletta hanno spesso rivelato una sorta di vocazione architettonica, che non è mai venuta meno, anche ora, ma non è chi non veda che le forme, grazie al nitore e alla uniformità del bianco, sono diventate puri volumi, che vengono percepiti sempre tali da qualunque angolazione li si guardi, effetto esaltato dalla opportuna scelta delle basi in nero.
E’ evidente che per lui non conta più la qualità fisica delle materie, ma più direttamente la relativa configurazione formale, egli è giunto ormai a livelli di tale sensibilità e finezza che non corre più alcun rischio di ricredersi. Anche la luce fenomenica non ha più ragion d’essere presa in considerazione, perché il bianco e il giallo oro vivono di luce propria, concorrendo a dare alla geometria il valore di una visione quasi olimpica, se non proprio metafisica. (…)
I momenti e i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato il suo lungo percorso e che lo hanno visto artista partecipe delle grandi trasformazioni della ricerca plastica del secolo trascorso, lo hanno messo nella condizione, non solo, come gli altri artisti del Novecento, di fare i conti con la concretezza delle materie e con le relative possibilità di trasformazione, ma anche di riuscire a superarne l’inevitabile attrazione. Ma se, come spesso accade, la riemersione del dramma potrebbe sembrare interrompere un nuovo corso, non v’è dubbio che, nel caso di Valletta, il suo ha tutte le caratteristiche di un punto di arrivo, proprio perché la progettualità ha assunto per lui un diverso valore, è essa stessa parte costitutiva del processo creativo, mentre è diventata secondaria la parte esecutiva, ancorché indispensabile al fine della qualità della resa formale dell’opera, rendendolo (il processo) in certo senso irreversibile.
Non è più tempo per Giovanni Valletta di giudizi provvisori, nel senso di condizionati da una limitata e circoscritta conoscenza. Semmai, in una fase, come quella attuale, nella quale si torna a interrogarsi sul valore del medium, e sulla necessità di riconsiderare la qualità dell’opera, l’esperienza di Valletta, come quella di tanti altri artisti, fuori dai cosiddetti circuiti internazionali, dimostra che la qualità non dipende dal grado di novità sperimentale della ricerca artistica (come quella, ad esempio, che ha fatto ricorso ai nuovi media tecnologici), ma dalla, sempre valida, ”densità” dell’opera.
Biografia di Gino De Rinaldis
Nasce a Lecce nel 1954, dove vive e lavora. Durante gli studi di medicina si avvicina alla pittura da autodidatta e, dopo una breve esperienza di tipo tradizionale, intraprende una ricerca sulla tecnica pittorica. Nei primi anni ottanta nascono le “essudazioni” in cui la carta o la tela, attraversate dal colore, non sono più semplici supporti passivi, ma partecipano insieme all’artista al processo creativo. L’opera, dunque, nasce dall’interazione di tela, carta, colore, mente e corpo dell’artista, superando il confine interno/esterno. La tela diventa pulsante di vita e l’opera è un farsi in una reciprocità dialogica tra l’artista e la materia, in uno scambio di energie in cui la casualità assume un ruolo fondamentale dando all’opera un senso cosmico e vitale. Negli anni novanta le ricerche sulla carta lo portano, attraverso un procedimento piuttosto complesso, alle “carte fossili”, dove il colore evapora, si secca e la superficie appare pietrosa. Agli inizi degli anni duemila, approda alle “sfilature”, in cui si evidenzia lo stretto legame tra composizione e decomposizione. Con un lavoro certosino di asportazione della trama si generano sulla superficie della tela nuove immagini, in un viaggio che richiama pienamente quello della vita. Si ricorda la sua partecipazione alle rassegne: IT97 (Monteroni di Lecce, 1997); Lo sguardo della distanza (Lecce, 1999); Dissimiglianza (Copertino, 1999); Situazione Duemila (Novoli, 2000) Histoires (Corbetta-MI, 2000); Fiatosospeso (Lecce, 2002); Il cuore nell’Arte (Brindisi, 2012). 2013 – “Questione generazionale”, Art Hotel, Lecce. 2014 – “Silenti stanze”, Palazzo Baronale, Nociglia (Le). Significative le sue personali presso Galleria “L’Osanna” di Nardo (1990), Castello Carlo V di Lecce (1994) e Fondazione “Palmieri” di Lecce (2012), Chiesa del purgatorio Vecchio (Matera, 2015). Le sue opere figurano in collezioni pubbliche e private. Tra le prime si ricordano la Pinacoteca Comunale di Novoli (Le) e il Museum “Vito Mele” c/o Basilica Santuario di Santa Maria di Leuca (Le).
GIOVANNI VALLETTA
Nasce a San Cesario di Lecce dove vive e lavora. Dopo una prima istruzione artistica presso l’Istituto Statale d’Arte di Lecce, che vede come suoi maestri Aldo Calò, Guido Gremigni, Virgilio Carotti e Vittorio Bodini, completa la sua formazione artistica a contatto con l’ambiente artistico napoletano che ha tra i referenti artisti come Borrelli , Gaetaniello e Perez. Gli esordi lo vedono impegnato ancora sul versante figurativo, ma le sue aperture lo immettono nel clima problematico dell’informale, scoprendo le radici moderne della scultura contemporanea e artisti come Hans Arp e successivamente Brancusi. Tale scoperta costituisce la vera svolta della sua ricerca, che lo vede, d’ora in poi, decisamente impegnato a sperimentare il rapporto fondamentale tra forma e materiali e tra i materiali e la luce. La sperimentazione delle forme astratte non significa per lui distacco dalla realtà, ma un modo per continuare a esprimere le sensazioni e le emozioni che si provano di fronte allo spettacolo naturale e per far diventare l’arte stessa parte viva del mondo naturale. La più recente produzione si muove nella direzione di una visione in cui forme e materiali giocano sul filo di una ambiguità, tra seduzione e distacco, tra bellezza sensibile e puro intelletto.
Nel 1970 consegue la medaglia d’oro alla IV Rassegna d’Arte Contemporanea di Lecce. L’anno seguente aderisce al Centrogramma ed espone a Firenze, nella mostra Arte e stampa. Si ricorda la sua partecipazione alle rassegne: Artigianarte (Lecce, 1981), Dissimiglianza (Copertino, 2000), Fiatosospeso (Lecce, 2002), Colori e sapori (Torino, 2005), Stracci al vento (Napoli, 2005), Folate iridescenti (Napoli, 2006), Artisti Contemporanei Salentini (Matino, 2006), I maestri dell’Istituto d’Arte (Lecce, 2007), Bicentenario di Garibaldi (Bergamo, 2008). Ha esposto in mostre personali a Lecce, Alezio, Bari, Trieste, Nardò, Matera. Le sue opere figurano in collezioni pubbliche e private. Tra le prime si ricordano la Collezione d’Arte Contemporanea dell’Università del Salento (Convento degli Olivetani, Lecce) e la Collezione d’Arte Contemporanea della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce.