In occasione del Natale 2014 in esposizione Natività, uno dei bassorilievi del ciclo Morte e nascita degli innocenti, realizzato da José Ortega a Matera, il presepe di Salvatore Sava e gli alberi di Natale di Carlo Lorenzetti, Giuseppe Pirozzi, Salvatore Cuschera, Giuseppe Capitano, Salvatore Sava, Giovanna Bolognini ed Emmanuele De Ruvo.
Sarà Josè Ortega (Arrobas de los Montes, Castiglia-La Mancia 1921 – Parigi 1990) l’artista del Natale 2014 del MUSMA.
Dall’8 dicembre 2014 all’11 gennaio 2015 nel I ipogeo di Palazzo Pomarici sarà possibile ammirare Natività, uno dei venti pannelli in cartapesta che compongono i due cicli Passarono e Morte e Nascita degli innocenti, prodotti, ciascuno in dieci esemplari, tra il 1971 e il 1974, i tre anni in cui Ortega visse a Matera.
Come da tradizione, Palazzo Pomarici ospiterà, inoltre, presepi e alberi d’artista. In particolare a diffondere l’atmosfera natalizia negli spazi del Museo saranno il Presepe di Salvatore Sava e gli alberi di Natale di Carlo Lorenzetti, Giuseppe Pirozzi, Salvatore Cuschera, Giuseppe Capitano, Salvatore Sava, Giovanna Bolognini ed Emmanuele De Ruvo.
Quest’anno, poi, il Museo di Scultura Contemporanea di Matera porta il suo Natale in città, con l’allestimento, nell’atrio della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, del Presepe geometrico di Lucio Del Pezzo, opera il legno dipinto del 2013, in esposizione al MUSMA lo scorso anno.
Nella Natività Ortega rappresenta una Madonna che guarda e stringe forte a sé Gesù appena nato, lo accarezza e lo mostra ai pellegrini giunti a rendere omaggio al Salvatore, un San Giuseppe dallo sguardo commosso ma vigile, il corpo proteso a proteggere la mamma e il suo bambino da quello che di lì a poco succederà. La tecnica della tempera all’uovo, stesa sulle forme plasmate con la cartapesta, conferisce all’opera una superficie ruvida, come se l’immagine fosse dipinta sul muro e sottoposta al logorio del tempo. I quadri del ciclo sembrano il risultato di un’arte popolare, quella degli antichi “frontali” d’altare dipinti su pietra con rilievi in legno e stucco.
Il bassorilievo si inserisce nel racconto che Ortega, esule dalla dittatura franchista, progetta e realizza per narrare i conflitti, il male e la dittatura che, in ogni Paese e in ogni epoca, schiacciano l’uomo, il cui riscatto avviene grazie alla passione e alla lotta, in una successione ininterrotta di cicli di morte e nascita.
I travagliati anni di militanza antifranchista, il carcere, la clandestinità e l’esilio danno all’arte di Ortega un carattere spiccatamente sociale. “Un’opera”, come scrive Pierre Gaudibert, “di sintesi al servizio del popolo, in cui gli apporti spagnoli, contadini, mediterranei, biblici, politici toccheranno un universale profondamente radicato nella terra e nell’uomo”.
Il messaggio universale di pietà e immedesimazione con un’umanità sofferente e in cerca di salvezza, tanto più si avvertono in un bassorilievo come Natività, momento di religiosità pura e antica, la nascita simbolo che sprona l’uomo a lottare per il suo genetico bisogno di libertà.
“L’artista”, scrive Ortega, “ha sempre un contenuto da comunicare agli altri. (…) il suo lavoro consiste nel trovare la forma miglior e più universale per farlo”.
Nei cicli Passarono e Morte e Nascita, Ortega sceglie una pittura che diventa scultura tramite l’antica tecnica artigianale della cartapesta. Insieme ai maestri cartapestai materani il pittore castigliano crea bassorilievi in terracotta per poi procedere a calchi in gesso e, successivamente, a un minuzioso lavoro di produzione della cartapesta: carta, cartoni e tessuti vengono macerati e incollati. Le stampe così modellate sono fissate su un’impalcatura di legno per, infine, procedere alla stesura dei colori, fondamentali protagonisti delle opere di Ortega. Colori vivi, netti, provenienti dalla terra, l’artista stesso li sbriciola con le mani fino a renderli pigmenti in polvere. “I colori parlano, ci parlano”, scriveva Ortega, affermano sentimenti, stati d’animo, ogni colore con un suo proprio significato.
L’opera di Ortega, pur risentendo dell’influenza dei suoi celebri conterranei, El Greco, Goya e Picasso, richiama alla mente le miniature mozarabiche dell’arte romanica spagnola. Le esperienze dei pittori moderni e a lui contemporanei, in particolare le tecniche compositive di Munch, le linee di Mirò, i colori carichi di Van Gogh, nelle sue pitture si trasformano e acquistano una propria cifra stilistica, generando una perfetta fusione di forma e contenuto.
“Il motivo conduttore della mia arte è semplice”, scrive Ortega, “far conoscere agli altri quello che io ho capito”.
In occasione delle festività natalizie il Museo osserverà dei giorni di apertura pomeridiana straordinaria, dalle 16 alle 20: 6, 7 e 8 dicembre 2014 e 2, 3, 4 e 5 gennaio 2014.
José Ortega – Cenni biografici
José Ortega nasce nel 1921 ad Arroba de Los Montes, un piccolo paese della Mancha. A tredici anni si trasferisce a Madrid e nel 1936/37, gli anni guerra civile spagnola, dipinge murales con appelli di protesta sui marciapiedi e sui muri della città, solidale con le milizie popolari.
Tra il ’40 e il ’45 lavora in un laboratorio di pittura e decorazione. Iscrittosi nel 1941 al Partito Comunista, nel 1947 viene accusato di attività contro il regime e condannato a dieci anni di carcere.
Uscito in anticipo di prigione, si iscrive, nel 1952, alla Scuola Nazionale di arti grafiche di Madrid, diventando in quegli anni uno dei fondatori e animatori di Juglaria, gruppo di giovani intellettuali responsabili del primo programma di opposizione al regime franchista da parte del mondo della cultura.
Nel 1953 riceve una borsa di studio dal governo francese per l’Ecole Estienne e L’Ecole des Beaux Arts di Parigi. In Francia produce i due cicli Terrore Franchista e Libertà Parigi.
Tornato in Spagna, partecipa attivamente alle lotte contro in governo franchista. Nel 1956 espone alla Galleria Alfil di Madrid, pubblicando, nello stesso anno, il Manifesto del Realismo Sociale. Nel 1957 i suoi quadri vengono esposti a Mosca al Festival internazionale della Gioventù. In Spagna continua però a vivere in clandestinità. In questo periodo il poeta italiano Velso Mucci inizia a far conoscere le sue opere in Italia.
Nel 1960, esule in Francia, espone alla Librairie Espagnole di Parigi. Nello stesso anno una sua personale all’Associazione degli Artisti Baschi di Bilbao viene fatta chiudere dalla polizia franchista. Nel 1963 il Congresso internazionale dei Critici d’arte gli assegna la Medaglia d’Oro per la sua arte e per la sua lotta contro la dittatura. È del 1964 la prima personale in Italia, organizzata da Antonello Trombadori alla galleria La Nuova Pesa di Roma.
Tra il 1965 e il 1969 espone in diverse gallerie in giro per il mondo, Parigi, Filadelfia, Toronto, Zurigo, Bruxelles.
Tra il ’69 e il ’70 si dedica alla composizione delle venti tavole dei Segadores (Mietitori), sulla dura vita degli agricoltori, esposte in Germania l’anno successivo. Nel 1971 lavora alle sessanta incisioni del ciclo su Dürer allestite per la prima volta nel 1973 a Norimberga.
Nei primi anni ‘70 a Matera lavora ai venti pannelli di Morte e Nascita degli Innocenti e Passarono. È del 1974 la prima presentazione audiovisiva dei cicli al Castello Sforzesco di Milano.
Dopo sedici anni di esilio, nel 1976, con un permesso di soli due mesi, torna in Spagna ed espone i due cicli realizzati a Matera.
Sempre nel ’76 a Bosco, nel salernitano, dove ha aperto uno studio, realizza un grande murale in ceramica. Nel 1980 torna in Spagna, ma ad Almagro, nella Mancha, il sindaco fa chiudere una sua mostra organizzata dal Partito Socialista spagnolo. Gli anni ’80 sono di intensa attività espositiva: fiere, personali e collettive lo vedono impegnato soprattutto in Europa.
Nel 1990 un’ antologica delle sue opere, dal 1968 al 1990, viene organizzata alla Galleria Appiani Arte 32 di Milano.
Muore a Parigi il 24 dicembre dello stesso anno. Nel 1991 un gruppo di oltre cinquanta artisti spagnoli rende omaggio alla sua opera con una mostra alla Galleria Villanueva di Madrid.
Nel 2002 viene inaugurato a Vasto (Ch) il Museo Civico d’Arte Moderna di Palazzo Avalos con una sala personale a lui dedicata.
Nel 2014 la Fondazione Zetema di Matera inaugura, nei Rioni Sassi, la Casa di Ortega, risultato del minuzioso lavoro di maestranze e artigiani locali. Negli ambienti della Casa sono esposti i venti bassorilievi di Passarono e Morte e Nascita degli Innocenti.