Dopo l’introduzione della direttrice dell’Archivio di Stato di Matera Marina Vaglia spazio agli interventi dello storico Salvatore Longo, che ha relazionato su “produzioni alimentari e cibo” dai libri contabili della famiglia Malvinni-Malvezzi, l’agronomo Giovanni Riccardi che ha affrontato il tema dell’alimentazione nel contesto storico esaminato, Emilia Cascella di Slow food e il regista Luca Acito slides e filmati relativi alle tematiche della mostra. L’ultimo intervento è stato affidato a Massimo Cifarelli, panificatore e presidente del Consorzio di tutela del Pane di Matera Igp.
Gli aspetti sull’alimentazione locale sono stati esposti dal prof. Salvatore Longo, studioso di storia dopo averli individuati in alcuni documenti conservati nel medesimo Archivio. Specificatamente si tratta dei libri contabili dell’azienda Malvinni Malvezzi di Matera compilati dagli inizi dell’800 alla metà del ‘900. I proprietari dell’azienda furono i componenti della nobile ed illustre famiglia ducale, che per 5 secoli interi dominò la vita economica e sociale della città, promuovendo e sviluppando importanti e particolari iniziative di largo respiro che ancora oggi sono presenti nella memoria collettiva. La relazione del prof. Longo, in rapporto ai documenti esaminati, si è articolata in due sezioni distinte, quella relativa all’azienda e l’altra inerente l’alimentazione della famiglia ducale.
I prodotti alimentari dell’azienda furono i cereali, i formaggi, il vino, l’olio e la carne ovina.
L’aspetto più interessante della relazione ha evidenziato un termine finora inedito e circoscritto alle località di destinazione dei suddetti prodotti alimentari consumati: Bari e il suo retroterra insieme a Foggia dove fu smerciato espressamente il formaggio pecorino. Nella città dauna l’azienda materana fu nota per la vendita della lana, che annualmente si ricavava da ben 4 mila ovini, che allora costituirono 1/5 dell’intero patrimonio presente sul territorio materano.
E’ seguita la disamina dell’alimentazione consumata dalla nobile famiglia durante il primo ventennio del Novecento. Ne consegue un elenco ben nutrito di pietanze, che ancora, al giorno d’oggi, potrebbero contendere il ruolo ad un esercizio di ristorazione ben affermato. Per questo scopo, le pietanze furono quotidianamente preparate da un cuoco e da un suo collaboratore che facevano parte del gruppo stabile degli inservienti della famiglia ducale .
In apertura di manifestazione, la prof.ssa Pia Manicone, dopo un breve excursus sull’alimentazione nell’arte, si è soffermata sul significato delle opere esposte nell’atrio dell’Archivio, tutte ispirate ai temi della trattazione del prof. Longo, evidenziandone contenuto, stile e tecnica di esecuzione.
L’incontro si è concluso con una degustazione di prodotti tipici.
Questo è un “evento” eccezionale sotto tutti i punti di vista. Riprende gli usi e consuetudini alimentari dei nostri avi, la burocrazia dell’epoca che era più lungimirante dell’attuale. Per me è emerso un fatto che ha dell’incredibile e cioè: erano più analitici e precisi i bilanci aziendali; erano più snelle le procedure amministrative tipo camera di commercio, archivio di stato più facilmente consultabile. La politica di oggi e la burocrazia la racchiuderei in un sola sigla: U.C.A.S. cioè Ufficio Complicazioni Affari Semplici.
nino silecchia