Convinti che l’arte è uno strumento fondamentale per rimanere uniti e superare momenti difficili come quelli che stiamo attraversando, il MIG non interrompe la propria programmazione e pur rimanendo chiuso, quindi privo della frequentazione fisica dei tanti che da anni seguono mostre ed eventi (alcuni esempi: Daumier, Degas, Renoir, Bonnard, Matisse, Bernard, Mirò, Dufy, Picasso, Calder, Ben Shann, Secessione di Berlino, Pechstein, Zadkine, Marcoussis, Assadour, Henri Goetz, Gentilini, Strazza, Accardi, Ciarrocchi, Consagra, Melotti, Maccari, Anselmo Bucci, Perilli, Raphaël, Del Pezzo, Mascherini, Bartolini, Marino, Azuma, Guarienti, Richter, Viviani, Arp, Viani, Breton e il Surrealismo, Fazzini, Max Bill, Sol LeWitt, Bram Van Velde, Gruppo CoBrA, Martin Bradley, Jean Messagier, Lucio Venna, Fontana, Vedova, de Chirico e Apollinaire, Scialoja…), esce dalle sue mura e rimane in contatto con tutti tramite web e social network: il sito, whatsapp, le pagine facebook del Polo Museale, Instagram e Twitter. Attraverso questi mezzi, dunque, sarà possibile virtualmente vedere la mostra nella sua completezza e rileggere o approfondire, attraverso video, interviste, incontri, testi, immagini di una lunga e variegata biografia, un periodo importante della grafica italiana del Novecento che vede Leonardo Castellani tra i suoi protagonisti.
Sarà un modo diverso di scandire il tempo, di sentirsi meno soli, di ritrovare quella vitalità che l’arte sa suscitare proprio nei giorni problematici che la vita impone a tutti di affrontare. I paesaggi ariosi di Castellani ci inviteranno a ripensare quella natura che ora ci manca, una vocazione poetica pura, come diceva Carlo Bo, una imperterrita lezione di rigore e di pulizia, in un mondo di cui abbiamo purtroppo dimenticato i colori e i suoni, in un’aria che appartiene esclusivamente al regno della poesia.
Restate a casa. Il MIG è con voi.
La mostra, che si inaugura sabato 28 marzo 2020 alle ore 18.00, accoglie 40 opere tra acqueforti, litografie, disegni e monotipi, datati 1928-’29 – 1983, donati al MIG nel 2013 dai figli di Castellani, Claudio e Paolo, oltre a video e documenti tra i quali la collezione di “Valbona”, la rivista uscita tra il 1957 e il 1961 e interamente compilata da Castellani a Urbino, con collaboratori quali Angioletti, Baldini, Bartolini, Barbisan, Betocchi, Bigongiari, Ciarrocchi, De Libero, Emiliani, Luzi, Manaresi, Morandi, Paulucci, Raimondi, Sciascia, Valeri, Zancanaro, Ziveri e Leonardo Sinisgalli che nel 1969 scrive: “Una rivista come “Valbona” avrebbe dovuto meritargli la nomina di senatore a vita, o uno dei grandi Premi dei Lincei… […] Ci sono quindi per prima cosa da ammirare le acqueforti e i disegni di Castellani presenti in tutti i numeri, poi le sue prose di viaggi e di memorie, e anche alcuni gruppi di versi. […] Una lastrina di rame non è né più né meno di un foglio di taccuino a cui si affida la nostra identità con la illusione di venire da qualcuno invocato come complice o indicato come testimone”.
Se, agli inizi, l’incisione avrà nella figura umana e nella natura morta i soggetti di riferimento, è il paesaggio a diventare il fulcro dell’esperienza di Castellani, di una espressione autentica, emozionante e mai ripetitiva, nonostante il clima storico degli anni della sua crescita (nel 1919 Ettore Cozzani riprende la pubblicazione de “L’Eroica”, nel 1924 Mino Maccari fonda “Il Selvaggio”, nel 1931 Benvenuto Disertori pubblica L’incisione italiana).
Campi, colline, mura e case di Urbino occupano la maggior parte della sua opera incisa, cresciuta alla lezione di Fattori e Morandi e subito distinguibile per sicurezza tecnica e meditazione profonda, l’una e l’altra nutrite da lunghi silenzi e improvvise intuizioni di audacie luministiche al limite del virtuosismo, maturate en plein air, come Bartolini, ma trasposte dal disegno alla lastra con una cura dei dettagli quasi maniacale e «un incanto poetico misto di verità e di grazia».
Leonardo Castellani, nato a Faenza il 19 ottobre 1896 e scomparso a Urbino il 20 novembre 1984, cresciuto in un ambiente di maestri artigiani (suo padre era il direttore della “Ebanisteria faentina”), prima di approdare all’incisione, ha sperimentato più linguaggi (pittura. scultura, ceramica, decorazione) non trascurando quello della scrittura.
Dopo aver frequentato la sezione di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze (1914-1915), insieme a Osvaldo Licini, aver risposto alla chiamata alle armi nel 1915 e prestato servizio fino al 1920, essersi avvicinato al futurismo attraverso la conoscenza di Filippo Tommaso Marinetti e Giacomo Balla, aver fondato a Cesena la “Bottega di ceramica artistica”, da autodidatta affronta la calcografia che negli anni di Fano (1928-1930) e della seconda Guerra Mondiale elabora nei suoi più intimi segreti, grazie anche alle amicizie, tra Roma e Venezia, con Vincenzo Cardarelli, Virgilio Guidi, Pio Semeghini, Diego Valeri ed Ezra Pound.
Nel 1930, proprio dopo aver inciso il suo primo Paesaggio in acquaforte (1928-1929), ottiene la cattedra di calcografia all’Istituto per l’Illustrazione e la Decorazione del Libro di Urbino (fondato nel 1925) e nei lunghi anni di insegnamento (trentotto) molti saranno gli allievi poi diventati incisori di primo piano (Nunzio Gulino, Arnoldo Ciarrocchi, Renato Bruscaglia, Enrico Ricci, Walter Piacesi) e rilevante il suo impegno, attraverso l’Accademia Raffaello, per la crescita della città.
Non meno importante, nel suo percorso espressivo, il fervore didattico e letterario che in Pagine senza cornice (1946), Quaderni di un calcografo (1955), Carte sotto stampa (1974) trova la sua forma migliore. Per la conoscenza del suo lavoro, fondamentale rimane Vivere nel tuo paese dove viene tracciata una sorta di autobiografia.
La sua prima personale è del 1927, a Cesena. Intanto ha già partecipato alla III Biennale romana (1925) e alla Biennale Internazionale di Venezia (1926). Ne seguiranno, nel corso degli anni, molte altre (56 le mostre personali e 158 quelle collettive, oltre le antologiche di Urbino, Faenza, Klagenfurt, Milano e quelle di Roma, Calcografia Nazionale 1951 e Galleria Nazionale d’Arte Moderna 1996), insieme alla collaborazione a “Il Mondo” di Enrico Panunzio, alla creazione e alla cura di “Valbona” (1957-1961) dove l’incisione trova il suo perfetto connubio con la pagina letteraria. Il settimanale prima e la rivista trimestrale, poi, saranno il tramite della conoscenza e del sodalizio con Leonardo Sciascia che porterà nel 1955 alla pubblicazione di Quaderni di un calcografo nella collana “I quaderni di ‘Galleria’ diretta proprio da Sciascia, e subito dopo alle vicendevoli collaborazioni, alle introduzioni nei cataloghi delle mostre, alle pubblicazioni di alcuni libri d’artista. Proprio nei Quaderni di un calcografo parla con precisione del suo primo interesse per la natura morta: «La natura morta possiede di già una vita solitaria muta e altamente contraria all’apertura di un suono e alla stesura di uno spazio […] Il segreto della sua vita, se così si può dire, è circoscritto all’inattività, ad una predestinazione che mai si rompe, nascosta entro l’ordine di una posizione definitivamente ferma».
La mostra on line sarà presentata e commentata quotidianamente, 24 ore su 24, fino al 30 aprile 2020, dai tanti scrittori, critici e storici dell’arte che si sono occupati di Castellani. Alcuni esperti saranno pronti a rispondere, sulle pagine facebook, alle eventuali domande dei visitatori.