Si inaugura nel pomeriggio a Matera alle ore 17 negli ipogei San Francesco di Matera la mostra fotografica “”Da Matera a Tus-Mashhad”.
Un’iperbole definirlo il «Marco Polo» della città dei Sassi, ma fino ad un certo punto. Profuma di Oriente e avventura la vicenda di un materano generale dello Scià di Persia nel periodo della dinastia Qajar. Ma andiamo per ordine. In occasione delle celebrazioni dedicate all’Unità d’Italia, la città, tramite la proposizione di una serie di documenti inediti, ha riscoperto la vita degna di un romanzo dell’unico lucano che partecipò alla spedizione dei Mille, Giambattista Pentasuglia.
La stessa cosa si potrebbe dire per Antonio Raffaele Giannuzzi, nato a Matera nel 1818.
Come Pentasuglia, partecipò alla Prima guerra d’Indipendenza. Mentre il contingente napoletano inviato per sostenere Carlo Alberto fu richiamato indietro lui, andò avanti, seguì il generale Guglielmo Pepe. Fu volontario nella Legione Veneta-Napoletana, 1848-49. Scelta indicativa del tipo di vita che condusse fino all sua morte, avvenuta a Teheran nel 1876.
Nella difesa della Repubblica di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, espugnata alla fine di agosto del 1848 dagli austriaci, Giannuzzi matricola numero 13, fu promosso sottufficiale. Ma a Venezia divenne anche un proscritto. Seguì la sorte di molti esuli diretti a Malta oppure, attraverso Corfù, in Grecia. Con l’ufficiale calabrese di Sanbiase, oggi comune di Lamezia Terme, Francesco Matarazzo, Luigi Pesce e Benedetto Barbara, Giannuzzi s’imbarcò sul brigantino Buona Sorte il 21 agosto 1848. Dopo aver
fatto scalo a Brindisi, il 4 ottobre lo sbarco a Patrasso, quindi, sulle tracce di quanti si erano battuti per l’indipendenza della Grecia, il trasferimento ad Atene.
Quì, solitamente i fuoriusciti entravano in contatto con agenti britannici che, nel settembre del 1850, con ogni probabilità, indirizzarono Giannuzzi e gli altri a Costantinopoli. Li ricevette l’ambasciatore Lord Stradfort de Rédcliff.
Appresero che sarebbero potuti entrare a far parte dell’esercito ottomano senza l’obbligo di abbracciare la fede islamica; tuttavia, siccome il Corano vietava di obbedire a soldati stranieri, avrebbero dovuto assumere il cognome musulmano. Non erano così disperati da dover fuggire dal proprio passato fino a quel punto.
Tramite la Legazione di Persia a Costantinopoli optarono per la più lontana Teheran. Scelsero una realtà che non imponeva condizioni umilianti a loro status di esuli, ovvero un paese che, tramite la dinastia Qajar, si stava aprendo all’occidente. Furono ingaggiati come istruttori del regio esercito, facendosi ben presto valere. Giannuzzi nel 1856 ottenne i gradi di Yavar, maggiore, e
nel 1860 di colonnello. Alla morte di Luigi Pesce ne prese il posto assumendo la carica di comandante in capo degli istruttori europei della fanteria regia, infine, fu promosso Sertipe, ovvero Generale. Protagonista della vivacità culturale dell’Iran dell’epoca fu lo Scià
Naseroddin, il primo regnante persiano a visitare l’Europa, dove scoprì una tecnologia in quegli anni agli albori, la fotografia. Il sovrano che aprì il politecnico Dar al Funoon, prima univesrità moderna di Teheran, pensò bene di documentare non più solo con disegni e relazioni scritte lo stato di salute della sua terra, ma facendo ampio uso di un mezzo che non mentiva e fino ad allora sconosciuto nel suo paese. Nel 1858, organizzò una serie di missioni. A loro capo c’erano Luigi Pesce e Antonio Giannuzzi.
Pionieri tramite cui l’Occidente scoprì immagini rarissime di una terra sconosciuta. Benchè poco nota, è una pagina entrata nella storia della fotografia di tutti tempi. Importante per l’Iran, perchè si tratta dei suoi primi documenti
fotografici. Notevole per l’Italia perchè fece conoscere la Persia nel mondo, anche tramite successive spedizioni. A scrivere questa esaltante storia contribuì decisamente Giannuzzi che, ora è chiaro, è stato anche il primo fotografo e documentarista materano.
La presente esposizione presenta le immagini dei luoghi sacri nella città di Mashhad accompagnate dalla collezione contenete 10 foto di Antonio Raffaele Giannuzzi, conservate nell’archivio di Palazzo Golestan in Iran.
La fotogallery della mostra fotografica (foto www.SassiLive.it)