Presentata alla stampa la mostra “MatematicArte” un affascinante viaggio nella storia della matematica attraverso ventitré pittosculture di Salvatore Sebaste. L’esposizione sarà inaugurata mercoledì 1 marzo, ore 18, presso il Complesso rupestre “Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci” (via Madonna delle Virtù, Rione Sassi) . Ospite d’eccezione il matematico e saggista Piergiorgio Odifreddi, che guiderà i visitatori in un percorso inedito che traduce in forme visive le principali scoperte matematiche degli ultimi 22.000 anni. Dalle tacche incise sull’osso d’Ishango, risalente al Paleolitico, alle cordicelle colorate annodate degli Inca, da Pitagora, Platone e Euclide, alla sezione aurea, fino a Eulero, Gauss e Fourier e l’ipotesi matematica dell’universo.
Le opere, realizzate tra il 2013 e il 2015, sono eseguite con tecnica mista, trattate con resine e impreziosite da terrecotte che richiamano il gusto e le suggestioni delle composizioni fittili della Magna Grecia, terra d’origine del Maestro.
Salvatore Sebaste, classe 1939, nato a Novoli (Lecce), vive a Bernalda dove svolge un’intensa attività pittorica, grafica e scultorea. Dal 1956 ad oggi ha realizzato numerose e importanti mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
La sua documentazione artistica si trova negli archivi storici della Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Biblioteca Nazionale Rai di Roma e Galleria per l’Arte Italiana del Novecento a Firenze, solo per fare alcuni esempi. Nel 1996 ha fondato la Pinacoteca comunale d’Arte Moderna e Contemporanea Bernalda-Metaponto, di cui è stato direttore.
“Nella realizzazione di questa mostra – ha sottolineato l’artista nel corso della conferenza stampa – ha svolto un ruolo importante l’ingegnere Giuseppe Corvino, del Centro di Geodesia spaziale di Matera, che ha curato le schede descrittive che accompagnano le opere. E’ stata sua l’idea di coinvolgere il Prof. Piergiorgio Odifreddi, che ha subito apprezzato il mio lavoro e accettato di presentare la mia mostra, gratuitamente.
“MatematicArte è una mostra straordinaria – ha commentato Ivan Focaccia, presidente del Circolo “La Scaletta”, che ha curato anche l’allestimento delle opere – le pittosculture del Maestro, a metà tra pittura e scultura, accompagnano l’osservatore lungo un percorso di teoremi e formule matematiche, con nuove forme stilistiche scaturite da un confronto tra il pensiero, qui rappresentato dal mondo dei numeri e la materia plasmata dall’uomo che la utilizza”.
“Il maestro nelle sue opere tradisce sempre un forte legame con le figure mitiche della sua terra d’origine e la cultura magnogreca – ha osservato Antonio De Siena, già soprintendente per i Beni archeologici della Basilicata, tra gli autori dei contributi in catalogo – il suo non è uno sguardo nostalgico verso il passato e una terra che non frequenta più, ma da sempre rivolto verso l’attualità e l’impegno civile, ed è questo il messaggio che vuole dare attraverso i suoi lavori”.
Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il prof. Nicola Cardinale, ordinario di Fisica Tecnica Ambientale dell’ Università degli studi della Basilicata, che ha curato la traduzione dei testi del catalogo in inglese e Antonella Guida, docente dell’Università degli studi della Basilicata, in rappresentanza della rettrice Aurelia Sole, che ha presentato l’incontro di giovedì 2 marzo, ore 10, presso l’Auditorium “R. Gervasio” in piazza del Sedile, organizzato in collaborazione con l’università, in cui il Prof. Piergiorgio Odifreddi terrà una Lectio Magistralis sul tema della mostra. Seguirà l’ adattamento teatrale tratto da “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht a cura di Antonio Montemurro di Talìa Teatro, intervenuto nel corso della conferenza stampa.
L’esposizione, organizzata dal Circolo “La Scaletta” con l’ associazione culturale la “Spiga d’oro” di Metaponto, potrà essere visitata fino al 21 maggio 2017.
Alla cerimonia d’inaugurazione con l’artista e il prof. Piergiorgio Odifreddi interverranno: Ivan Focaccia, presidente del Circolo “La Scaletta”, Aurelia Sole, rettrice Unibas, Filippo Bubbico, vice ministro dell’Interno, Raffaello de Ruggieri, sindaco di Matera, Giuseppe Corvino,Centro di Geodesia spaziale di Matera e Antonio De Siena, già soprintendente per i Beni archeologici della Basilicata.
Orari mostra:
1 marzo -31 marzo
lun-ven: 10.13.30
sab. e dom.: 10-13.30; 15-17
1 Aprile -21 maggio 2017
tutti i giorni: 10.13.30; 15.18
La gestione è a cura della Coop. Cave Heritage – Arte, Cultura Turismo.
Per informazioni:
info@caveheritage.it; www.caveheritage.it;cell.377.4448885
Ingresso: intero 5,00 euro- ridotto 3.50
Ridotto per studenti fino a 24 anni, over 70 e soci FAI
Giuseppe Corvino, Ingegnere delle telecomunicazioni, curatore schede del catalogo
“L’utilità della storia non consiste tanto nel fatto
che essa debba attribuire a ciascuno ciò che gli spetta,
e che altri possano attendere un’equa valutazione dei loro meriti,
quanto nel fatto che l’arte dell’invenzione sia promossa
e che il metodo di questa divenga manifesto attraverso esempi illustri”.
Gottfried Wihelm von Leibniz.
Ogni volta che cerchiamo qualcosa sul web, mandiamo una mail, viaggiamo o guardiamo la tv, coinvolgiamo la matematica. Come il pilastro di un edificio, la matematica è un prezioso strumento in tutti i settori di ricerca scientifica: in astronomia, in ingegneria, in biologia, in economia, in medicina sono state sviluppate molte innovazioni tecnologiche che hanno portato al progresso dell’intera umanità.
Grande importanza assume la crittografia a chiave pubblica, inventata da Rivest, Shamir e Adelman che, dall’astrazione della teoria dei numeri, ha trovato applicazione nella sicurezza sul Web ed anche l’equazione di Black-Scholes, per i prezzi derivati, che ha trasformato il funzionamento dei mercati finanziari.
Già nel 1851, lo scienziato scozzese Lyon Playfair affermò, che: “I cultori di scienza astratta sono i cavalli che tirano il carretto dell’industria”.
Anche nella scuola, la matematica, attraverso adeguati percorsi didattici, ha un importante ruolo nella formazione scolastica perché favorisce e incrementa il rapporto complessivo della persona con la realtà che la circonda.
Quale miglior mezzo divulgativo per la matematica se non l’affascinante mondo dell’arte? D’altronde la ricerca matematica, è proprio guidata dalla creatività e dall’immaginazione, così come lo è la ricerca artistica. Non possiamo certamente escludere un importante nesso tra la scoperta, l’invenzione matematica e l’atto umano dell’immaginare e del creare.
Ispiratosi alla bellezza di formule e teoremi matematici l’artista Salvatore Sebaste ha creato interessanti opere che stringono il focus sulle maggiori scoperte avute in matematica nel corso dei secoli.
S’inizia il percorso artistico partendo dall’osso di Ishango, un reperto datato 18.000 a.C. e considerato il primo strumento matematico della storia dell’umanità.
Si procede con i quipu, (3.000 a.C.), i predecessori dei moderni database, che erano usati dalle antiche civiltà andine per memorizzare i loro dati.
Segue Plimpton 322, un’antica tavoletta babilonese (1.800 a.C.) che riporta terne pitagoriche. Il tablet, largo 13 cm, alta 9 cm e profonda 2 cm, che riporta una tabella di numeri disposti su 16 righe e 4 colonne, è stato trovato a Tell Senkereh, un sito archeologico nel Sud dell’Iraq, corrispondente all’antica città mesopotamica di Larsa.
La quarta opera ci porta nell’antico Egitto con il papiro di Rhind, considerato la più importante fonte d’informazioni conosciuta per quanto riguarda la matematica degli antichi Egizi.
Le tre opere successive sono ispirate all’importante ruolo della scuola matematica dell’antica Grecia, dal 500 al 200 a.C., quando vissero e operarono Pitagora, Platone, Euclide, importanti filosofi e matematici dell’antica Grecia:
Il matematico greco Pitagora, fondatore della scuola pitagorica, “afferma una visione della matematica globale per cui numeri e forme geometriche che sono in stretta relazione fra loro forniscono una spiegazione sistematica della realtà”.
Per Pitagora, come il recente pensiero dello scienziato Max Tegmark, tutto è numero.
La successiva opera s’ispira al pensiero platonico, focalizzato sui cinque poliedri regolari che forniscono una teoria globale della materia.
Platone si avvicinò alla matematica a quarant’anni, probabilmente durante il suo primo viaggio a Taranto, quando incontrò Archita, matematico e filosofo della scuola pitagorica a Taranto. Per lui la matematica è importante, perché ha un ruolo essenziale nel mondo ideale: al vertice della gerarchia del mondo ideale stanno i numeri ideali, che sono l’essenza dei numeri matematici. Nell’ultimo libro “Repubblica”, egli afferma che l’aritmetica ha un grande potere nell’elevare la mente poiché la costringe a ragionare intorno ai numeri astratti.
Euclide, matematico e filosofo greco della scuola pitagorica, discepoli di Platone, autore di numerosi trattati, operò attorno al 300 a.C. nella colonia di Alessandria. È noto soprattutto come autore degli Elementi, in 13 libri, la prima rappresentazione organica e completa della geometria e dell’aritmetica. Nessuna opera matematica ha mai avuto un’autorevolezza paragonabile a quella degli Elementi di Euclide: a parte la Bibbia nessun libro può vantare così tante edizioni.
Euclide, nella sua famosa opera, evidenzia i concetti fondamentali della geometria greca con ragionamenti chiari ed esatti, dando origine al metodo assiomatico.
L’ottava opera richiama la più importante costante matematica della storia dell’umanità: il Pi greco, utilizzata in svariati campi.
La nona composizione s’ispira all’evoluzione della crittografia antica, metodo di memorizzazione e trasmissione di dati in una forma che solo i destinatari sono in grado di leggere. I primi metodi di crittografia risalgono a 4.000 anni fa. Nel corso della storia, individui e governi hanno lavorato per proteggere la comunicazione, crittografandola per passare messaggi attraverso ambienti ostili (guerra, crisi e in molteplici altri casi). Nel tempo, gli algoritmi di crittografia e i dispositivi che li utilizzano sono diventati sempre più complessi e sofisticati e, oggi, sono anche adoperati in campo informatico.
La successiva opera è riservata alla scoperta del numero zero, simbolo numerico, che ha reso i calcoli matematici molto più evoluti. Già intuito da Tolomeo, poi dai Maia, indicato dagli Indiani con un cerchietto vuoto o pieno, fu trasmesso agli Arabi e, quindi, agli Europei durante il Medioevo. Fu il matematico italiano Leonardo Fibonacci a far conoscere il termine ‘zero’, che deriva dall’arabo sifr (“nulla”), in Europa: nel suo “Liber abbaci”, pubblicato nel 1202.
L’undicesima composizione è ispirata alla divina proporzione. Fra Luca Bartolomeo Pacioli, ispiratosi alla sequenza di Fibonacci, ha matematicamente rappresentato lo standard della bellezza e dell’armonia.
Segue l’enigma dell’ultimo teorema di Fermat. “Il dilettante dei matematici”, anche giudice, poeta, filologo, consigliere al Parlamento di Tolosa, è il fondatore della moderna teoria dei numeri: sviluppò il calcolo infinitesimale e la geometria analitica. La dimostrazione del suo teorema, annotato al margine di una pagina del libro di Diofanto “Arithmetica”, ha appassionato intere generazioni di matematici.
Ho ritenuto importante includere il teorema di Vincenzo Viviani, matematico e fisico italiano che, dal 1666 col crescere della sua fama, ebbe svariate offerte d’incarichi dalle corti d’Europa, ma accettò di fare il matematico di corte nel Granducato di Toscana.
Ammiratore e conoscitore profondo della matematica greca, si dedicò a ricostruzioni e commenti della geometria degli antichi. Discepolo di Galileo Galilei e collaboratore di Evangelista Torricelli, proseguì i loro studi, in particolare quelli sul moto e sulla variazione della pressione atmosferica in relazione all’altezza.
Fu uno dei più autorevoli membri dell’Accademia del Cimento, a Firenze, la prima associazione scientifica a utilizzare il metodo sperimentale galileano in Europa; nel 1696 fu nominato membro della Royal Society di Londra e nel 1699 della rinnovata Académie des sciences di Parigi..
Le successive opere onorano le scoperte dei grandi matematici:
Eulero, genio, pensatore, maestro, tanto da far affermare a Gauss “Lo studio delle opere di Eulero rimane la miglior scuola nei diversi campi della matematica e non può essere rimpiazzato da nient’altro”. I grandi trattati euleriani rappresentano il punto di partenza dell’analisi moderna che, grazie ai contributi di Cauchy e Weierstrass, giungerà alla sistemazione concettuale all’inizio del XX secolo;
Johan Carl Friedrich Gauss, matematico, astronomo e fisico tedesco, che ha dato notevoli contributi nella teoria dei numeri e della misura, del calcolo numerico, in analisi matematica e statistica, in geometria differenziale, magnetismo e astronomia, geodesia e geofisica. Un famoso aneddoto racconta: all’età di nove anni, quando andava a scuola, l’insegnante, con l’obiettivo di tenere occupati più a lungo gli allievi, assegnò loro il compito di fare la somma di tutti i numeri da 1 a 100. Poco dopo, sorprendendo tutti, il giovanissimo Gauss diede la risposta esatta, essendosi accorto che mettendo in riga tutti i numeri da 1 a 100 e nella riga sottostante i numeri da 100 a 1, ogni colonna dava come somma 101: fece dunque il prodotto 100×101 e divise per 2, ottenendo facilmente il risultato;
Jean Baptiste Joseph Fourier, amico di Napoleone, amministratore, egittologo, fu un importante matematico e fisico francese. Le sue teorie di trasformata e di sviluppo in serie di funzioni di seni e coseni hanno avuto ripercussioni in molteplici tecnologie nell’Information and Communications Technology, sopratutto nel mobile communications; .
Georg Friedrich Bemhard Riemann, matematico e fisico tedesco, scrisse in tutta la sua carriera un solo documento sulla teoria dei numeri che, però, è diventato uno dei più importanti documenti nella storia;
David Hilbert, matematico tedesco, il più influente del XIX e XX secolo, docente nella prestigiosa Università di Gottinga, (all’epoca una delle massime sedi di riferimento per lo studio della matematica), presentò, nel 1900 al Congresso Internazionale dei matematici a Parigi, una lista di 23 problemi matematici non ancora tutti risolti;
John Forbes Nash si laureò in matematica al Carnegie Institute of Technology nel 1948. Ricevette il dottorato a Princeton, nel 1950, con una tesi sulla teoria dei giochi, ovvero la matematica che studia i processi decisionali. Le sue scoperte hanno inaugurato una rivoluzione in molti campi del sapere in particolare in economia, biologia e nelle scienze politiche. Oltre ad introdurre l’“equilibrio di Nash”, concetto che gli permise di vincere il premio Nobel, diede notevoli contributi alla geometria differenziale e algebrica e allo studio delle equazioni differenziali alle derivate parziali. Ha lavorato al fianco di John von Neumann, pioniere della teoria dei giochi, grazie alla pubblicazione di “Theory of Games and Economic Behavior” nel 1944. Fu nominato dalla rivista Fortune, agli inizi della sua carriera, come uno dei matematici più promettenti al mondo. Sfortunatamente per quasi 30 anni ha vissuto con la schizofrenia fino al 1990 quando le condizioni mentali di Nash migliorarono.
Il 23 maggio 2015, mentre ritornava dalla Norvegia, è morto insieme alla moglie Alicia in un incidente stradale; solo qualche giorno prima era stato insignito anche del prestigioso premio Abel.
L’opera numero venti è ispirata all’algoritmo RSA di crittografia, inventato nel 1978 dai ricercatori del MIT Laboratory Ronald Rivest, Adi Shamir e Leonard Adleman. L’algoritmo è oggi utilizzato per proteggere dati informatici, carte di credito, mail, e per la sicurezza di sistemi proprietari; Nelle opere successive si evidenziano: la teoria dei frattali di Benoit Mandelbrot, il matematico polacco, naturalizzato francese che usò il termine frattale per dimensioni frazionarie emergenti dalla realtà. Il frattale è una struttura ripetitiva a scale sempre più piccole. Ogni sua frazione è simile all’insieme più ampio di cui è parte. Questa teoria è applicata per l’analisi di entità complesse in innumerevoli campi scientifici e di recente anche in medicina.
Numerose università gli hanno conferito la laurea honoris causa; in Italia l’Università degli Studi di Bari gliene ha assegnata una in Medicina e Chirurgia il 13 novembre 2007 con la seguente motivazione: “La visione altamente unificante del fenomeno della vita che ci offre il professor Mandelbrot, si riflette in campo medico con un approccio unitario, prima sconosciuto, alla malattia e alla persona malata”. In occasione del conferimento della laurea, il prof. Mandelbrot ha tenuto una lectio magistralis intitolata “Fractals in Anatomy and Physiology”, nella quale fra l’altro afferma
“I frattali servono a trovare una nuova rappresentazione che parla dell’idea di base che in piccolo in natura non è nient’altro che una copia del grande. La mia convinzione è che i frattali saranno presto impiegati nella compressione dei processi naturali, la mente umana sarà la loro nuova frontiera”;
la ‘superformula’ del biologo belga Gielis che fornisce una grande varietà di forme, variando i suoi parametri. La gamma delle possibili figure comprende anche la maggior parte delle forme semplici come il cerchio, il triangolo, il quadrato e altri poligoni.
Scoperta in campo botanico, è stata di recente applicata nel design di antenne e in architettura;
la stravagante teoria matematica dell’universo di Max Tegmark, cosmologo svedese naturalizzato statunitense, professore presso il Massachusetts Institute of Technology. Lo troviamo nel documentario della BBC Parallel Worlds, Parallel Lives, dove è stato intervistato dal cantante Mark Oliver Everett, figlio di Hugh Everett, il fisico che ha formulato nel 1957 l’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica. È apparso anche in numerose serie di documentari statunitensi Sci Fi Science: Physics of the Impossible, ospite del conduttore e fisico Michio Kaku. È l’ideatore e fondatore, nell’ottobre 2005, del Foundational Questions Institute, un’organizzazione non profit operante nel campo della fisica, che si prefigge lo scopo di sostenere e finanziare la ricerca di base nel campo dei fondamenti della fisica e della cosmologia, con particolare riguardo a “ricercatori visionari e pionieristici” che si muovono in ambiti di frontiera, trascurati o poco finanziati dagli ordinari flussi di sovvenzioni.
La sua teoria dimostra la reale esistenza di strutture matematiche in natura e non solo per la mente umana. E, parlando della coscienza umana, afferma: “La coscienza è probabilmente la forma in cui si sente l’informazione quando sta lavorando in certi modi, molto complicati”.
In questo percorso, attirati dalla bellezza delle opere ‘matematiche’ del maestro Sebaste, abbiamo attraversato il misterioso mondo della storia della matematica, dalla quale è emersa l’importanza della ricerca scientifica per il progresso della specie umana, ma sempre salvaguardando l’habitat della terra e di tutti gli esseri viventi.
Buon viaggio in… “MatematicArte” a tutti!
Ivan Franco Focaccia, Presidente del Circolo “La Scaletta”
Una mostra, questa di Sebaste, che definirei straordinaria.
Qui il mondo dell’arte, con la pittura, incontra il mondo della matematica, con i suoi numeri e i suoi teoremi e da questo felice quanto improbabile incontro il Maestro trae motivo di ispirazione per realizzare le sue opere.
Egli non si sottrae al fascino misterioso del mondo dei numeri, anzi, lo indaga profondamente, lo analizza attentamente, lo interpreta a fondo e lo traduce, con rara maestria, in opere di indubbio valore artistico.
Con l’autorevolezza di un grande matematico qual è Odifreddi, Sebaste ci aiuta a comprendere il macrocosmo dei numeri, svelandone i misteri, consentendoci di penetrare in un vasto mondo emozionale rappresentato da 23 opere in ciascuna delle quali viene affrontato un tema matematico diverso.
E’ una bella sfida che l’autore sicuramente riesce a governare e a vincere con la stessa naturalezza con la quale tratta le tele ed i colori, in una nuova dimensione pittorica in cui si ritrova una particolare forma espressiva frutto di una lunga e impegnativa ricerca.
Le sue opere, a metà tra pittura e scultura, accompagnano l’osservatore lungo un percorso tracciato da teoremi e formule matematiche, con nuove forme stilistiche scaturite da un confronto tra il pensiero, qui rappresentato dal mondo dei numeri e la materia plasmata dall’uomo che la utilizza.
Un’attenta analisi delle opere esposte induce a riflettere profondamente sulla relazione esistente tra i numeri, che da sempre hanno regolato e condizionato la vita dell’uomo e la pittura colta e personalissima dell’autore che utilizza vari materiali, qui nobilitati, tali da farne quasi una pittura materica.
Il risultato, frutto anche di una costante, lunga e colta ricerca stilistica, è l’effetto emozionale e piacevole prodotto dalle opere che Sebaste ha saputo ben rappresentare nell’incontro tra i due mondi indagati, offrendocene una visione personalissima con un forte richiamo alle sue origini salentine radicate nel magico e splendido mondo della civiltà magno greca.
Infine l’ambientazione delle opere nel magico complesso rupestre di Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, nel cuore del rione Sassi di Matera, contribuisce, non poco, a conferire alla mostra quella connotazione di unicità altrimenti impossibile.
Nicola Cardinale, Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale all’Università degli Studi della Basilicata
Traduttore testi catalogo
La scienza e l’arte sono spesso erroneamente considerate due settori dell’attività umana inconciliabili o difficilmente integrabili. Quindi, come ingegnere, docente di Fisica Applicata e semplice appassionato di arte, esprimo la mia gioia per le opere realizzate da Salvatore Sebaste. Esse sono la prova che la dicotomia tra il pensiero scientifico e la creatività artistica non esiste. Spesso dico ai miei studenti che le formule hanno una loro bellezza derivata dallo sforzo degli studiosi di formalizzare in modo rigoroso e comprensibile i concetti che sono nella loro mente. Salvatore Sebaste è riuscito magnificamente a trasferire la bellezza delle espressioni matematiche nelle sue creazioni materiche. In conclusione lo ringrazio di cuore per avermi chiesto di collaborare alla realizzazione della sua mostra, proprio per testimoniare che le differenti culture non hanno frontiere.
Piergiorgio Odifreddi, Matematico e saggista
Esistono molti modi di ripercorrere la storia della matematica degli ultimi 22.000 anni: quelli, cioè, che separano le prime testimonianze storiche della matematica dai nostri giorni. Uno fra i più singolari è il modo scelto e realizzato da Salvatore Sebaste nella mostra MatematicArte: eseguire 23 opere pittoriche, simbolicamente una per millennio, che fungano in maniera più o meno diretta da puntatori ad altrettanti concetti, teoremi o personaggi della matematica, scelti ovviamente fra i maggiormente significativi e rappresentativi della sua evoluzione.
Soffermandosi sulle opere della mostra si scorrono dunque alcuni fotogrammi di un film che ha come titoli di testa le origini dell’aritmetica: cioè, i numeri e le numerazioni. Molti millenni fa il Libro dei morti egiziano domandava: “Puoi portarmi un uomo che non sappia contare con le dita?”, a testimonianza del fatto che il calcolo “digitale” sta alle origini della matematica.
Il modo più semplice per rappresentare figurativamente e astrattamente, cioè artisticamente, le dita è attraverso tacche incise su ossa o bastoni (vedi L’osso di Ishango). La parola “catasto” ricorda ancor oggi l’uso ubiquo che si fece di questi bastoni intagliati a fini contabili, che rimasero in uso fino a un paio di secoli fa. Ma altre civiltà preferirono registrare i numeri in maniera diversa: ad esempio, gli Inca, che non sapevano scrivere, usarono cordicelle annodate di vari colori, che fungevano anche da rudimentale sistema di comunicazione (vedi Il quipu).
I numeri non rimasero però a lungo individualmente isolati: presto si comprese che si possono combinare fra loro allo stesso modo in cui gli atomi formano le molecole. E l’immagine chimica è meno metaforica di quanto si possa a prima vista immaginare, perché esistono dei veri e propri atomi numerici: i cosiddetti “numeri primi”, moltiplicando i quali si possono ottenere tutti i numeri interi.
Il grande matematico greco Euclide fu il primo, nei suoi Elementi, a dimostrare che il parallelo con la chimica si spinge però solo fino a un certo punto: mentre il numero di atomi della tavola periodica è finito, ci sono infiniti numeri primi (vedi Numeri primi). Ma diventano sempre più rari man mano che crescono: il problema di determinare l’esatta distribuzione di questa decrescita va sotto il nome di “ipotesi di Riemann” e costituisce il più importante problema aperto della matematica (vedi Georg Freidrich Bernhard Riemann).
Le quattro operazioni fondamentali dell’aritmetica, cioè l’addizione, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione, non sono le uniche che permettono di manipolare i numeri. Un’altra è il cosiddetto “fattoriale”, che consiste nel moltiplicare tutti i numeri più piccoli di un certo numero: oggi viene usata spesso in informatica, ma era già nota agli Egizi, che la proposero come soluzione di un famoso indovinello, antesignano della filastrocca Alla fiera dell’Est (vedi Il papiro Rhind).
I Babilonesi, invece, scoprirono relazioni più complesse fra i numeri interi, ad esempio il fatto che la somma dei quadrati di 3 e 4 `e uguale al quadrato di 5: cioè, la somma di 9 e 16 è uguale a 25. Una tavoletta cuneiforme riporta molti altri esempi di terne di numeri analoghi a 3, 4, e 5 (vedi Plimpton 322). Ma nessuno fu in grado di trovare terne in cui la somma dei cubi dei primi due numeri è uguale al cubo del terzo numero, e nemmeno per altre potenze: nel Seicento il matematico francese Pierre di Fermat congetturò che il motivo era perché non ce n’erano, ma ci vollero ben 350 anni per dimostrare che aveva ragione (vedi Ultimo teorema di Fermat).
I numeri quadrati come 9, 16 e 25 sono la versione aritmetica delle figure geometriche che portano lo stesso nome: il motivo è che un numero quadrato di pallini si può disporre in forma di quadrato sul piano. Furono i pitagorici a guardare ai numeri in maniera geometrica, introducendo anche altri concetti geometrici nell’aritmetica: ad esempio, i numeri cubici come 8, 27, 64, eccetera. C’è anche un altro motivo per cui le terne di numeri come 3, 4 e 5 si chiamano “pitagoriche”, ed è che esse costituiscono la versione aritmetica del più famoso teorema della matematica: quello secondo cui la somma dei quadrati costruiti sui cateti di un triangolo rettangolo è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa (vedi Pitagora).
Agli inizi della geometria l’attenzione si restrinse alle figure piane, a due dimensioni, ma in seguito si allargò alle figure solide, a tre dimensioni. Il trattato degli Elementi di Euclide si conclude con una dimostrazione che esistono esattamente cinque solidi regolari: tetraedro, cubo, ottaedro, dodecaedro e icosaedro. I primi tre erano noti da millenni, ma gli ultimi due furono scoperti dai pitagorici. Fu invece il protagonista del famoso dialogo platonico Teeteto a dimostrare che altri non ce ne sono. Per una delle ingiustizie della storia, oggi i cinque solidi si chiamano invece “platonici”, perché furono citati dal filosofo nell’altro famoso dialogo Timeo (vedi Platone).
Il motivo per cui i pitagorici poterono scoprire il dodecaedro è che esso è costituito di pentagoni, e la costruzione del pentagono regolare con gli strumenti tipici della matematica greca, ciò la riga e il compasso, non è banale: richiede una padronanza del cosiddetto “rapporto aureo”, risalente anch’esso ai pitagorici. La novità matematica di questo rapporto geometrico è che non si può esprimere come rapporto aritmetico di due numeri interi: è un numero “irrazionale”, e probabilmente il primo scoperto nella storia. Un numero che affascina da allora matematici e artisti, e che divenne il tema nel Cinquecento di un famoso trattato di Luca Pacioli (vedi La sezione aurea).
Il più famoso e intrigante irrazionale è la versione numerica del rapporto geometrico fra la circonferenza e il raggio di un cerchio, chiamato “pi greco”. Essendo irrazionale, non si può scrivere come un numero decimale periodico, e le sue cifre hanno regolarità meno evidenti e più nascoste: per determinare le prime due dopo la virgola si dovette scomodare il massimo matematico dell’antichità, Archimede (vedi π ). Oggi se ne conoscono non solo milioni di cifre, ma anche molte misteriose connessioni con altri oggetti matematici: ad esempio, la sua radice quadrata misura l’area sotto la più semplice delle curve a campana che descrivono le distribuzioni di probabilità (vedi Johann Carl Friedrich Gauss).
Un altro famoso e intrigante irrazionale è invece legato ai logaritmi e agli esponenziali, e ne determina le basi naturali: si chiama e (vedi Leonhard Paul Euler), e l’equazione della curva a campana appena citata è appunto un esponenziale in quella base. Anche questo numero ha innumerevoli e misteriosi legami con altri oggetti matematici: a partire dalle funzioni trigonometriche seno e coseno, le cui immagini sono onde regolari infinite, e le cui somme infinite permettono di descrivere praticamente qualunque altra funzione (vedi La serie di Fourier). E’ proprio grazie a queste “somme di onde” che oggi sono possibili le digitalizzazioni dei suoni registrate nei cd e nei file “mp3”.
Un’altra diffusa applicazione pratica odierna della matematica è la crittografia, che ha a che fare con lo scrivere testi in modo che possano essere letti soltanto da amici che conoscono il trucco, e non da malintenzionati. Già Giulio Cesare ne usava una versione rudimentale, in cui ogni lettera dell’alfabeto era sostituita da quella immediatamente seguente (vedi Crittografia antica), ma oggi si usano algoritmi molto più sofisticati, basati sulla semplice osservazione che è facile fare il prodotto di fattori primi, ma è difficile trovare i fattori primi di un prodotto (vedi Crittografia moderna).
Oltre alla tecnologia, oggi anche l’arte subisce l’influsso della matematica. In parte direttamente, come quando il designer Piet Hein usò negli anni ’60 un’intera famiglia di ellissi schiacciate, chiamate “superellissi”, per progettare oggetti che andavano dai tavoli agli svincoli stradali: una famiglia che recentemente è stata ulteriormente estesa a un gran numero di altre figure da Johan Gielis (vedi Superformula). E in parte indirettamente, tramite i famosi “frattali” studiati da Benoit Mandelbrot, le cui variopinte e vertiginose raffigurazioni appartengono ormai a una vera e propria arte moderna (vedi Frattali).
Vien quasi da chiedersi, visto il numero enorme di applicazioni scientifiche e umanistiche della matematica, se rimanga ancora qualcosa da scoprire in questa materia. Ma il suo aspetto straordinario è che, anche dopo secoli o millenni di studio di qualche area, spesso ci si imbatte in concetti o teoremi rimasti nascosti in qualche angolo. E’ successo nell’aritmetica, ad esempio, quando nella prima metà del primo millennio della nostra era gli indiani Gupta inventarono un nuovo numero, la cui apparizione ha poi permesso lo sviluppo del sistema decimale di notazione tuttora in uso (vedi Zero). Ed è successo nella geometria, dove ogni tanto si scopre che i Greci si erano dimenticati questo o quel risultato, che sarebbe stato perfettamente alla loro portata (vedi Teorema di Viviani).
Senza confidare nella serendipità, nel primo anno del Novecento il matematico David Hilbert propose ai matematici convenuti al Congresso Internazionale di Parigi una lista di problemi da risolvere (vedi 23 problemi di Hilbert). Un secolo non è stato sufficiente a risolverli tutti, e altri nuovi se ne sono aggiunti in seguito, a testimonianza della vitalità della matematica. Ma anche della sua perenne capacità di attrazione culturale, dimostrata dalle opere della mostra di Sebaste, che ci hanno permesso di ripercorrere brevemente alcuni dei tratti salienti della storia della matematica.
Raffaello de Ruggieri, Sindaco di Matera e Presidente Fondazione Zetema
Tutte le cose che si possono conoscere hanno un numero; infatti non è possibile conoscere o concepire alcuna cosa senza il numero. Questa affermazione di Filolao, un tardo pitagorico del IV secolo avanti Cristo, sembra serpeggiare nel volàno creativo del “post-pitagorico” Salvatore Sebaste.
Sebaste, infatti, si nutre del furore storico del suo territorio dove la nobile memoria della Magna Grecia si esalta nella figura mitica di Pitagora. L’atmosfera solenne di Metaponto ha istillato nell’artista palpitazioni e gemiti visivi tradotti in grumi di colori e di segni per esprimere la natura numerica del mondo.
Se i numeri sono causa della sostanza delle cose, l’odierno linguaggio di Sebaste vive di questa “scoperta”, in una congiunzione estetica tra numero, archeologia e geometria. La matematica diviene il lievito ispiratore della sua creatività e il pretesto critico per raccontare le tappe significative della “storia” della scienza matematica, fondamentali per lo sviluppo della conoscenza universale.
I Pitagorici, invero, sostenevano che del numero è fatto l’intero universo e che figure geometriche come il cerchio e il triangolo erano da considerare allo stesso modo delle carni e delle ossa dell’uomo. Secondo la loro dottrina il numero è l’origine di tutte le cose, la materia originaria da cui ogni essere è sorto e di cui anche consiste, la chiave di lettura per scoprire il mondo. Di qui la necessità di ricercare la relazione (logos) degli enti matematici (aritmetica, geometria, astronomia, musica) con l’infinito, con il non-essere (àpeiron).
In questa rincorsa verso l’assoluto, la definizione delle figure geometriche e la progressione dei numeri assumevano un carattere teologico.
Per tale ragione, nella Magna Grecia, la risoluzione di un problema matematico si traduceva in una offerta votiva agli Dei.
Salvatore Sebaste, “vittima” ardente di tale tradizione storica, quale moderno sacerdote culturale, porge i suoi “quadri plastici” come offerta sacrale della sua arte e della sua interpretazione storica, consapevole del valore della mistica del numero quale stimolo scatenante del proprio messaggio figurativo.
Egli ha, quindi, costruito la sua “mostra” con 23 “pezzi” come puntuali cadenze storiche della conquista della matematica.
Preso da queste sferzate di ispirazione, Sebaste non dismette la sua veste stilistica, riproponendo l’impeto della sua pittura lasciando che “la linea si carichi di materia, si gonfi dinamicamente, corra lungo i margini del riquadro e poi precipiti al centro, si trasformi in macchia, in colatura, in gorgo e poi ancora si rapprenda, si disfi, si rianimi. E la stessa cosa avviene al colore, che si mescola con la materia, in una germinazione continua”.
La carnagione dei suoi quadri, densa e pulsante, quasi ripercorrendo il viaggio comunicativo di Josè Ortega, esprime sorprendentemente la tridimensionalità della pittura.
Sembra, che di numeri siano costruiti i suoi pezzi, in una consonanza (harmonia) di segni, di tinture, di spessori, di corpi catturati dal colore.
Non sono formalismi astratti, ma modelli di un fenomeno creativo che si sostanzia in arte e l’arte, come è noto, è ciò che diventa mondo e non ciò che è mondo.
Biografia artista Salvatore Sebaste
Salvatore Sebaste (Novoli di Lecce 1939), pittore, scultore e incisore.
Consegue la maturità artistica all’Istituto d’Arte di Lecce e al Magistero di Belle Arti di Firenze. Si perfeziona, poi, nelle tecniche incisorie presso lo studio calcografico di Mario Leoni, a Bologna.
Vive a Bernalda (MT) e svolge un’intensa attività pittorica, grafica e scultorea negli studi di Bernalda (MT), Bologna e Milano.
A Bernalda, dal 1966, il suo laboratorio calcografico è punto d’incontro e di animazione culturale di artisti contemporanei. In questo studio ha stampato, nel 1980, otto acqueforti di Joseph Beuys, le uniche realizzate dall’artista tedesco.
Dal 1975 al 1977 è stato Presidente del circolo culturale “La Scaletta” di Matera, dove ha fondato, con altri amici artisti, la “Scuola libera di grafica”.
Nel 1992 ha esposto i suoi libri d’arte a “The Museum of Modern Art” di New York ed è inserito nel catalogo “The artist and the book in twentieth – century Italy”, a cura di Ralph Jentsch (Ed. Allemandi, Torino).
Nel 1994 ha partecipato alla mostra del libro d’arte al Museo Guggenheim di Venezia ed è presente nel catalogo de “I libri d’artista italiani del Novecento” (Ed. Allemandi, Torino).
Dal 1956 ad oggi ha realizzato numerose e importanti rassegne personali e collettive in Italia e all’estero.
Sue opere di pittura, scultura e grafica sono collocate in edifici pubblici, chiese, musei e piazze.
La sua documentazione artistica si trova negli archivi storici: Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Biblioteca Na-zionale RAI di Roma, Galleria per l’Arte Italiana del Novecento a Firenze, Kunsthi-storisches Institut a Firenze, Dipartimento delle Arti Visive dell’Università degli Studi di Bologna, Museo Comunale d’Arte Moderna e dell’Informazione a Senigallia (Ancona), Fondazione Re Rebaudengo a Guarene (Cuneo), Centro culturale po-livalente a Bagnacavallo (Ravenna), Schweizerische Gesellschaft der freund von kunstauktionen di Max Bollag a Zurigo, Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 “G. Bargellini” di Pieve di Cento, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, Libreria Bocca di Milano.
Negli anni ’90 suoi “scritti d’arte” sono stati pubblicati su “Basilicata Regione Informazioni Risorsa Cultura” del Consiglio Regionale di Basilicata e sul settimanale “Cronache lucane”. “I percorsi d’Arte” dei 131 paesi della Basilicata e I Profili d’artisti lucani sono inseriti sul sito Internet: http://www.basilicatanet.it
Nel 1982 ha pubblicato la prima monografia: “Necessaria Poiesi”, a cura di Franco Vi-telli. Ed. Centro Studio “Il Subbio”. Matera,
Nel 1998, per l’edizione “Novaluna” Associazione Culturale Internazionale di Brescia, ha pubblicato “Pensieri in movimento”, diario di appunti e riflessioni critiche su e intorno all’arte.
Nel 1998 fa fondato la Pinacoteca Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea Ber-nalda-Metaponto, di cui è stato Direttore.
Nel 1999 ha pubblicato la monografia di pittura “Sebaste”, per l’edizione “Pinacoteca Comunale d’Arte Moderna Bernalda-Metaponto”. Il percorso artistico (oltre quarant’anni d’intenso lavoro) è stato elaborato da Rino Cardone. La prefazione è di Claudio Spa-doni.
Dal 2005 è socio vitalizio della “Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente” di Milano.
Nel 2006 pubblica la monografia di grafica ”Salvatore Sebaste – Grafica”, a cura del Consiglio Regionale di Basilicata. Il percorso artistico è stato ricostruito da Elisabetta Pozzetti. La prefazione è di Paolo Bellini.
Nel 2007 pubblica la monografia di “Scultura” a cura di Loretta Fabrizi e Anoall Lejcard. Edizioni la “Spiga d’Oro” di Metaponto.
Nel 2010, in occasione della mostra antologica presso il Castello Carlo V di Lecce, pubblica la monografia “Il Demone della forma” a cura di Mariadelaide Cuozzo dell’Università di Basilicata, edizione la ”Spiga d’Oro” Metaponto.
Dal 2007 ha esposto in importanti Musei Archeologici con opere di scultura e pittura d’ispirazione alla Magna Grecia:
2007 “Metabos”. Evento di sculture. Catalogo con testo di Antonio De Siena. A cura de “La Spiga d’oro”. Museo Archeologico Nazionale di Metaponto.
2011 “Antichi segni nuovi percorsi”. A cura di Salvatore Bianco, Antonio De Siena e Maria Torelli. Museo Archeologico Nazionale di Policoro.
2012 “I Profumi della Magna Grecia”. A cura di Antonio Giambersio e Maria Torelli. Museo Archeologico Nazionale Dinu Adamesteanu di Potenza.
2013 “L’Ebbrezza di Dioniso”. A cura di Francesco Perillo e Antonio De Siena. Museo Archeologico Nazionale di Melfi.
2014 “I Profumi della Magna Grecia”. A cura di Antonio Giambersio e MariaTorelli. Museo Archeologico Nazionale “Domenico Ridola” di Matera.
“L’Ebbrezza di Dioniso”. A cura Antonio De Siena. Museo Archeologico Nazio-nale di Metaponto.
Antonio De Siena, Già Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata
Il maestro Salvatore Sebaste propone la sua ennesima fatica e ancora una volta le sue opere sorprendono per la straordinaria sintesi cromatica, per l’espressività immediata, quasi violenta, per l’istintiva potenza comunicativa.
Questa volta il maestro attinge a piene mani dal grande contenitore dei Numeri e trova ispirazione avvolgente nel mondo della matematica, della filosofia, della scienza, delle invenzioni tecnologiche. Ne resta affascinato, sedotto in maniera quasi morbosa, trascinato in un vortice creativo senza freni, costantemente stimolato da figure che più di altre hanno declinato il progresso tecnologico e reso possibili le scoperte più significative.
Il maestro nelle sue opere tradisce sempre un ancestrale legame con le figure mitiche della sua terra d’origine e con la cultura magnogreca. Folletti, mostri a più teste, draghi, esseri deformi dell’immaginario popolare più arcaico animano le sue composizioni ed il fascino dei numeri lo riporta alla lunga tradizione della scuola pitagorica.
La sequenza delle prime opere sembra seguire le linee di un preciso itinerario archeologico che con grande concretezza mette in evidenza preziosi manufatti. Sebaste li illustra con finalità apparentemente didattiche, ma è consapevole del loro valore storico, ne conosce l’importanza, coglie perfettamente il sottile legame strutturale che unisce i vari documenti, ne illustra il silenzioso passaggio di saperi.
I colori, il plasticismo delle forme che caratterizzano le singole opere declinano un linguaggio dai toni imperiosi, a tratti quasi violenti per l’asprezza delle linee spezzate, per le convulse figure geometriche che sembrano rappresentare forme impossibili e movimenti irrazionali, tormentate proiezioni oniriche.
L’iconografia di queste ultime opere sembra apparentemente ripetitiva rispetto al ricco dossier precedente del maestro, ma è solo una superficiale impressione. Una lettura più attenta palesa con lucida immediatezza una sensibilità diversa, sostenuta da una tecnica mista più spinta, meno trattenuta, animata da un tormento creativo più forte, dal desiderio compulsivo di illustrare per intero e di comunicare con completezza la dimensione universale di alcune grandi scoperte.
Con frenetica ossessione Sebaste ha necessità di amplificare lo spazio pittorico, lo avverte come limitato, inadatto a trattenere la dimensione sovrastrutturale del ‘segno matematico’, del Numero inteso nella sua essenza primordiale. La violenta disgregazione della forma canonica del supporto si ricompone alla fine in una composizione armonica ed equilibrata. Ogni elemento diventa infatti parte significante di un contesto che sa comunicare con un linguaggio unitario, comprensibile, universale. Anche i suggerimenti plastici rappresentati dai vari piccoli ex-voto in terracotta, espressione dell’antica ritualità popolare riservata alla divinità e palese riferimento ad una importante componente della civiltà occidentale, diventano simboli ancestrali di una religione laica che ha nei numeri il proprio Olimpo.
LISTA OPERE- “PITTOSCULTURE”
TITOLO OPERA ANNO MATERIALE DIMENSIONI
1.L’osso di Ishango 2014 tecnica mista 80x90cm
2.Il quipu 2014 tecnica mista 90×80 cm
3.Plimpton 322 2014 tecnica mista 80×90 cm
4.Il papiro Rhind 2014 tecnica mista 90×80 cm
5.Il teorema di Pitagora 2014 tecnica mista 87x84cm
6.Platone 2014 tecnica mista 88×80 cm
7.Euclide di Alessandria 2014 tecnica mista 75×89 cm
8.Pi greco 2014 tecnica mista 90×78 cm
9.Crittografia antica 2015 tecnica mista 89×75 cm
10.Zero 2015 tecnica mista 90×65 cm
11.La Divina Proporzione 2014 tecnica mista 75×89 cm
12.Ultimo teorema di Fermat 2014 tecnica mista 73x87cm
13.Vincenzo Viviani teorema 2015 tecnica mista 87×79 cm
14. La notazione “e” 2015 tecnica mista 88×75 cm
15. Johann Carl Friedrich Gauss 2015 tecnica mista 89x98cm
16. Gli sviluppi di Fourier 2015 tecnica mista 70x50cm
17 Ipotesi di Riemann 2015 tecnica mista 90×75 cm
18. I 23 problemi di David Hilbert 2013 tecnica mista 75×19 cm
19. Equilibrio 2015 tecnica mista 80×88 cm
20. Crittografia moderna 2014 tecnica mista 89x77cm
21 I frattali di Mandelbrot 2015 tecnica mista 89x75cm
22. La Superformula 2015 tecnica mista 75×89 cm
23. Ipotesi matematica dell’universo 2015 tecnica mista 180x88cm
La fotogallery dell’inaugurazione di Matematicarte