Forme stilizzate e astratte e simboli del maschile e del femminile, ai confini tra sacro e profano. Sono le Stele provenienti da 12 Paesi europei e sette regioni d’Italia, e le affascinanti e misteriose statue-Menhir della Sardegna da ammirare lungo il percorso di “Dialoghi con Uomini di Pietra” che traccia un ideale ponte tra l’isola e Matera.
Sarà il suggestivo Santuario rupestre della Madonna delle Vergini ad ospitare la mostra dedicata alle sculture in pietra dell’epoca preistorica, da un’idea di Giuseppe Barile – inserita nel progetto di Matera – capitale europea della cultura 2019.
Una quarantina i pezzi in esposizione, misteriose effigi di dei ed eroi, sacerdoti e sovrani rinvenute tra la Bretagna e la Romania, il Portogallo e la Crimea passando per la Germania e l’Italia. Un repertorio iconografico variegato che testimonia di una sapienza tecnica ma anche di un’estetica arcaica.
Dialoghi con Uomini di Pietra, la scheda della mostra
L’insieme della mostra, ipotizzabile in uno sguardo enunciabile tanto nella dimensione di un orizzonte spaziale, quanto nella verticalità temporale, farà di ogni satua-stele un’immagine capace di rendersi memoria, fuori da qualsiasi logica di verosimiglianza o di una semplice assonanza, capace di rimettere in gioco, tra presenza e assenza, il visibile e l’invisibile esistente nel sostrato caveato (nella coerenza di un’azione millenaria) tra i Sassi.
Quei segni incisi su opere immobili – capaci di rimettere in moto la contemporaneità del tempo in cui ogni Uomo del presente riconoscerà di essere insieme visitatore ed erede del proprio vivere – sono un progetto da accarezzare nuovamente e disegnare dopo i venti che avranno soffiato sul 2019, come profeticamente augurato dall’accademico dei Lincei Cosimo Damiano Fonseca, in coerente osservanza del precetto enunciato da Didi-Huberman e pienamente condiviso dallo scrivente, ovvero che «si continui a scrutare dentro l’abisso, alla ricerca di ciò che ci riguarda», dal momento che, chiamando a ulteriore soccorso di questa idea il pensiero di Emmanuel Anati, contenuto in Origine e significato storico-religioso delle statue-stele, siamo informati che «il ‘movimento delle statue-stele’ trovò il suo maggiore slancio e sviluppo alle sue origini alla fine del quarto e nel corso del terzo millennio a. C., ma le successive espansioni furono immense. Nel Medio Oriente e in Anatolia monumenti molto simili alle statue-stele fanno la loro apparizione e sono connesse con due grandi movimenti di popolazione, ambedue di origine caucasica e legati probabilmente agli indo-europei o alla loro religione […]. Successivamente, dal Medio Oriente si hanno ulteriori espansioni verso l’Arabia, fino al cuore dell’Africa. Statue-stele, con gli stessi elementi iconografici delle statue-stele calcolitiche europee, si trovano in epoche posteriori fino all’Etiopia».
Una naturale immensità di espansione che a Matera troverà, nel dialogo con Uomini di pietra, il vessillo proprio della Storia, con il sorprendente ritrovamento della radice comune di un passato che appartiene a ognuno dei Paesi europei, la cui cultura è generata tra le sponde del Mediterraneo, così da opportunamente evidenziare la imperdonabile, mancata visione unitaria dell’identità da cui origina, per certo, il termine con cui siamo usi definire ‘civiltà’ ogni manifestazione del pensiero umano. Il gradiente visivo rappresentato dall’agglomerato delle varie stele disseminate tra le terre europee assumerà così un valore pedagogico, non solo per la attribuzione dell’elemento spettacolare insito nella monumentalità propria delle stele (poste in un luogo specificatamente ancestrale) quanto in una tangibile rappresentazione della radice antropologica immersa nel luogo attraversato dalla profondità dello sguardo del tempo. Quel luogo – Matera, dunque – sarà l’abbraccio entro cui ognuno di noi, grazie allo scavo condotto e svelato tra le viscere profonde del grembo materno, assumerà la funzione di segnacolo dell’invito naturale racchiuso tanto nelle stele quanto nella Città deputata alla assunzione di un nuovo significato dell’essere Capitale Europea della Cultura. La possibilità di irradiare in Città una mostra accolta negli spazi grottali di Madonna delle Vergini, in località Murgecchia, rappresenterà un percorso visivo che assurge a momento critico della Storia, saldando il significato della umana esistenza alla condizione ancestrale della nostra quotidianità.
Le ragioni di una mostra
L’inedita esposizione di sei o sette statue-menhir scoperte nella Terra di Sardegna e oggi custodite dalla “Rete sarda dei musei e dei luoghi delle Statue-menhir”, insieme ad oltre trenta statue-stele provenienti dall’Italia e da ben tredici Paesi del nostro Continente, rappresenterà per ogni visitatore un percorso visivo che assurge a momento critico della Storia, saldando alla coscienza del presente il significato della condizione ancestrale della nostra coscienza di Uomo.
In tal modo, e per paradosso, la sospensione creata da opere di un mondo di pietra, per definizione immobile, sarà capace di rimettere in moto l’attualità del tempo in cui ogni individuo riconoscerà di essere, insieme, visitatore ed erede della propria identità.
Rimasto come un abbozzo scavato nella natura, poiché esonerato dall’azione perdurante dell’Uomo, al contrario di quanto accaduto tra i Sassi, è – il santuario rupestre di Madonna delle Vergini, in Matera – una rappresentazione ideale della intersezione tra cultura e natura, ove accogliere tanto le statue antropomorfe quanto i visitatori che, grazie a esse, vorranno esplorare le proprie origini, in un atto creativo che dalla Storia torni al nostro presente.
Così ogni stele avrà la capacità di generare una sintesi di culture provenienti da diverse latitudini, ma tutte riconducibili a un sistema unitario di percezione: come indotta a uno scavo nelle proprie profondità, l’immersione di ogni visitatore tra gli spazi grottali della gravìna di Matera permetterà di riscoprire, in un vuoto che accoglie come grembo materno i piani paralleli del nostro vissuto, la radice antropologico-religiosa del pensiero Occidentale.
Per questo, nella coerenza di uno spazio che risulta origine e convergenza geometrica delle innumerevoli direttrici che si diramano da ogni opera, la scelta di esporre le statue-stele antropomorfe dell’età del Rame, in un paesaggio che ne costituisce l’habitat ideale (avvolte nell’abbraccio di un luogo che è fuori e dentro di noi al contempo, quale Matera è) si pone entro coordinate visibili e invisibili.
Infatti, sulle stele permangono i segni di un’arte rupestre, segnacolo di una civiltà ben evidente pur nelle variabili delle forme aggiornate dei significati di pittura e di incisione sulla roccia, traccia di un remoto pensiero che sopravvive a ogni possibile finitudine.
E Matera è città in cui grande è il lascito dell’arte rupestre; basti pensare alle ‘miniature’ disegnate sulla calcarenite della Cripta del Peccato Originale, durante il periodo proto-carolingio, oltre alla profondità della “Grotta dei pipistrelli”, nel secolo scorso esplorata da Domenico Ridola: essa è testimonianza della ininterrotta continuità dell’umana presenza, sin dal Paleolitico. Lo dimostra anche l’indagine scientifica, allorquando, entrando nel dettaglio di innovative decorazioni e forme di vasi risalenti al V millennio a.C., si parla della “Cultura di Serra d’Alto”, originata a Matera.
In una scansione vertiginosa di consenso che si coglie già nella garanzia del patrocinio del MiBACT, cui non mancherà la richiesta del sigillo della Presidenza della Repubblica Italiana e della Comunità Europea, l’idea che governa questa visione è la costruzione di un modello espositivo che riconosca alla città di Matera la primazia coerente e rispettosa delle finalità demandate a rappresentare, per l’Italia, la Capitale Europea della Cultura, così da divenire paradigma per le future città che vorranno rivendicare tale nuovo, prestigioso riconoscimento.
Così, nel mentre si definiscono le coordinate del presente progetto, occorre sottolineare che con tale esposizione verrà declarata la volontà di produrre finalità valoriali comuni alla “Rete Nazionale dei Musei delle Statue-Stele”, tra le quali l’ambizione di essere annoverata tra i siti del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Ne consegue che, grazie al paradosso contenuto nell’ossimoro di economia d’investimento, sarà possibile, con l’attuazione di questo nostro progetto, essere generatori di nuova cultura. Il merito è da attribuire ai partner istituzionali ed economici, aggiornati mecenati che saranno promotori di benefico sviluppo, il quale a sua volta alimenterà il soddisfacimento di nuove conoscenze e nuove istanze del nostro Paese e del nostro Mezzogiorno.
Chiusa una mostra, oltre al ricordo di ogni visitatore, a conclusione e a testimonianza di essa, ciò che rimane è il catalogo: la stampa è prevista non solo in italiano, bensì in edizioni singolarmente riservate per la lingua francese, inglese e tedesca, oltre a quella in cinese. Il catalogo sarà affiancato da un Sussidiario delle idee: per una genesi del pensiero nell’Antica Europa, ove saranno accolti i contributi dei maggiori paleo-archeologi, con una visione che mira a indagare il fenomeno nel suo aspetto storico, antropologico, mitologico, religioso e artistico, così da raccontare una letteratura di segni codificati nel tempo ma non oscurati dal suo fluire.
Tra gli autori che hanno garantito la propria condivisione al progetto del Sussidiario, al di là dei contributi del direttore scientifico Giorgio Murru e del presidente onorario, Emmanuel Anati, hanno già consegnato i propri interventi Emanuele Severino, Raffaele Nigro e Dinko Fabris; al presente sono in essere contatti con Franco Mezzena, con il teologo valdese Paolo Ricca e lo storico dell’arte George Didi-Hubermann, oltre che con David Abulafia e Federico Faggin, pur senza esaurirsi così l’elenco degli invitati. Infine, la mostra prenderà avvìo durante un giorno di equinozio dell’imminente stagione autunnale, per chiudersi nel dicembre dell’anno a venire,
così da permettere a ogni visitatore che voglia raggiungere Matera di intessere un proprio dialogo con gli Uomini di pietra, nostri progenitori.