Sabato 28 ottobre ore 18 si inaugura presso la galleria Albanese Arte di Matera (Palazzo Caropreso, via XX settembre 25) la mostra “I colori di Ortega tra Matera e il Cilento”, dedicata al grande pittore e incisore spagnolo.
Interverranno Angelo Albanese, direttore della galleria Albanese Arte, Ivan Focaccia, presidente del Circolo La Scaletta, Raffaello de Ruggieri, sindaco di Matera, Ferdinando Palazzo, sindaco di San Giovanni a Piro, Edoardo Delle Donne, storico dell’arte e Nicola Cobucci, autore del libro “Josè Ortega” (2017).
L’esposizione è composta da trenta opererealizzate tra gli anni ’70 e’80 e comprende dipinti, incisioni, terrecotte e cartepeste provenienti da collezioni private. Alcuni dei lavori più rappresentativi sono i quattro pannelli della serie “Morte e Nascita degli Innocenti” e“Passarono”,grandi bassorilievi in cartapesta dipinti a tempera che Ortega realizzò nei primi anni ‘70 a Matera, dove visse come esule della dittatura franchista. I due polittici, composti da venti pannelli, esistono in dieci esemplari, esposti in musei e sedi culturali, tra cui la Casa di Ortegadi Matera e il Museo comunale di Bosco. Ogni pannello rappresenta un “originale multiplo” con lievi variazioni per ogni pezzo. L’opera esprime la sofferenza dell’artista e allo stesso tempo la volontà di prendere parte, attraverso l’arte, alla lotta per la libertà in cui era impegnato il popolo spagnolo. Libertà, giustizia e rivolta sono temi ricorrenti nei lavori del pittore della Mancha, che durante l’esilio lucano fu accolto dai giovani del Circolo “La Scaletta” ed ebbe il suo primo studio al primo piano di Palazzo Bronzini, nei Rioni Sassi, ancora sede dell’associazione culturale. In questo periodo nacque l’ispirazione perl’utilizzo della cartapesta, il materiale più antico e rappresentativo dell’artigianato locale, a cui diede qualità artistica.
Nel percorso espositivo è possibile ammirare anche alcune incisioni del ciclo Ortega±Dürer,tra cui un’interpretazione dell’autoritratto del celebre pittore tedesco, una terracotta dedicata all’ eroe dell’indipendenza dell’America Latina SìmonBolìvar e alcuni dipinti della serie “Los Segadores” (I mietitori) ispirata dalle sofferenze dei lavoratori della terra.
Dal 1970 al 1990, anno della sua morte, Ortega trascorse lunghi periodi a Bosco, frazione di San Giovanni a Piro (SA). Della vasta produzione cilentana alcune opere sono racchiuse nella Casa-Museo e nel Museo comunale a lui intitolati, in tutto il paese è ancora vivo il suo ricordo: dalle maioliche dedicate ai moti del Cilento, alla cappella realizzata nel cimitero fino alla piazza disegnata su commissione dell’Amministrazione comunaleche oggi porta il suo nome.
La mostra è organizzata dalla galleria Albanese Arte e dal Circolo La Scaletta in collaborazione con la Case di Ortega di Matera e la Casa Museo José Ortega di San Giovanni a Piro.
L’iniziativa ha il patrocinio di: Polo Museale regionale della Basilicata, Regione Basilicata, Fondazione Matera – Basilicata 2019, Provincia di Salerno, Comune di Matera e Comune di San Giovanni a Piro.
All’inaugurazione interverranno: Angelo Albanese, direttore della galleria Albanese Arte, Ivan Focaccia, presidente del Circolo La Scaletta, Raffaello de Ruggieri, sindaco di Matera, Ferdinando Palazzo, sindaco di San Giovanni a Piro, Edoardo Delle Donne, storico dell’arte e Nicola Cobucci, autore del libro“Josè Ortega” (2017).
L’esposizione potrà essere visitata fino al prossimo 28 dicembre dal lunedì al sabato: 10-13; 16-20.30. Ingresso libero
Per informazioni Galleria Albanese Arte: 0835.336775; 335.8421858
Josè Ortega, biografia
1921 – José Ortega nasce ad Arroba de Los Montes un piccolo paese della Castiglia del sud.
1936 – Ha inizio la guerra civile spagnola. Ortega quindicenne, già pittore, dipinge per le vie di Madrid in solidarietà con le milizie popolari.
1940/45 – Lavora in un laboratorio di pittura e decorazione. Esegue manifesti pubblicitari
1941 Entra nel Partito comunista spagnolo
1947 – Viene condannato a dieci anni di carcere per la sua attività antifranchista.
1952 Uscito dal carcere in anticipo, si iscrive alla Scuola Nazionale di Arti Grafiche e al Circolo di Belle Arti di Madrid. Diventa uno degli animatori di “Juglarìa” gruppo di giovani intellettuali responsabile del primo programma di opposizione al regime franchista stilato in ambito culturale.
1953 – Riceve una borsa di studio del Governo francese per frequentare l’ EcoleEstienne e l’ Ecoledesbeauxarts di Parigi.
1954 – Torna in Spagna. Partecipa alle lotte del popolo spagnolo contro la dittatura.
1955 – Medaglia d’oro al Festival Internazionale della Gioventù di Varsavia.
1956 – Espone alla Galleria Alfil di Madrid. Pubblica il Manifesto del Realismo Sociale
1957 – A Madrid il poeta Gabriel Celaya pubblica sulla Rivista culturale ‘Insula’ la poesia “A José Ortega, pintor de la tierra y de los ombre de la tierra” : un coraggioso atto di solidarietà nei confronti del pittore perseguitato dalla polizia politica. Compie un viaggio in Cina. Esegue una serie di disegni sul temaUn Paese costruisce il socialismo. Ritorna in Spagna e continua a vivere nella clandestinità.
1958 – Fonda il gruppo ‘Estampapopular’ e pubblica il ‘Manifesto Arte Contro’. Il poeta italiano VelsoMucci, invitato in Spagna dalla rivista ‘El Contemporaneo’ fa conoscere in Italia le opere di Ortega realizzate nella clandestinità e gli dedica la poesia Quest’uomo
(Carte in tavola, Milano, ediz. Feltrinelli).
1959 – Frequenta Albissola dove conosce i più noti artisti contemporanei da Lam, a Jorn, ad Appel, a Fontana, a Sassu. Esegue alcune ceramiche.
1960 – Esilio in Francia. Espone alla LibrairieEspagnole di Parigi. Mostra personale all’Associazione degli Artisti Baschi di Bilbao organizzata dal pittore Ibarrola. L’esposizione viene fatta chiudere dalla polizia franchista per protesta si dimette la giunta esecutiva.
1962 – Diventa amico del noto incisore Johnny Friedlaender e ne frequenta lo studio. Presto viene considerato come un caposcuola
della sua generazione. Le sue incisioni vengono pubblicate da L’Oeuvre gravée di Parigi che lo presenta insieme ad Appel, Clavé, Corneille, Friedlaender, Severini, Sugal, ZaoWou-ki. La Lublin Co. pubblica a New York un suo gruppo di incisioni e ne organizza
una mostra a Saint Louis e a Toronto.
1963 – Il Congresso Internazionale di Critici d’arte del Verucchio, presieduto da G.C. Argan, gli assegna una Medaglia d’Oro per la sua arte e per la sua lotta a favore della libertà. Partecipa alla Maison de la Pensée di Parigi, alla grande mostra Peintres d’Espagne, iniziativa a sostegno della campagna per l’amnistia in Spagna.
1964 – Antonello Trombadori organizza la sua prima mostra personale in Italia alla Galleria La Nuova Pesa di Roma.
1965 – Espone alla Galleria Peintresdu Monde di Parigi, alla Gallery 288 di St. Louis, alla David Mirvish Gallery di Philadelfia e alla Maxvell Gallery di Toronto. Viene selezionato al Prixdes Onze e al Prix de la Critique di Parigi
1966 – Espone alla galleria la Bussola di Torino e alla galleria La Pochade di Parigi disegni e tempere
1967 – Espone alla Galerie Chico Haller di Zurigo, alla Galleria Dantesca di Torino, alla GalerieHorn del Lussemburgo e alla GalerieLe Crauset di Bruxelles. Illustra il ‘Pitocco’ di Quevedo per l’Editore Fògola di Torino.
1968 – Seconda mostra a La Nuova Pesa di Roma. Personale alla Galleria Heimeshof di Essen in Germania.
1969 – Mostre alla Galleria La Bussola di Torino e alla GaleriaEbusus di Madrid. In un anno realizza le venti incisioni della grande suite de “Los Segadores” che si ispira alle sofferenze quotidiane dei lavoratori della terra. Questo importante lavoro, che farà apprezzare Ortega in tutto il mondo, è il frutto di una nuova ricerca di espressione grafica nella quale vengono utilizzate varie tecniche: litografia, acquatinta, linoleum, la xilografia e incisione su piombo
1970 – Conosce a Parigi Alfredo Paglione e prepara per lui la sua prima personale a Milano alla Galleria 32 che verrà presentata in catalogo da Mario de Micheli e dalla poesia Ortega de segadores di Rafael Alberti. Contemporaneamente la sua opera grafica viene presentata al Centro d’Arte l’Annunciata di Milano. Nell’estate partecipa, su invito di Vittorio Fagone, alla XI edizione della Mostra nazionale di “Pittura Vita e Paesaggio di Capo d’Orlando” e visita la Sicilia cui dedica numerose opere. A Novembre e Dicembre l’OrangerieVerlag di Colonia organizza sei mostre in contemporanea dedicate ai de Los Segadoresa Colonia, Norimberga, Essen, Amburgo, Mindene Krefeld.
1971 – Lavora al grande ciclo di 60 incisioni sul Dürer. Espone a Olten in Svizzera e a Salisburgo in Germania.
1972 – Espone per la prima volta il ciclo dedicato al Dürer al Museo di Norimberga in Germania. E successivamente il ciclo viene esposto anche ad Arte 72 di Basilea presso l’OrangerieVerlag di Colonia e, per la prima volta in Italia, nella Sala delle Asse, nel Museo del Castello sforzesco di Milano. Mostre personali alla Galleria 32 di Milano e alla Galleria Punto di Valencia in Spagna. Si trasferisce a Matera
1973 –A Matera lavora ai 20 pannelli di “Morte e Nascita degli Innocenti” e “Passarono”, una serie di grandi bassorilievi in cartapesta dipinti a tempera.
1974 – Vengono presentati a Milano al Castello Sforzesco, i due audiovisivi “Morte e Nascita degli innocenti” e “Passarono” con musiche di Francois Rabath (contrabasso) e di Paco Ibanez (chiatarra). Mostre alla Galleria Guyot di Parigi e alla Galleria 32 di
Milano, al Salon de Mai di Parigi e a La Nuova Pesa di Roma.
1975 – Con il regista PierlugiAlbertoni gira il cortometraggio “Segadores” (35 mm B.N.) su un ciclo di disegni a china.
1976 – Il 9 Febbraio torna in patria dopo sedici anni con un permesso speciale di due mesi ed espone per la prima volta in Spagna alla Galleria Iolas Velasco di Madrid, alla Galleria Punto di Valencia e al Museo di Bilbao il suo grande ciclo di bassorilievi realizzati
a Matera “Morte e Nascita degli Innocenti”. Realizza a Bosco, nel Salernitano, dove ha aperto un nuovo studio, un grande murale in ceramica il cui tema è un piccolo paese
del Cilentoincendiato e distrutto per aver difeso a propria libertà. Ad ottobre gli viene concessa l’autorizzazione per tornare definitivamente in Spagna.
1980 –In Spagna, nella sua regione La Mancha, gli viene dedicata una mostra antologica alla Galleria Fucares e nella chiesa di San Augustin di Almagro a richiesta dei rappresentanti del partito socialista spagnolo. Il sindaco ne ordina la chiusura il giorno dopo l’inaugurazione. Ortega torna in Italia e si ritira nei suoi studi di Roma e Bosco Il giornalista e poeta Mario Trufelli gli dedica una poesia…
1981 – Mostra omaggio a Picasso e Quevedo da parte di pittori e poeti alla Casa della cultura di Getafe, Madrid. Nei mesi di aprile-maggio viene inaugurata un’antologica nelle sale della Cassa di Risparmio di Alicante. A Lecce gli viene reso omaggio, con una mostra di sue opere, in occasione dell’inaugurazione della Casa della Cultura. Personale alla Galleria 32 di Milano.
1983 – Mostre alla Galleria Orangerie-Reinz di Colonia e alla Fiera di Basilea.
1984 – Alla fiera ARCO-84 di Madrid la Galleria 32 presenta il trittico ‘El 23-F’ che si riferisce al tentato golpe di Tejero. L’opera suscita vivissimo interesse; sono riconoscibilissimi i personaggi che hanno scritto una pagina importante della storia recente spagnola.
1985 – E’ presente con sue opere alla mostra “Omaggio a Raffaele Carrieri” organizzata alla Galleria 32 di Milano e trasferita successivamente a Taranto, patria di Carrieri, che in vita aveva dedicato una serie di sue poesie a Ortega. Fiera di Colonia con la
Galleria Orangerie-Reinz. Fiera di Madrid ARCO ‘85 con la Galleria Punto di Valencia.
1986 – Partecipa con alcuni suoi dipinti fra i quali il grande dittico ‘La muerte del Cardenal Falangista’, alla mostra ‘Spagna, 75 anni di protagonisti’ organizzata dal Museo della Villa Malpensata a Lugano. Mostra personale con la Galleria 32 di Milano ad ARCO ‘86. In dicembre viene invitato a partecipare alla mostra ‘Omaggio al Cubismo’ presso la Scuola di Belle Arti di San Fernando di Madrid.
1987 – In gennaio partecipa alla mostra ‘Artisti per la pace’, al Palazzo di Cristallo delRetiro a Madrid. Mostra personale con la Galleria Orangerie-Reinz di Colonia ad ARCO ‘87. Grande mostra in Marzo-Aprile alla Sala Luzàn della Cassa di Risparmio
dell’Immacolata a Saragozza.
1990 – Personale alla Galleria “Faunas” di Madrid. In ottobre ‘Omaggio a José Ortega’, antologicadi opere dal 1968 al 1990, alla Galleria Appiani Arte 32 di Milano, presentata in catalogo da Alberico Sala.
1990 – Muore a Parigi il 24 dicembre le sue spoglie riposano nel cimitero di Montmartre
José Ortega, Un amico de “La Scaletta”, intervento di Ivan Franco Focaccia, Presidente del Circolo La Scaletta
L’arrivo di José Ortega a Matera nei primi anni Settanta assieme all’amico poeta andaluso Rafael Alberti fu salutato come un evento.
Ad accoglierlo c’erano i giovani della “Scaletta”, il circolo culturale che sorto nell’aprile del 1959, attraverso una serie di ricerche e studi volti alla valorizzazione del patrimonio storico ed ambientale, era divenuto nel tempo un sicuro punto di riferimento per l’intera città.
Tra i protagonisti della rinascita culturale di Matera ed Ortega si stabilì presto un profondo legame di amicizia e collaborazione. Il pittore di Arroba de los Montes fu supportato al meglio nel suo lavoro (il primo studio dell’artista fu proprio una stanza allestita sopra l’attuale sede del Circolo) e nella sua ricerca artistica, ed ancora oggi nei ricordi dei “ragazzi” della Scaletta, resiste indelebile la visione di un gruppo di amici riuniti attorno ad un tavolo fuori del tempo, proiettati verso un sogno di là da venire.
Ortega ripagò di cuore un tale affetto affidando loro una serie di opere frutto di una sperimentazione che tendeva all’esaltazione della tridimensionalità della cartapesta, la materia usata dai maestri artigiani del luogo per realizzare il “Carro della Bruna” (dedicato alla protettrice della città) e che oggi rappresentano un patrimonio artistico di assoluto valore per Matera.
È nella casa di Ortega, da poco aperta al pubblico, che è custodita l’anima del grande progetto del pittore e degli amici della Scaletta: la valorizzazione e la promozione della preziosa produzione artigianale locale.
Ma José amò intensamente anche un altro luogo del Sud, suggestivo ed evocativo, il piccolo paese di Bosco, immerso nella natura lussureggiante del Cilento.
Ed anche qui lasciò tracce indelebili del suo passaggio.
La mostra retrospettiva a lui dedicata, organizzata a Matera presso la galleria Albanese Arte, con la collaborazione dell’Associazione José Ortega di Bosco ( rappresentata dal dott. Nicola Cobucci), ha dunque l’intento di far meglio conoscere la produzione artistica di Ortega tra le due realtà così amate, attraverso l’esposizione di opere provenienti da collezioni private italiane ed estere, e di tornare ad illuminare la stella del grande pittore spagnolo.
Ivan Franco Focaccia Presidente del Circolo La Scaletta
Mostra di Josè Ortega a Matera, intervento di Ferdinando Palazzo, sindaco di San Giovanni a Piro
Essere il Sindaco di San Giovanni a Piro significa anche confrontarsi con Ortega e il suo pensiero. Il pittore della Mancia, che scelse il nostro Comune come sua casa di elezione, ha lasciato nel Museo comunale, nella sua Casa, nelle strade e nelle piazze di Bosco tracce indelebili del suo pensiero, della sua poetica, del suo messaggio politico.
In un mondo globalizzato, diventa categorico investire sulle nostre radici culturali per ricordare prima a noi stessi e poi agli altri cosa ci ha permesso di divenire – attraverso i secoli – quello che oggi siamo divenuti.Il servizio istituzionale, che siamo stati chiamati a svolgere, deve puntare ad attualizzare il tentativo di vedere le relazioni che sussistono tra certi spazi geografico-politici e forme di pensiero e di vita.
Io non starò qui a magnificare l’opera di Ortega, a cui sono personalmente legato dal ricordo per averlo conosciuto quando ero ancora bambino.
Tuttavia, non vi è chi, ponendosi di fronte ai quadri di Ortega,non sia stato subito tramortitodal grido di dissenso che si alza chiaro e nitido dalle sue tele;nonostante che il dittatore Franco non ci sia più e sia lontano dalla nostra storia; nonostante che, oggi, la libertà si ritenga un bene ormai acquisito; nonostante che le lotte contadine siano avvertite come un presente anacronistico.
Le linee semplici e forti dei suoi quadri, i colori caldi delle sue cartepeste ancora ci parlano di rivolta, di giustizia e di libertà.
E allora Ortega, cheaveva conosciuto la prigione e l’esilio per difendere la libertà delle sue idee all’epoca del Franchismo, non poteva non sentire il richiamo dei martiri di Bosco morti nei moti del 1828; i nostri martiri non potevano rimanere inascoltati da chi, nonostante le sofferenze – anche fisiche – patite, non ha mai voluto disconoscere il suo pensiero.
Un artista così libero non poteva non sentire il richiamo di quelle anime rivoluzionarie che per un’idea di giustizia sociale e di un nuovo ordine del mondo, non esitarono a mettersi contro il Re Borbone e a perdere la municipalità, la loro stessa casa e, alcuni, la vita.
Persone fiere, gente aspra, anime di pietra, come fieri sono i grandi olivi pisciottani dei nostri campi, come aspre sono le rocce del Monte Bulgheria, come granitiche le falesie impervie che dominano le nostre spiagge.
Ortega,per Noi, non è stato solo un pittore che ha scelto la nostra Terra come paese di elezione, ma, fin da subito, si è eretto abandiera in cui identificare e sostanziare l’intera comunità di Bosco e la sua storia.
Tra Ortega e la nostra gente si è consumato un amore reciproco, costruito su uno scambio costante di esperienze di vita,in cui storia recente e meno recente, rincorrendosi in un ripetersi di eventi simili, ha arricchito entrambi rinnovando canovacci già visti.
Ortega rappresenta una realtà, uno stile di vita, un’essenza.
La poetica delle sueopereci trasmette in maniera diretta, brutale, nuda, una fameirrinunciabile di lotta contro l’ingiustizia, un’ansia rabbiosa di denuncia sociale, un racconto di vita contadina vissuta sotto il peso di un cielo nero di fatica,nel ripetuto contrasto tra oppressori e oppressi.
Rivivere Ortega nelle sue opere significa rivivere le nostre radici culturali per riappropriarci della storia dei nostri padri fortificando una identità che ci appartiene.
Per cui il mio intervento non è per celebrare Ortega, ma per estendere un invito: impariamo di più a vistare la nostra terra, dimostriamo di amarla conoscendola ed ammirandola, difendiamo le nostre radici. Solo così potremo consegnare ai nostri figli un paese di cui andare fieri.
Ferdinando Palazzo, sindaco di San Giovanni a Piro
Josè Ortega
Un viaggio immaginario tra Matera e Bosco.
“I fili della memoria sono intrecciati con fibre luminose ma durature.
Li tesseremo su una grande tela e ci incontreremo ancora.”
Viaggio
Davanti a me sfilano gli uccelli sorpresi dal giorno.
Lungo le curve umide dei sentieri, gli alberi hanno innalzato le loro bandiere vegetali tra un chiaro profumo di fiori silvestri.
Torno da te, terra che assomiglia alla mia terra.
Gran dolcezza di venti e del grano, sole delle vendemmie e ceneri quasi verdi dei falò sulle colline, anfora piena e germoglio nell’aria.
In ogni colore ho incontrato una scintilla.
Dipingendo, ho creato tutto: immaginario, reale, una forma, un’idea immortale del mio sentire.
Nelle pieghe della terra dove la luce si addensa, nei cieli mescolati dove il sole si alza, io mi rifletto.
Ho imparato la vita colore per colore, come si dimentica in silenzio nelle crepe dei sogni, e come si risveglia una vita intera con la dolcezza delle cose inosservate. Ed ho accettato poi, che in fondo, tutto quel che resta
è appena un profumo di mandorli in fiore.
Sono uscito in questo giorno di luce incamminandomi verso di te,
terra nuda. E sono salito con gli alberi, con le chiese di foglie e vento, vestito solo dell’antica luce delle stelle, perduto tra le radici e il cielo.
“ Sei corteccia di mandorlo, audacia di bellezza di una foglia.
Nel mondo più perfetto somigli alle cose che assorbono dalla natura quanto agli occhi dà diletto.”
Tracce
A Matera
Ortega trovò sere immense come albe d’estate, giardini dove salivano lievi gli odori e i rumori della sua terra lontana.
Un’aria dove il grigio, l’ocra ed il giallo s’innalzavano dai tetti e dai sassi,
e le lucertole d’argilla seguivano lo spiccare dei falchi nel cielo.
Trovò amici, quei ragazzi del circolo “La Scaletta” (fu sopra quelle stanze nei sassi che Ortega ordinò il suo primo studio…) legati da un vincolo d’amore per la propria città,che già ne riscrivevano la trama e la storia,
pronti ad a accoglierlo. Capaci di condividere la sua urgenza comunicativa
e quell’incessante ricerca d’espressione che ritmava il suo esigente lavoro artistico. E pronti a sostenere la sua invenzione stilistica dei pannelli in cartapesta(quella cartapesta simbolo di una tradizione antica assurta poi ad una nuova e più alta dignità artistica) e decisi a vivere con lui nella coscienza di un grande impegno ad un’opera collettiva.
Nel Cilento, a Bosco
al cospetto del monte Bulgheria, Ortega ritrovò la bellezza antica e profonda delle case dei mietitori con le braccia fiorite.
Il ramo senza tempo dell’ulivo, gli alberi sorpresi dalla primavera, l’odore del pane e del fieno. La voce della preghiera e del miele, le mani che impastavano l’acqua, la farina e la speranza, e l’alito notturno dei ceppi secchi lasciati a vegliare nel buio.
E qui vi costruì una casa
per dormire vicino al mare, agli alberi e alle montagne, e ricordare tutte le cose prossime alla terra.
“Il fremere di un’anima come una pittura”
Colore
L’arte indaga silenziosamente sulla nostra natura esistenziale.
Scopre l’umano che c’è in noi e quel che di umano è ancora rimasto nel mondo.
L’opera di Josè Ortega non è soltanto un grido, un vortice, una vertigine, ma un’umanità reale che si manifesta, un segno continuo, una catena di gesti. I colori, le immagini, i suoni dei sensi sono vibrazioni tramutate in tracce di storia.
Egli cercava nella pitturaun segno, un ritmo, un colore che gli restituisse l’impercettibile respiro della sua terra, che ne ravvisasse la sicura bellezza. E ne occorse molto di colore e di lavoro per dare anima e verità ad una semplice ragione: Ortega era nella sua pittura tutto se stesso.
Sapeva che il valore morale del nostro essere era alla portata di tutta la vita e non strettamente subordinato ad un’azione immediata.
Nelle ferite del tempo, nelle sconfitte di allora si celavagià il germe
della futura vittoria, la consapevolezza profonda di possedere un giorno
una libertà e una luce nuova senza più ombre, né venature di grigi e di neri.
Edoardo Delle Donne, storico dell’arte