“Sei venuto tra la nostra gente e la tua vita è sicura”. Questa frase, incisa in italiano e in arabo, è il messaggio dell’opera scultorea “Pietrapertosa” ideata dall’artista palestinese Emily Jacir, Leone d’oro alla 52a Biennale di Venezia, inaugurata ieri nel borgo di Pietrapertosa, sulle Dolomiti Lucane, a conclusione del progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, Gardentopia, e dopo la sua esposizione alla mostra PUSH THE LIMITS allestita pressa la Fondazione Merz di Torino tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021.
L’imponente medaglione di 350 chili, realizzato da una marmeria tutta al femminile di Pignola in pietra di Gorgoglione, è stato istallato in maniera permanente nel giardino di comunità di Gardentopia, dove la Jacir ha condotto una residenza artistica nel 2019, riscoprendo le radici arabe e il grande senso di ospitalità di questa comunità.
Lo svelamento dell’opera è stato preceduto da un incontro pubblico, moderato dall’architetto Marilina Giannotta, cui hanno preso parte la Sindaca di Pietrapertosa, Maria Cavuti, il Sindaco di Brindisi di Montagna, Gerardo Larocca, in rappresentanza del Direttivo ANCI Basilicata, il Direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019, Giovanni Oliva, la manager sviluppo e relazioni della Fondazione, Rossella Tarantino, l’artista Emily Jacir, con accompagnamento musicale del Complesso Bandistico Città di Pietrapertosa.
“Sono davvero emozionata – ha sottolineato la Sindaca Cavuti in apertura dell’incontro – per il traguardo che abbiamo raggiunto oggi con l’inaugurazione dell’opera di Emily Jacir, frutto di un percorso iniziato ben due anni fa, e che con determinazione abbiamo voluto portare a compimento, come eredità di Matera Capitale Europea della Cultura nella nostra comunità. Da un lato, con questa opera, che valorizza le origini arabe nel nostro borgo, consolidiamo ulteriormente il rapporto con i comuni lucani delle “Rabatane”, come Tricarico e Tursi, e con i quali stiamo lavorando, grazie al supporto di Pietro Laureano, per il riconoscimento Unesco. Dall’altro, l’opera arricchisce ed amplia l’offerta turistica e culturale di Pietrapertosa, mentre la sua collocazione all’interno del giardino di comunità esalta l’incontro che l’artista ha avuto con i pietrapertosani, e che la rende a tutti gli effetti una nostra cittadina temporanea. La presenza del nostro Complesso bandistico oggi, dopo quasi due anni di fermo, è altresì un segnale di ripartenza per il settore e un’occasione per tornare a rianimare le nostre realtà”.
“Gardentopia, Capitale per un giorno e le residenze artistiche, sono i progetti della Fondazione che hanno portato Matera Capitale Europea della Cultura 2019 nei 131 comuni della Basilicata, anche grazie alla preziosa collaborazione con l’ANCI, dando valore in particolare a quelle aree più remote ma anche più resilienti, come dimostra il lavoro fatto a Pietrapertosa – ha spiegato Giovanni Oliva-. Le radici arabe di molti dei nostri comuni, raccontate nell’opera di Emily Jacir, ci connettono con tutta l’area vasta del Mediterraneo, aprendo l’opportunità di creare ponti, che avremo modo di sviluppare già durante la nostra presenza all’Expo di Dubai a ottobre”.
“Questa opera – è stato evidenziato da Rossella Tarantino – racconta una storia tutta al femminile. Sono infatti donne le protagoniste di questo progetto: la Sindaca di Pietrapertosa, l’artista Emily Jacir, il team della marmeria di Pignola che l’ha realizzata, le artiste della mostra “Push the limits” promossa dalla Fondazione Merz di Torino, guidata da un’altra donna, Beatrice Merz. La scultura è inoltre simbolo di una relazione, indagata da diversi artisti protagonisti di Matera 2019, ovvero quella fra spazi troppo pieni delle città e spazi troppo vuoti delle aree più remote, nei quali gli artisti sentono di avere una maggiore libertà espressiva. Un tema di grande rilievo a livello europeo.”
Per l’incontro è giunto anche il saluto della Presidente della Fondazione Merz di Torino, Beatrice Merz: “Sono felice e anche orgogliosa di aver collaborato a questo progetto. Un progetto di arte pubblica che si è portato a compimento grazie a un innesto sinergico tra istituzioni pubbliche e private. E in questo percorso c’è la visione della Fondazione Merz, quello di andare in luoghi e città in cui, non solo si può portare il proprio contributo, ma anche per imparare un comportamento sociale, attraverso l’idea dello scambio. L’opera di Emily Jacir non poteva essere che perfetta per questo obiettivo”.
“Prima di arrivare a Pietrapertosa – ha raccontato Emily Jacir – mi hanno colpito le radici arabe di questo paese che non conoscevo e così ho iniziato una ricerca sul dialetto locale e su alcune parole che qui si conservavano dal passato. Durante la residenza artistica ho poi incontrato i cittadini per capire cosa si aspettassero di vedere realizzato per il loro giardino di comunità. Un giorno, attraversando il quartiere arabo “Arabata”, una signora mi ha invitato a casa sua a prendere una tazza di caffè o the, spiegandomi l’importanza dell’ospitalità per i pietrapertosani, che deriva proprio dalle loro origini arabe. Tutto questo mi ha fatto sentire a casa e mi ha portata a decidere di lavorare sul tema dell’ospitalità. Ho scelto la pietra per realizzare l’opera sia per utilizzare lo stesso materiale di cui sono fatte le case qui, ma anche per lasciare al borgo un lavoro permanente. La forma del cerchio è nata da una pittura rupestre di forma circolare che ho visto nell’Arabata, ma vuole anche richiamare l’abbraccio fra le nostre culture”.
Sul tema della relazione ha lavorato anche la performance di musica elettronica realizzata dall’artista lucano Daniele Antezza. Antichi echi della terra lucana campionati opportunamente e rielaborati in chiave contemporanea sono stati fusi con i panorami sonori palestinesi, anch’essi rielaborati e decostruiti grazie all’utilizzo di avanguardistiche tecnologie musicali, per creare una sinestesia tra frequenze sonore e potenza visiva della scultura.