Inaugurato nel pomeriggio nella sede di Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea nei Sassi di Matera il progetto espositivo “Apparati contemporanei: Robert Barry – Joachim Mogarra – Vera Molnár – Gabriel Orozco “. La mostra resterà aperta fino al 10 agosto 2024.
Orari di apertura: dal martedì al sabato dalle 17 alle 20. Ingresso gratuito. Per informazioni contattare il numero +39 0835 240348.
Fondazione SoutHeritage, quale istituzione animata dalla volontà di contribuire allo sviluppo culturale per produrre sapere espanso e consolidare le espressioni artistiche nella società rendendole visibili, rilevanti e significative, promuove il progetto espositivo: “Apparati contemporanei”. Nell’ambito della propria evoluzione istituzionale, quale istituzione basata sulle mostre, la fondazione si pone come un facilitatore pubblico attivo, allo scopo di rafforzare l’ecosistema culturale del territorio rivolgendo la sua attenzione al dialogo tra contenuti espositivi e ricezione della creazione contemporanea. In questo quadro, l’esposizione, pensata con opere atte a interagire tra loro e in dialogo con le peculiarità dell’attuale spazio espositivo della fondazione (una cappella gentilizia facente parte di un complesso edilizio del XVI-XVIII sec. – Palazzo Viceconte, ubicato negli storici Rioni Sassi di Matera – Patrimonio UNESCO), è dedicata a questionare il ruolo delle opere e del pubblico dell’arte contemporanea, insieme al loro percorso di fruizione, con l’obiettivo di creare un momento di dialogo sull’accesso all’arte contemporanea e ai suoi valori, sullo spettatore dell’arte visiva dei nostri giorni e sul “formato mostra” come organizzazione di un contesto di esperienza per il pubblico.
A comporre il progetto espositivo e a offrire una rilettura degli ambienti e delle loro atmosfere, sono stati scelti i lavori degli artisti: Robert Barry – Joachim Mogarra – Vera Molnár – Gabriel Orozco. Con le loro opere tenute insieme da una scenografia aperta, l’esposizione, attraverso gli universi di ciascun artista e senza dettare un tema specifico o collegare artificialmente le loro pratiche artistiche, mette al centro il punto di vista del fruitore non più chiamato a comprendere solo un sistema di rappresentazione come la “storia”, l’”arte” o la “storia dell’arte” ma anche le singole opere quali “meccanismi di significato”. In questo ambito interrogandosi sul ruolo dell’informazione culturale, la fondazione ha inteso fare del visitatore un partecipante attivo e critico pensando al progetto espositivo come strumento di inclusione e conoscenza che accompagna il pubblico in un percorso multidirezionale che trasforma la mostra in una sorta di “spazio critico” in cui le opere sono lasciate aperte all’approccio individuale. Così, tematiche afferenti il nostro tempo quali: tecnologia, comunità, ecologia, colonialità, identizzazione, si manifestano senza essere dichiarati in un’esposizione che intreccia una svariata trama di temi e aspetti dell’arte e della contemporaneità, in maniera fluida e complessa al tempo stesso. Con un’impostazione curatoriale in cui viene direttamente riportata al visitatore e al fruitore la domanda sullo statuto di ciò che in quel momento sta osservando, l’esposizione, concepita come spazio-tempo discorsivo, critico e autocritico, è allestita come una zona problematica in cui posizionarsi rispetto alla valenza che le opere possono assumere.
Sulla base di un concetto di campionatura di alcune forme di visualizzazione alla base di numerose produzioni artistiche contemporanee , le opere mirano dunque alla strutturazione di una mostra non solo intesa come ostensione di lavori e riflessione su vari linguaggi e temi, ma soprattutto come un momento dialogico-riflessivo e esperienza di autoformazione del pubblico, un catalizzatore che impegna il fruitore a ricercare nuove strutture di conoscenza e orizzonti d’interpretazione che rimandano ad una visione più aperta e consapevole della proposta culturale.
Grazie alle opere esposte e all’interazione che queste hanno tra di loro in una configurazione non gerarchica e a-cronologica che offre una molteplicità di scambi semantici e combinazioni mediali, il progetto si presenta infatti come un formato espositivo che, partendo da alcune opere-testimonianza già rubricate e/o storicizzate, diventa il terreno per promuovere una maggiore comprensione dell’arte e per instaurare un rapporto con una cittadinanza che necessita di essere documentata sui linguaggi del contemporaneo. In quest’ottica di riflessione sul “formato mostra” come organizzazione di un contesto di esperienza per il pubblico, il progetto espositivo, nell’ambito del programma di mediazione della fondazione denominato “Le (d)istanze del pubblico”, prevede supporti alla fruizione e un programma di coinvolgimento dei visitatori che propone nuovi modelli di concezione della diffusione pubblica. In questo ambito, oltre a una serie di attività di mediazione che utilizzano il potere creativo e generativo dell’arte contemporanea offrendo un’occasione di scambio, relazione, espressione e consapevolezza attraverso l’arte stessa, l’esposizione, come tutti i progetti culturali della fondazione, è costruita sulle linee guida della “Carta dei Valori SoutHeritage” (www.southeritage.it/carta-dei-valori) che prevede in dettaglio le direttive per una buona fruibilità: dalle informazioni “in italiano facile” con testi e icone integrate nel rispetto delle esigenze dei “pubblici fragili”, all’organizzazione di un programma di mediazione e di accompagnamento del pubblico che in chiave performativa cerca di adattare modi e dialoghi sull’esposizione interpretando i diversi interessi e tensioni del pubblico, fino alle soluzioni di allestimento più idonee per una diffusa e ampia accessibilità.
Con questo progetto espositivo, in cui la mostra cessa di essere solo vetrina per diventare soprattutto luogo di relazioni con le opere che tornano a essere segni comunicanti e non solo elementi paradigmatici da analizzare, la fondazione SoutHeritage persegue uno degli obiettivi alla base del suo mandato e cioè quello di mettere in primo piano l’accesso gratuito alla cultura e offrire nuovi modelli di diffusione pubblica, considerando la mostra e la storia dell’arte come pretesto per aprire un dialogo sull’”osservazione partecipante”, per stimolare la crescita collettiva e discutere sulla cultura artistica contemporanea.
Artisti in mostra:
GABRIEL OROZCO (1962, Jalapa, Veracruz_MX)
Formatosi presso la Scuola Nazionale di Arti Plastiche di Città del Messico, Orozco è ad oggi considerato tra gli artisti più interessanti del panorama mondiale contemporaneo e sperimentatore di generi eterogenei (disegno, installazioni, fotografia, scultura e video). Muovendosi tra il Concettualismo e la pratica del ready made, come artista ha partecipato alla Biennale di Venezia (1993, 2003, 2005, 2017), alla Whitney biennial di New York (1995, 1997), a Documenta X (1997) e XI (2002) di Kassel; le sue opere sono state esposte in numerosi e importanti musei, tra cui il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1995 e 1998), il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (2000 e 2001), l’Hirshhon Museum di Whashington D.C. (2004) e il Museo del Palacio de Bellas Artes di Città del Messico (2006). Dal 2009 al 2011 si è tenuta una sua retrospettiva itinerante presso Il MOMA di New York, il Centre Pampidou di Parigi, il Kunstmuseum di Basilea e la Tate Modern di Londra.
VERA MOLNÁR (Budapest_HU, 1924 – Parigi_FR, 2023)
Pioniera delle arti informatiche, della Computer Art e dell’Arte Generativa, grazie ai suoi lavori che utilizzano un vocabolario formale elementare fatto di linee, tratti, forme, nel 1968 inizia a lavorare con il computer, considerandolo come un vero e proprio strumento creativo. Dai primi linguaggi classici di programmazione, come Fortran e Basic, ai recentissimi NFT (Non-Fungible Tokens), Molnár ha sempre seguito con grande sensibilità le evoluzioni della tecnologia, considerando le possibilità espressive e poetiche del digitale. La sua ricerca, ampiamente riconosciuta, è presente con opere in numerose collezione museali tra le quali: MoMA di New York , Tate di Londra e LACMA di Los Angeles.
JOACHIM MOGARRA (1954, Tarragone_ES)
Formatosi come pittore all’Ecole des Beaux-Arts di Montpellier, Mogarra utilizza un linguaggio diretto in grado di tradurre rapidamente i suoi dispositivi scenici e le sue boutade visive composte a partire da piccoli oggetti di uso quotidiano. Reinventando il mondo con piccoli pezzi di uso quotidiano che l’artista riesce trasfigurare dando loro la funzione di evocare una dimensione altra, ha realizzato numerosi lavori presentati presso istituzioni indipendenti (Parigi, Berlino, Lione, Londra) volte alla ridefinizione dei rapporti tra pubblico e artisti.
ROBERT BARRY (New York_US, 1936)
Considerato uno dei padri fondatori del movimento americano dell’Arte Concettuale, Barry ha utilizzato le onde radio come medium artistico e la performance, l’installazione e anche il tentativo di telepatia come tecnica, tutto ciò per trascendere i limiti fisici dello spazio e del materiale, sfidando l’esperienza artistica. Il suo lavoro è incluso in importanti collezioni quali quelle del Whitney Museum of American Art, New York, del Van Abbemuseum, Eindhoven, dello Stedelijk Museum, Amsterdam, della Collezione Panza, Varese, della Collezione Ludwig, Colonia, del Museum of Modern Art, New York, dell’Hirshhorn Museum, Washington DC, del Centre Georges Pompidou, Parigi, del Kunstmuseum Basel, Basilea, della National Gallery of Art, Washington DC, del Guggenheim Museum, New York, Museum für Kunst Monderne, Francoforte, Museum of Contemporary Art, Los Angeles e Musée d’Orsay, Parigi.
La fotogallery della mostra (foto www.SassiLive.it)